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A colloquio con Paola Egonu, la pantera azzurra della pallavolo

photo © emporioarmani

“Gli schiacciatori continuano a parlare dell’alzata e io mi innervosisco. Sono esperti dell’alzata, sanno tutto. Uno li trova al bar e quelli stanno parlando degli alzatori. Allora, io voglio attaccanti che schiacciano bene palloni alzati male. Gli schiacciatori bravi non parlano dell’alzata, la risolvono”.
(Julio Velasco)

Paola Egonu rientra sicuramente nella ristretta schiera delle schiacciatrici che risolvono i palloni alzati male e, più in generale, nella squadra composta da persone poco avvezze al ripararsi dietro facili alibi dopo una sconfitta o un errore. Davanti alle telecamere rifugge timidamente dalle meritate lodi per i suoi straordinari risultati, perché volteggiare nella celebrità è un esercizio da compiere con cautela. A 20 anni è difficile districarsi nel mare di domande, commenti, giudizi positivi e punzecchiature che riguardano o sfiorano la sua storia, le sue origini, la sua vita privata e tutto ciò che non riguarda un campo di pallavolo. Ha capito che non vale la pena stare al centro del vortice perché è un compito che non le appartiene e per preservare soprattutto se stessa e la sua famiglia. E ha scelto comprensibilmente il silenzio su certi argomenti, privilegiando solo l’aspetto professionale.

Paola Ogechi Egonu è nata a Cittadella il 18 dicembre del 1998 da genitori nigeriani. La sua altezza (adesso tocca i189 centimetri) ha generato sin da subito un perfetto connubio tra agilità e potenza. Sfidando il classico canone degli atleti che entrano nel mondo della loro disciplina in tenera età, Paola ha iniziato abbastanza tardi a giocare a pallavolo, durante il periodo delle scuole medie inferiori. Ben presto le sue doti si sono palesate agli occhi degli addetti ai lavori e nella stagione 2013-14 è entrata a far parte della squadra federale del Club Italia a cui resta legata per un totale di quattro stagioni. Nel 2015-16, in Serie A1, arriva il primo record, contro il San Casciano, quando realizza un totale di 46 punti: è il miglior risultato di sempre in Serie A.

Passa all’AGIL di Novara con cui vince la Supercoppa italiana nel 2017, due Coppe Italia, la Champions League 2018-19. In quel periodo viene premiata con due riconoscimenti come miglior giocatrice. All’Imoco di Conegliano conquista due Supercoppe italiane, il campionato mondiale per club 2019, vincendo in entrambi i casi il premo di MVP, e la Coppa Italia 2019-20. In Nazionale è ormai la trascinatrice del gruppo. Dopo alcuni titoli giovanili, come la medaglia d’oro a campionato mondiale 2015 Under 18, è entrata in pianta stabile nella Nazionale Maggiore con cui ha vinto nel 2017, ha vinto la medaglia d’argento al World Grand Prix, la medaglia d’argento al campionato mondiale (competizione in cui viene eletta miglior opposto) e la medaglia di bronzo all’Europeo del 2019.

photo © emporioarmani

Ciao Paola, come stai e dove ti trovi in questo momento?

Ciao, sì, mi trovo a Conegliano.

Raccontaci i tuoi inizi, a quanto pare hai cominciato a giocare a pallavolo abbastanza tardi bruciando in pochi anni tutte le tappe e diventando una delle più forti al mondo. E’ stato tuo padre a consigliarti la pallavolo? 

Sì, più o meno è andata così. Durante le scuole medie mi ha suggerito lui di provare a praticare questo sport che già mi intrigava, poi la pallavolo mi è subito piaciuta. 

C’era qualcos’altro che da piccola ti appassionava oltre alla pallavolo?

In realtà non avevo nessun’altra passione rispetto alla pallavolo perché era lo sport che mi piaceva di più, onestamente non ho mai avuto dubbi o resistenze sin dal primo momento. 

Qualche mese fa hai rinnovato il contratto con la Imoco Volley di Conegliano, come scorre la tua vita in un piccolo centro, come ti senti quando ti riconoscono i tifosi e i tuoi concittadini?

