Cristina Follador – “Le donne hanno le capacità (e il cuore) per ricoprire ruoli chiave nel settore wine”
Ha più di 300 anni la passione che spinse, intorno al 1700, Giovanni Follador a destinare i propri terreni nelle colline della Valdobbiadene alla coltivazione di vigneti. E’ nata così (precisamente nel 1769) un tradizione enologica ancora oggi viva nell’azienda che porta il nome di Giovanni.
Questa passione è ancora viva negli eredi di Giovanni, prima con Gianfranco che nei primi anni settanta fu tra gli iniziatori della spumantizzazione secondo il metodo Martinotti-Charmat, padre di Michele, Cristina, Francesca ed Emanuela: una nuova generazione di imprenditori che ha preso le redini dell’attività di famiglia con competenza e dedizione, assicurando alla tradizione di eccellenza vitivinicola dei prosecchi Follador un posto di grande rilievo nel mercato contemporaneo.
Abbiamo chiesto a Cristina Follador, Direttore Commerciale e Marketing dell’azienda, di raccontarci non solo come si riesca tenere il passo con i gusti dei consumatori senza tradire le proprie radici, ma anche la sua esperienza lavorativa nel settore vinicolo. Il mondo del vino rappresenta per lei un alveo familiare ricco di ricordi, ma Cristina sa bene che si tratta ormai di una delle ruote motrici dell’economia nazionale, in cui vengono richiesti livelli elevatissimi per rimanere competitivi all’interno del mercato.
Ah, le abbiamo anche chiesto di fugare eventuali dubbi sulla pronuncia del nome “Follador”:
(ride) la pronuncia originale è quella veneta, con l’accento sulla “o” finale.
Cristina, com’è stato crescere in una famiglia di produttori di prosecco?
Ho dei bellissimi ricordi della mia infanzia, se ripenso a quando ero bambina mi vengono sempre in mente scene di vendemmia. Quando io e i miei fratelli eravamo piccoli la vendemmia era davvero una festa. Già da allora insomma ero bene inserita nell’ambito del vino! L’attività della produzione del vino era (ed è ancora) portata avanti da entrambi i miei genitori, che a loro volta l’avevano ereditata dai nonni, e ancora prima dai bisnonni e così via. Ci sembrava, quindi, del tutto normale che la nostra vita ruotasse (e continui a ruotare) intorno a questa onnipresente tradizione del vino nelle sue stagioni.
Mia madre e mio padre hanno sempre lasciato a noi figli la libertà di scegliere, ma quasi inevitabilmente e forse senza nemmeno rendersene conto ci hanno trasmesso una certa linea di condotta (che poi è abbastanza tipica del Veneto) e che prevede di seguire l’attività della famiglia, una linea già tracciata. Sin da piccoli sentivamo di far parte di qualcosa di più grande di noi, e questo ci ha inculcato un profondo senso di appartenenza, sia al territorio che al mondo vinicolo. Il vino è nel nostro DNA insomma, e con questa lunga tradizione di vignaioli alle spalle abbiamo tutti scelto con grande naturalezza il nostro percorso.
Lavori a stretto contatto con i tuoi fratelli, quali sono i pro e quali i contro?
Ovviamente è inevitabile che venga un po’ meno la distinzione tra ambito professionale e ambito familiare, e che le nostre relazioni personali finiscano per riflettersi anche sul lavoro. Però tra noi non viene mai a mancare la condivisione degli obiettivi che ci siamo proposti da sempre di seguire e questo ci accomuna moltissimo. Tra alti e bassi, com’è normale tra fratelli e sorelle, umanamente imperfetti, ma che si vogliono bene. Il punto di forza sta proprio nella condivisione di un unico obiettivo. Ed è questo che crea equilibrio tra noi e ci lega, pur avendo quattro caratteri diversi, e anche per questo ruoli diversi.
A proposito di ruoli: ti occupi della gestione del marketing dell’azienda. Come sei arrivata a ricoprire proprio questa posizione?
I nostri genitori sono stati abili ad individuare diverse attitudini in ciascuno di noi quattro: io ad esempio, sono sempre stata creativa e proprio per questo mi sono progressivamente trovata a gestire l’immagine dell’azienda e successivamente forse anche in funzione di questa a seguire l’approccio ai clienti sia italiani che stranieri. Ho insomma assecondato un’inclinazione che probabilmente ho sin da bambina. Mia sorella Francesca è invece l’enologa dell’azienda, poiché ha senz’altro ereditato da nostro padre un naso particolarmente “vocato” alla degustazione e delle papille gustative particolarmente sensibili che la rende particolarmente adatta al ruolo che riveste. A Emanuela è venuto invece spontaneo l’occuparsi degli aspetti logistico-amministrativi, ma anche delle relazioni esterne dell’azienda. Infine, mio fratello Michele che oltre a essere il responsabile alla supervisione delle vigne di proprietà della ns. famiglia, ha da sempre una particolare inclinazione alla meccanica e alla tecnologia ed ecco che gli viene naturale occuparsi della ricerca e dell’innovazione dei nostri prodotti, e della tecnologia nei metodi di vinificazione che consentono di innalzare la qualità delle uve ai massimi livelli.
A questo proposito, in che modo si crea un equilibrio tra l’innovazione che serve per assecondare le esigenze dei clienti di oggi e una tradizione che è nata nel XVIII secolo?
