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Cent’anni fa l’invenzione della Moto Guzzi, che diventò uno dei simboli della modernità e della velocità

“Insistiamo: la velocità è la nostra nuova Musa”!
Lo diceva Marinetti, lo sapeva Giacomo Balla,  lo metteva sulla tela Achille Funi, ma anche Fortunato Depero, Mario Sironi, Mario Guido Dal Monte… lo crediamo persino noi

È prepotente, rumorosa, travolgente. Ha due ruote e forse non è neppure bella. È sporca di grasso e spesso puzza di freni bruciati e benzina. Non ha quella bellezza classica tipica di un oggetto che tendenzialmente si ammira in una sala d’arte, eppure spesso è arte.  Perché? Perché la moto e il suo rombo sono state l’incarnazione di quella “bellezza” tipica dell’arte del futuro, fatta di velocità, potenza e pericolo. Questa era il simbolo di un’arte in cui credeva e che ci decantava Filippo Tommaso Marinetti, “Insistiamo: la velocità è la nostra nuova Musa”!  

E aveva ragione. Da quando il mito della velocità è entrato nell’immaginario del mondo, grazie anche a un senso così perspicace dell’arte futurista, che si è impegnata a parlare con nuovi canoni al mondo, ne è diventata protagonista assoluta. Sublimandosi in qualcosa che oramai è un po’ di più di “veloce”, perché è diventata l’immediato.

Fortunato Depero “Motociclista”, 1923

Cent’anni fa, grazie anche all’invenzione della Moto Guzzi con tanto di aquila alata (l’azienda fu fondata esattamente a marzo del 1921), il mondo che tutti noi abitiamo ci è cambiato in quattro e quattr’otto sotto il naso: la percezione della velocità (e il suo controllo), così come la quotidianità ha modificato tutto. Ha cambiato persino il mondo dell’arte, da sempre simbolo di misura, proporzione, rigore e rette perfettamente disegnate, ora diventa un’onda, uno scarabocchio, un arco che si spezza, cade e si spacca in infiniti pezzi. Ci regala una prospettiva nuova.

Quella velocità, osannata e amata dai futuristi della prima epoca, che fu sperimentata da uomini intrepidi con la loro moto, ci fa conoscere un mondo in procinto di cambiare, ancora e ancora.

Giacomo Balla “Forme rumore di motocicletta”, 1913

Il geniale Giacomo Balla, grazie alle sue ricerche sulla velocità dell’automobile e della moto, sui suoi studi sul movimento delle ruote e sulle linee di penetrazione, ha inventa una figurazione nuova che nasce da un’intuizione meccanica.  Nel suo Forme-rumore di motocicletta ce ne dà un esempio, rappresentando il rumore che avanza insieme alla ruota della motocicletta, dove il movimento è rappresentato da specie di cristallo.

Achille Funi “Motociclista”, 1914

Anche il Motociclista + città di Achille Funi è un quadro che spiega la simultaneità; dietro al motociclista ci sono il paese, le sue case piegate per la velocità, così come le vede il motociclista con la coda dell’occhio mentre “vola” avanti. È la velocità che gli fa vedere le case che scappano via.

Mario Guido dal Monte, “Il motociclista”, 1927

Lo stesso avviene nell’opera Motociclista di Mario Guido Dal Monte, dove il centauro del 1927 è lanciato a gran velocità in uno spazio sconosciuto, in una figura ancora meno definita.

In tutti e tre le scene sono composte da spazio di linee contorte, dove è importante non tanto l’oggetto o la cosa, ma il suo cambiamento veloce.

La velocità è una magia, può modificare davanti ai nostri occhi qualunque cosa. La rende sfuggente, la piega, la destruttura, ne cancella contorni e il suo baricentro e ci lascia senza parole.

E poi ci riconducono all’adrenalina che ci lascia il respiro corto, alla benzina che fa andare sempre più veloci, folli, che brucia la strada e il paesaggio, che al nostro occhio è diventato niente di più di un tremolio di fotogrammi, di rumore disumano e assordante di un motore potente.

Mario Sironi “Motociclista” 1920

In che mondo ci troviamo? Nel mondo dell’uomo macchina, che fu l’altro grande simbolo del Futurismo, che sa progettare e collaudare moto, voli super veloci, auto da corsa, progettare radio, film, pubblicità, telefoni. È il mondo dell’uomo che vive in un’accelerazione costante. In che epoca siamo? Siamo già nel 2021, naturalmente. Marinetti lo aveva già previsto.