Non è semplicissimo rispondere a questa domanda perché credo di essere una persona abbastanza riservata (ride, ndr). Ci riconoscono sicuramente quando andiamo a cena fuori, o meglio, andavamo a cena fuori perché adesso non è più consentito a causa del Covid. Fa sicuramente piacere essere riconosciuta. Conegliano mi piace perché essendo una città piccola ci si sente più a casa e siamo più sicure anche a livello personale, rispetto a una grande città.

Attualmente nel campionato di Serie A siete in testa con un distacco abissale sulla seconda in classifica, quest’anno siete ripartite più o meno da dove eravate rimaste, dalla classifica congelata che ha causato la non assegnazione del titolo dello scorso anno a causa della pandemia. Ti aspettavi questa continuità dopo la brusca interruzione del precedente torneo?

E’ difficile dire che me l’aspettavo, ma posso sostenere che avevo molta fiducia. Tutto dipende sempre dalle nostre capacità e dall’impegno, ma se penso al nostro modo di allenarci posso dire che questo primato non arriva per caso.

photo © emporioarmani

Le regole per il contrasto al Covid 19 impongono la disputa delle vostre partite a porte chiuse con conseguenze economiche inevitabilmente difficili per i club privati dell’incasso al botteghino. Come state vivendo queste gare giocate nel silenzio dei palazzetti?

All’inizio era strano giocare senza pubblico, adesso ci siamo quasi abituate e restiamo concentrate sulla nostra gara. Ora si sentono più voci del campo che rimbombano nel palazzetto, è certamente più emozionante giocare con il pubblico e con il tifo, ma bisogna prendere atto della situazione ancora difficile a livello epidemiologico e accettare una decisione che ritengo corretta.

 Cosa pensi dell’attuale momento storico e sociale, come vedi il futuro dell’umanità?

E’ un momento difficile per tutti, ma non dobbiamo perdere la voglia di vivere e cominciare a sperare, ad esempio, nel vaccino. Comunque non vedo la situazione odierna tragica come a marzo, quando a livello medico non si sapeva quasi nulla di questo virus e non sapevamo come proteggerci e conviverci.

A soli 21 anni hai tirato fuori dal cilindro una straordinaria prestazione nella finale mondiale contro la Serbia, trascinando l’Italia ad un soffio dalla medaglia d’oro. Nei giorni successivi a quella sconfitta, in te c’era più rabbia  e tristezza o consapevolezza di essere entrata definitivamente nell’aristocrazia della pallavolo mondiale, sia a livello di squadra che personale?

Una volta terminata la partita c’era spazio solo per la tristezza e il rammarico per aver sfiorato la vetta più alta. Eravamo e siamo ancora una squadra giovane, abbiamo sicuramente pagato dazio in fatto di esperienza rispetto alle nostre avversarie. In quel Mondiale siamo cresciute partita dopo partita, a distanza di molti mesi posso dire che siamo felici del nostro risultato ma siamo anche consapevoli che possiamo fare meglio.

photo © emporioarmani

Com’è il tuo rapporto con la Nigeria, la terra dei tuoi genitori, e cosa rappresenta per te? L’ultimo tuo viaggio è stato quanto tuo nonno ha compiuto gli anni, giusto?

La Nigeria per me è come tornare a casa per staccare da tutto e stare con la mia famiglia, l’ultima mio viaggio risale al Natale scorso. 

I tuoi genitori vivono a Manchester da qualche anno, quanto è stato difficile vivere separati da loro? I tuoi fratelli, Angela e Andrea, vivono a Conegliano?

I miei genitori vivono in Inghilterra così come mio fratello Andrea mentre mia sorella frequenta un college negli Stati Uniti. In questo periodo mi mancano ancor di più perché sai che non puoi prendere un volo per andarli a trovare e viceversa. Da questo punto di vista di sicuro non vedo l’ora che ritorni un po’ di normalità per gli spostamenti.

Da grande, quando arriverà il fatidico momento dell’addio alla pallavolo, cosa ti aspetterai dalla vita?

Non ne ho ancora la più pallida idea… non ho le idee chiare a riguardo, ritengo sia piuttosto difficile provare a capire cosa farò quando smetterò di giocare a pallavolo. La vedo ancora molto lontana quella data…