Oggi il prosecco è molto apprezzato e richiesto, ovunque nel mondo: nel 2019 sono state vendute quasi cinquecento milioni di bottiglie in tutto il mondo, di queste circa novanta milioni di DOCG. Numeri molto significativi che ne attestano le centralità nel mercato mondiale degli spumanti. Fino a un quindici, venti anni fa il prosecco non era così conosciuto, anche se da sempre si tratta di un vino spumante piacevole, di facile beva. Gradualmente, grazie anche all’espansione commerciale delle aziende produttrici si è fatto conoscere nel panorama mondiale.
La nostra azienda è riuscita a cavalcare l’onda del tempo moderno mantenendo il giusto equilibrio di valori etici legati alla nostra centenaria tradizione e le richieste del mercato: non a caso la nostra gamma di Prosecchi è interamente vegan friendly, poiché riteniamo che stare ‘al passo con i tempi’ è ad esempio, proprio andare incontro a quei consumatori che ricercano o che seguono determinati tipi di dieta garantendo anche a loro il piacere di un buon calice spumante.
Inoltre, sempre con l’obiettivo che il Prosecco non debba essere precluso possibilmente a nessuno, abbiamo inserito due prosecchi (un extra brut D.O.C.G. e un extra brut millesimato) sugar free, adatti in modo particolare a quelle persone attente alla dieta. Questi prosecchi a “dosaggio zero” sono attualmente tra i nostri prodotti più richiesti, poiché anche se con basso apporto calorico mantengono quel gusto armonico, riccamente fruttato, minerale e fresco tipico del Prosecco. Francamente non ci aspettavamo un tale successo, e ci dà parecchia soddisfazione riscontrare l’entusiasmo dei nostri clienti nei confronti di queste ultime referenze. La risposta alla domanda è dunque questa, prestare continua attenzione all’evolversi delle varie e diverse esigenze di mercato non venendo mai meno alla ricerca della qualità e la coerenza del prodotto. Ci consideriamo, inoltre, un’azienda dinamica e intransigente nell’affrontare le nuove opportunità, assecondando, se necessario, le richieste stesse dei clienti, il ché non preclude affatto il rispetto alla tradizione ai valori primordiali e retaggio di una vocazione vinicola della quale siamo molto fieri.
Il mondo del vino accoglie bene le donne?
Negli ultimi dieci anni abbiamo assistito a un’evoluzione che ha portato allo stravolgimento degli equilibri precedenti. Senz’altro fino a qualche anno fa, l’idea che le ragazze parlassero di vino o interagissero alla pari con i colleghi maschi nel settore era vista con diffidenza e un po’ di scetticismo.
Per avere un metro di paragone della situazione odierna rispetto al passato, basta pensare a mia sorella Francesca, che nei primi anni ‘90 si iscrisse al G. B. Cerletti di Conegliano, Istituto Agrario Superiore con indirizzo enologico per studiare appunto da enologa: ebbene, su ottocento studenti maschi le ragazze erano solo dieci! Ora per fortuna le studentesse sono molte di più di allora e lo stesso dicasi per le sommelier e in generale le donne che ambiscono a lavorare nel mondo del vino in ruoli primari.
La mia esperienza personale nell’ambito commerciale del settore vino, mi permette di ben sperare che la donna abbia sempre più la facoltà di coprire ruoli chiave, dimostrandone di avere la capacità, alla quale si aggiunge, a una buona dose di sesto senso e cuore che molto aiuta in determinate situazioni.
Questo senz’altro! Invece, in un universo parallelo che carriera avresti scelto?
Credo che sarei diventata un’interior designer, un’arredatrice d’interni. Come ho accennato, da piccola avevo questa particolare attitudine per l’arte e materie artistiche, creative… ancora oggi ho un riguardo particolare per l’estetica, e mi piace moltissimo il design. Infatti continuo ad acquistare riviste di arredamento pur avendo finito di arredare casa già da un bel po’!
Grazie della tua disponibilità Cristina, un’ultima domanda: un libro, un film e un piatto di cui in questo periodo non riesci a fare a meno.
Mi piace moltissimo leggere e credo davvero nel potere dei libri. Fra tutti, il mio preferito è senz’altro “I pilastri della terra” di Ken Follett. In esso ho trovato delle grandi consonanze con il mio carattere, perché le esperienze dei protagonisti trasmettono la tenacia, il desiderio di raggiungere gli obiettivi che ci si è posti nella vita, anche tra mille difficoltà. È un libro che mi è rimasto dentro, a differenza di altri. Per quanto riguarda il film, direi Sliding doors, anche pensando alla domanda di prima… tutti noi credo, almeno una volta nella vita, ci siamo chiesti cosa sarebbe accaduto se avessimo fatto scelte e preso direzioni diverse. Infine il cibo, e qui non ho esitazioni: zucca forever! Infatti in questo periodo sono contenta che non mi manca. Poi tra i miei piatti preferiti c’è anche il radicchio di Treviso, tipico della nostra bella provincia e senz’altro fa da padrone nelle ricette nella stagione invernale. Entrambe, tra l’altro, con il prosecco si abbinano benissimo!
Giornalista, bibliomaniaca, donna dalla parte delle donne