fbpx

Pink Society

lo sguardo rosa sulla società

Come è difficile il mestiere di mamma al tempo del Covid

Come è difficile il mestiere di mamma al tempo del Covid

“Ho tante paure e tante domande. Anche per i prof di mio figlio: c’è qualcuno che mi vuol rispondere?”

“Non mi parlare. Non voglio parlare

Mentre mi parla lo zaino sbatte sul pavimento. Il primo giorno di ritorno a scuola si conclude così.
Lui è mio figlio, è uno di quegli studenti che sono tornati in classe dopo mesi di DAD. Che questa mattina alle 7.50 è entrato in classe per uscirne alle 14.20, deluso.

Ha guardato con scetticismo le proteste di quei giovani studenti che la settimana scorsa facevano casino nelle piazze perché volevano far lezione in presenza a tutti i costi, dichiarando la scuola assolutamente sicura: “Mi sembra che sia innaturale, mi ha detto, che in questo momento si faccia  finta di niente e si voglia tornare alla scuola di prima senza che si tenga conto dei rischi. Sarebbe da irresponsabili”.

Eccolo. Questo è mio figlio. Ma oggi è un figlio arrabbiato. È angosciato, impensierito, nervoso, pungente. Da qualche tempo è uno studente demotivato.

E io? Io sono una mamma che ha paura.

M sono una giornalista.  E se c’è qualcosa, anche poco che posso fare per creare valore e coscienza, so che devo farlo. Soprattutto posso far domande, posso chiedere per provare a capire. Perché tutte e tutti abbiamo bisogno di risposte.

Che cosa gli è successo a scuola oggi? Perché dopo tre mesi di attesa per rientrare a scuola, il risultato della sua giornata è un’incazzatura?

Perché il prof “X.”, non appena ha rivisto i ragazzi ha assegnato loro un compito di verifica  da  paura. Perché il divario tra studente e prof è diventato sempre più ampio, tanto da non considerare importante guardarsi negli occhi e ricostruire l’impegno a un patto di collaborazione che è il valore della scuola stessa, e mio figlio se n’è accorto oggi; perché la solidarietà tra compagni non resiste alla lontananza e alla paura di sentirsi sempre più soli.

Perché anche domani avranno altre verifiche e da domani, ogni giorno avranno interrogazioni: sembra che l’obiettivo dei prof sia ottimizzare il tempo in presenza per dare voti, visto che la DAD non funziona (parole dei prof, non mie).

E poi perché le verifiche assegnate erano incasinate: troppi i test proposti, troppo poco il tempo, senza averne agevolato la preparazione con esempi e esercizi adeguati fatti tutti insieme anche se a distanza (ma i prof sono convinti che i ragazzi poltriscano davanti al PC, quindi…),  perché s’è deciso che le interrogazioni dovranno riguardare tutto il programma fatto, così come si fa all’università. E perché spiegare in DAD è complicato…

Eccola. Questa è proprio la prima domanda che farò ai prof di mio figlio. Cosa vuol dire che insegnare in DAD è complicato?

È complicato anche condurre un programma TV, lo è farsi approvare un comunicato stampa dall’ufficio stampa del Presidente della Repubblica o dal portavoce del Ministero della Ricerca, o scrivere un articolo di 90 righe in 40 minuti …ma questo è quanto la mia umanità e la mia professionalità mi impongono e mi hanno messo in condizione di scegliere e saper fare. In un continuo impegno e aggiornamento, mettendomi in gioco sempre.

Fare. Fare bene, dare il meglio a chi mi sta davanti e a chi mi legge è quello che faccio ogni giorno. Perché mi sono impegnata a garantire un valore, non a esercitare una dimostrazione di potere. Per me è un privilegio.

Totò diceva: “siamo uomini o caporali?” Questa frase io me la ripeto volentieri.

Chi ha l’autorità di guidare, cambiare, agevolare e costruire, perché non lo fa? Perché non tutti mettono se stessi e le proprie competenze professionali  al servizio della generazione (ora impaurita e angosciata) che governerà il nostro futuro? Chi è che ha il compito di fare in modo che la scuola, la classe, il rapporto con il proprio prof sia un luogo in cui si costruisce e non si sopravvive?    

Gli eventi importanti, e questo me lo insegna il mio mestiere, spesso dipendono da qualcosa di molto piccolo, come una molecola, un parola detta al momento giusto, una virgola, uno sguardo, una battuta del tuo prof che ti incoraggia.

Ma anche il mio mestiere di mamma, mestiere più difficile del mondo che in un momento come questo ti fa sentire fragile come il cristallo…, questa cosa la sa. Così come so un lungo elenco di errori e di mancanze, prima o poi deve fermarsi lì, sennò genera cancrena.

Grazie a quei pochi prof che vogliono fare la differenza. Ma agli altri, chiedo un piccolo gesto di incoraggiamento al giorno per i propri studenti. Perché vorrei che ciò che sta accadendo possa tradursi in valore per la generazione del futuro; che il vostro non sia un giudizio fine a se stesso ma valga più di un voto. Vorrei che conosceste il grande valore e il grande potere della comunicazione, che molto di voi gestiscono senza cautela: senza una buona comunicazione ci manca l’ossigeno.      

“Per la mancanza di un chiodo si perse lo zoccolo, per la mancanza di uno zoccolo si perse il cavallo, per la mancanza di un cavallo si perse il cavaliere, senza il cavaliere si perse la battaglia, e poi il regno. E tutto per la mancanza di un chiodo per ferrare un cavallo”. 

Questa è una filastrocca inglese che ogni tanto dobbiamo ripeterci.