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Antonella Veltri: quello che vogliamo per fermare la violenza contro le donne

Antonella Veltri, Presidente di D.i.Re, la rete nazionale dei centri antiviolenza

Presidente di D.i.Re, la rete nazionale dei centri antiviolenza, di cui è tra le socie fondatrici e già consigliera nazionale per la Calabria e Vice-Presidente della rete, Antonella Veltri è ricercatrice CNR e autrice di pubblicazioni sul tema dei diritti delle donne. Veltri coniuga da sempre la ricerca del benessere ambientale alla sua attiva partecipazione al contesto sociale da femminista e ambasciatrice di diritti.

Dallo scorso dicembre, è alla guida della rete nazionale dei centri antiviolenza D.i.Re. (direcontrolaviolenza.it/)
Il 2020 è stato un anno complicato sotto molti punti di vista, potrebbe raccontarci com’è andata con la violenza di genere e darci alcuni dati?

Nessuno di noi era preparato alla situazione pandemica e la rete, che conta 81 organizzazioni di donne che gestiscono centri antiviolenza in 18 regioni italiane, ha percepito l’allarme con il silenzio dei telefoni che non hanno squillato più. Per chi accoglie mediamente 20mila donne l’anno, questo è stato il primo segno tangibile di preoccupazione. Le case rifugio di D.i.Re sono circa un centinaio in tutta Italia e sono gestite dai centri antiviolenza. Purtroppo sono sempre quasi tutte piene e accolgono anche i figli minori delle donne. Durante il lockdown, abbiamo avuto qualche segnalazione davvero urgente. È stato lì che i contagi, la mancanza di tamponi e la situazione di emergenza sanitaria, ci ha davvero creato dei disagi. Abbiamo attivato i canali istituzionali scrivendo al ministro Luciana Lamorgese, affinchè attivasse le Prefetture e potesse metterci a disposizione edifici vuoti per poter allocare le donne. Purtroppo, la nostra richiesta non ha avuto risultati e questo sottolinea una delle debolezze della rete, del sistema in generale nel Paese in cui viviamo. L’emergenza può acuire il problema, ma ci sono delle criticità che si trascinano nel tempo. Ci siamo dovuti attrezzare e abbiamo ricevuto la solidarietà degli albergatori che hanno accolto e protetto le donne e attraverso canali privati, le donazioni, siamo state supportate nelle manovre di sanificazione e nell’acquisto di materiale tecnologico per i bambini minori che avevano bisogno di continuare a seguire le lezioni. Li abbiamo dotati di pc, tablet, rete internet e tutto quello che serviva per cercare di mantenere una vita normale. Anche in questo caso, i canali istituzionali si sono mossi con molto ritardo rispetto alle esigenze palesate. Lo spirito di abnegazione, la resilienza delle operatrici dei centri antiviolenza, che nella maggior parte dei casi sono volontarie a titolo gratuito, hanno fatto la differenza durante tutto questo 2020, lanciando un reale e concreto segno di speranza e di solidarietà da parte delle nostre realtà. Lo dimostra l’attivazione di una campagna di comunicazione per far sentire la nostra presenza, #Noicisiamo è stato l’incoraggiamento che abbiamo cercato di far arrivare a tutte. Laddove è stato possibile, sin dal primo DPCM, abbiamo cercato di tenere aperti tutti i centri possibili. Subito dopo, le restrizioni totali ci hanno portato ad attivare canali alternativi, dai social ai messaggi whatsapp, alle telefonate, fino ai suggerimenti sugli escamotage per riuscire a chiamarci. Quando le donne hanno capito che i centri erano attivi, sono riprese le telefonate e rispetto ai dati degli altri anni, anticipando la raccolta dati annuale, abbiamo dovuto constatare che è stata registrata un’impennata di richiesta di aiuto pari ad un incremento dell’87%. Un altro dato preoccupante riguarda la scarsa fiducia delle donne nella giustizia: soltanto il 20-22% di loro decide di intraprendere il percorso giudiziale. Probabilmente, questo è dato anche dal fatto che il sistema le pone nella posizione di dover passare da vittima a carnefice, dimostrando di non essere state loro a provocare la violenza subita. Sono dati che dovrebbero imporci una riflessione seria.

A luglio 2020 avete coordinato i lavori per la pubblicazione di un Position Paper “Il cambiamento che vogliamo”. Ci può parlare di questa esperienza?

