Cent’anni fa l’invenzione della Moto Guzzi, che diventò uno dei simboli della modernità e della velocità
“Insistiamo: la velocità è la nostra nuova Musa”!
Lo diceva Marinetti, lo sapeva Giacomo Balla, lo metteva sulla tela Achille Funi, ma anche Fortunato Depero, Mario Sironi, Mario Guido Dal Monte… lo crediamo persino noi
È prepotente, rumorosa, travolgente. Ha due ruote e forse non è neppure bella. È sporca di grasso e spesso puzza di freni bruciati e benzina. Non ha quella bellezza classica tipica di un oggetto che tendenzialmente si ammira in una sala d’arte, eppure spesso è arte. Perché? Perché la moto e il suo rombo sono state l’incarnazione di quella “bellezza” tipica dell’arte del futuro, fatta di velocità, potenza e pericolo. Questa era il simbolo di un’arte in cui credeva e che ci decantava Filippo Tommaso Marinetti, “Insistiamo: la velocità è la nostra nuova Musa”!
E aveva ragione. Da quando il mito della velocità è entrato nell’immaginario del mondo, grazie anche a un senso così perspicace dell’arte futurista, che si è impegnata a parlare con nuovi canoni al mondo, ne è diventata protagonista assoluta. Sublimandosi in qualcosa che oramai è un po’ di più di “veloce”, perché è diventata l’immediato.
Cent’anni fa, grazie anche all’invenzione della Moto Guzzi con tanto di aquila alata (l’azienda fu fondata esattamente a marzo del 1921), il mondo che tutti noi abitiamo ci è cambiato in quattro e quattr’otto sotto il naso: la percezione della velocità (e il suo controllo), così come la quotidianità ha modificato tutto. Ha cambiato persino il mondo dell’arte, da sempre simbolo di misura, proporzione, rigore e rette perfettamente disegnate, ora diventa un’onda, uno scarabocchio, un arco che si spezza, cade e si spacca in infiniti pezzi. Ci regala una prospettiva nuova.
Quella velocità, osannata e amata dai futuristi della prima epoca, che fu sperimentata da uomini intrepidi con la loro moto, ci fa conoscere un mondo in procinto di cambiare, ancora e ancora.
Il geniale Giacomo Balla, grazie alle sue ricerche sulla velocità dell’automobile e della moto, sui suoi studi sul movimento delle ruote e sulle linee di penetrazione, ha inventa una figurazione nuova che nasce da un’intuizione meccanica. Nel suo Forme-rumore di motocicletta ce ne dà un esempio, rappresentando il rumore che avanza insieme alla ruota della motocicletta, dove il movimento è rappresentato da specie di cristallo.
Anche il Motociclista + città di Achille Funi è un quadro che spiega la simultaneità; dietro al motociclista ci sono il paese, le sue case piegate per la velocità, così come le vede il motociclista con la coda dell’occhio mentre “vola” avanti. È la velocità che gli fa vedere le case che scappano via.
Lo stesso avviene nell’opera Motociclista di Mario Guido Dal Monte, dove il centauro del 1927 è lanciato a gran velocità in uno spazio sconosciuto, in una figura ancora meno definita.
In tutti e tre le scene sono composte da spazio di linee contorte, dove è importante non tanto l’oggetto o la cosa, ma il suo cambiamento veloce.
La velocità è una magia, può modificare davanti ai nostri occhi qualunque cosa. La rende sfuggente, la piega, la destruttura, ne cancella contorni e il suo baricentro e ci lascia senza parole.
E poi ci riconducono all’adrenalina che ci lascia il respiro corto, alla benzina che fa andare sempre più veloci, folli, che brucia la strada e il paesaggio, che al nostro occhio è diventato niente di più di un tremolio di fotogrammi, di rumore disumano e assordante di un motore potente.
In che mondo ci troviamo? Nel mondo dell’uomo macchina, che fu l’altro grande simbolo del Futurismo, che sa progettare e collaudare moto, voli super veloci, auto da corsa, progettare radio, film, pubblicità, telefoni. È il mondo dell’uomo che vive in un’accelerazione costante. In che epoca siamo? Siamo già nel 2021, naturalmente. Marinetti lo aveva già previsto.
Vive e lavora a Genova, insieme ai suoi libri, dove svolge la propria attività di giornalista professionista e studiosa di storia della critica d’arte e Futurismo. Convive con la SM da 18 anni. Ama la scrittura e le parole, il figlio, la vita, la sua famiglia.
Al suo attivo molte pubblicazioni e monografie di storia dell’arte. Svolge la professione giornalistica con passione da oltre trent’anni, si muove tra la carta stampata, i nuovi media, la TV. Ama parlare delle persone, con la gente e sempre a vantaggio della cultura sociale che fa crescere e aprire occhi e cuore. “Le persone sono sempre scopo primo e ultimo della mia scelta professionale, come servizio agli altri. Senza riserve”.