È stato un lavoro molto impegnativo, ma allo stesso tempo molto gratificante che ci ha portato a produrre un importante documento che abbiamo presentato online alla stampa e inviato alle Istituzioni tutte, facendo presente che su questi temi non si può prescindere soprattutto alla luce del fatto che la violenza di genere risiede nella storica disparità di potere tra uomini e donne che si riverbera in tutti gli aspetti della vita sociale, istituzionale, politica ed economica. Alla stesura hanno partecipato 68 esperte, che hanno organizzato le proposte seguendo le 7 aree critiche identificate dalle Nazioni Unite per rilanciare la visione e i progressi generati dalla Dichiarazione e Piattaforma d’azione di Pechino, adottate all’unanimità da tutti i governi del mondo, quali:

  1. Sviluppo inclusivo, crescita condivisa e lavoro dignitoso
  2. Povertà, protezione sociale e servizi sociali
  3. Violenza maschile contro le donne
  4. Partecipazione, accountabilitye istituzioni gender-responsive
  5. Società pacifiche e inclusive
  6. Protezione, conservazione e rigenerazione dell’ambiente
  7. Istituzioni e meccanismi per l’uguaglianza di genere

Venticinque anni fa, in occasione della IV Conferenza mondiale sulle donne di Pechino, è stata lanciata al mondo la promessa di uguaglianza con una chiara indicazione di quali fossero i diritti delle donne da realizzare e con il Position Paper abbiamo voluto ribadire con totale chiarezza e autorevolezza che senza le donne il sistema fallisce. Hanno cooperato con D.i.Re e aderito tantissime realtà tra cui: AMICA – Associazione medici italiani contraccezione e aborto, ANDE – Associazione nazionale donne elettrici, AOI – Associazione delle ONG italiane – Cooperazione e solidarietà internazionale, ARCI Nazionale, Aspettare stanca, Casa internazionale delle donne – Roma, Centro di documentazione e informazione sulla salute di genere – Brescia,  Centro Universitario di Studi sulla Medicina di Genere – Università di Ferrara GMC-UNIFE,  Centro di Women’s Studies “Milly Villa” dell’Università della Calabria, Concord Italia, GenPol – Gender & Policy Insights – Cambridge (UK) e Napoli, Network Italiano Salute Globale, Noi Rete Donne, Pane & papaveri, Prima gli esseri umani, Step Up! Campaign – WAVE, Telefono Rosa Piemonte – Torino, Terni Donne – Casa delle donne di Terni, UIL – Coordinamento pari opportunità, WAVE – Women Against Violence Europe, WOMEN – Women of the Mediterranean and Eastern Europe Network. Le proposte in sintesi (https://www.direcontrolaviolenza.it/wp-content/uploads/2020/07/PP_Sintesi-proposte_8-lug-2020.pdf), il Position Paper (https://www.direcontrolaviolenza.it/wp-content/uploads/2020/07/9-lug_Il-cambiamento-che-vogliamo.pdf) e tutte le informazioni necessarie sono rintracciabili sul nostro sito www.direcontrolaviolenza.it.

Lei è una donna di scienza, presidente di un centro antiviolenza in un Paese come l’Italia che in entrambi i casi, è evidente, non rende semplice la gestione delle sue attività. Come si misura quotidianamente con la realtà?

Riesco a mettere insieme questi due aspetti da sempre in realtà e non nego che, soprattutto all’inizio della mia carriera, non sono state poche le difficoltà che ho dovuto affrontare. Ho sempre pensato che il benessere ambientale e la qualità della vita delle persone abbiano un nesso comune, soprattutto se consideriamo che l’ambiente che ci circonda è fatto di fattori ambientali tipici e fattori non naturalmente fisici. In questa dimensione e soprattutto negli ultimi anni da ricercatrice al CNR, ho cercato di occuparmi della qualità dei servizi ecosistemici, abbandonando i boschi anche per una questione prettamente fisica. Adesso, per fortuna, sono quasi alla fine e dico ‘per fortuna’ perché, anche se non smetterò di studiare le scienze ambientali e le scienze forestali, credo sia giusto che i cicli vadano chiusi, pur rimanendo il mio impegno per i temi civili che mi accompagnano da sempre.

Le sue pubblicazioni sono focalizzate sul tema diritti. A che punto siamo in Italia e nel mondo?

La consapevolezza cresce di giorno in giorno e io ripongo molta speranza e fiducia soprattutto nelle nuove generazioni. Credo che anche alcuni segnali, come quello che è accaduto in America con le ultime elezioni, possa avere un valore simbolico forte e possano essere da traino per tutte, così che questo tetto di cristallo si possa infrangere positivamente e gli esempi e le buone pratiche prendano il sopravvento per colmare il gender gap che viviamo quotidianamente. In molti Paesi del mondo siamo ancora indietro e devo dire, purtroppo, anche in Italia e a dimostrarlo sono i richiami da parte dell’Unione Europea su vari temi e in particolare sui diritti delle donne.

L’appello di D.i.Re oggi 25 novembre, Giornata Mondiale contro la violenza di genere.

Il mio appello è per il rinnovo dell’ondata di solidarietà, anche in questa seconda fase dell’emergenza sanitaria. Il principio da seguire è quello di fare rete e di costruire reti che possano prima di tutto prevenire e poi contrastare in maniera efficace la violenza sulle donne, attraverso messaggi forti e di determinazione nei confronti di chi è vessato da questa piaga sociale. Dalla violenza di genere ci si può salvare, ma la solidarietà e la costruzione di reti solide sono i passi imprescindibili da compiere e ne siamo chiamati tutti, nessuno escluso.