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“Il diritto alla speranza” – Contro il carcinoma mammario metastatico, terapie mirate per non dover scegliere tra tempo e qualità di vita

Eva Schumacher: Contro il carcinoma mammario metastatico
foto: Mamma Mia! Die Krebsmagazine

La testimonianza di Eva Schumacher

“La vita per noi è come le montagne russe, abbiamo trattamenti che nel migliore dei casi funzionano per un po’, ma poi abbiamo bisogno di un’altra opzione di trattamento, e poi di un’altra ancora, finché ad un certo punto dobbiamo decidere quanta qualità di vita vogliamo cedere in cambio di tempo di vita, e alla fine avere una conversazione onesta su quando è il caso di smettere con le terapie. Per questo è fondamentale proseguire la ricerca scientifica sulle nuove opzioni terapeutiche, affinché un giorno non dobbiamo più trovarci di fronte a questa scelta”. Cosa significa vivere – e continuare a sperare – con un carcinoma mammario metastatico, lo racconta la giornalista tedesca Eva Schumacher-Wulf che nel 2006, a due anni dalla sua diagnosi, ha fondato in Germania il Magazine trimestrale Mamma Mia!, al fine di fornire informazioni chiare e affidabili alle pazienti affinché possano avere gli strumenti per un dialogo più consapevole e aperto con gli specialisti da cui sono seguite.

Nel 2004 a Eva, mamma 34enne di due bambini, è stato diagnosticato un cancro al seno triplo negativo. Dopo le prime cure il cancro sembrava sconfitto ma nel 2018 è tornato con metastasi che da poco hanno raggiunto i polmoni.

Oggi la grande maggioranza delle donne con carcinoma mammario HER2-negativo guarisce, la malattia non si ripresenta più. Purtroppo, c’è ancora una quota di pazienti che o all’inizio ha già metastasi o nonostante le terapie sviluppa metastasi. In tutti i casi le nuove terapie a base di anticorpi monoclonali coniugati (ADC) riescono a prolungare significativamente la sopravvivenza: quasi 4 malate su 10 sono vive a oltre 8 anni dall’inizio dei trattamenti.

Una vita normale: ecco una buona qualità di vita

 “Continuare a essere in grado di vivere una vita normale, tutto qua, né più né meno, come lavoratrice, come madre, come moglie, qualsiasi cosa, ma normale”, è la risposta ad un sondaggio sulla qualità di vita che la giornalista ha proposto alle pazienti lettrici del magazine. Le altre risposte sono legate al vivere senza dolore e senza ostacoli burocratici, che sono veramente fastidiosi quando capitano nel periodo più difficile della propria vita, quando non si hanno energie per combatterli e gestirli. “È ovvio che noi pazienti metastatiche desideriamo vivere il più a lungo possibile, ma con una buona qualità della vita, che mi rendo conto come standard è decisamente diverso da quello che può concepire una persona sana. Ma in questo concetto è sicuramente racchiusa la speranza, e avere a disposizione più di una opzione terapeutica sicuramente aiuta ad avere speranza e quindi a vivere meglio il tempo che ci è concesso”

Contro il carcinoma mammario metastatico, Terapie mirate per non dover scegliere tra tempo e qualità di vita

Regola n.1: conoscere subito il piano di trattamento e condividere il processo decisionale

Un percorso ottimale di cura per le pazienti metastatiche, secondo Eva, comincia con la conoscenza dettagliata di ciò che sta per accadere, su quali opzioni terapeutiche possono contare e quali sono i passi successivi se il primo trattamento non dovesse funzionare “Ho saputo due giorni fa che ho avuto una progressione della malattia ai polmoni, ma sono contenta di conoscere già quale sarà la mia seconda linea di trattamento, perché vi posso dire che sulle montagne russe ora sono a terra, ma non sto precipitando nella curva di discesa, sono semplicemente sulla parte piana. Questa è la situazione adesso, inizierò una seconda terapia, spero funzioni ma se non funziona so già che ce n’è una terza. È necessario per me sapere che questa non è la mia ultima opzione. Un giorno lo sarà, ma sapere che non è adesso rende tutto più facile”. La fiducia passa dunque attraverso la conoscenza e la condivisione con lo specialista del processo decisionale, “abbiamo bisogno di sapere cosa stiamo per fare e ci fidiamo del percorso solo se lo conosciamo, e lo percorriamo fino in fondo se non veniamo messe da parte nella decisione”.

Regola n.2: cure interdisciplinari e informazioni affidabili

Il cancro non è una malattia che colpisce solo un organo o una parte del corpo, investe tutta la vita di un individuo, a maggior ragione quando diventa metastatico, è perciò necessario istituire un percorso di cura multidisciplinare che preveda approcci olistici, diversi specialisti, cure palliative, supporto psico-oncologico che attualmente, per esempio, non è sempre integrato nelle breast unit, che non hanno unità specifiche per il carcinoma mammario metastatico, eppure non tutti i tumori mammari sono uguali.

Quindi sì, occorre concentrarsi sulla ricerca, sui finanziamenti  e sulle politiche aperte all’innovazione ma anche sulle cure interdisciplinari e su un più profondo dialogo tra medico e paziente che deve essere basato sull’ascolto, sulla fiducia e su informazioni accurate e coerenti “In un momento in cui ci ritroviamo con la vita sottosopra l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è ulteriore confusione causata da informazioni conflittuali provenienti da specialisti, enti regolatori e oggi pure da dottor ‘google’ ”. Per questo Eva chiede che vengano create a livello internazionale lineeguida e sistemi di valutazione indipendenti dei materiali informativi, così da rendere le pazienti più sicure rispetto alla validità delle notizie.

Regola n.3:  Trasparenza e “incoraggiamento onesto” nel rapporto medico-paziente

La speranza e l’ottimismo sono fondamentali nel percorso di cura, ma non si traducono con un finto “andrà tutto bene” da parte del medico che sa già che non andrà affatto tutto bene, la giornalista è molto chiara su questo punto, il dialogo deve essere trasparente affinché ci sia un incoraggiamento onesto che corrisponde piuttosto a un “siamo qui per te, possiamo affrontare tutto questo insieme, e siamo sempre qui se hai sintomi o se non sopporti la radioterapia possiamo parlarne. Questa è la speranza di cui abbiamo bisogno”.

Nuova speranza contro il carcinoma mammario metastatico

Nuova speranza contro il carcinoma mammario metastatico dall’ADC trastuzumab deruxtecan

In Europa, vengono diagnosticati circa 80.000 nuovi casi di carcinoma mammario ogni anno, di cui 8-9mila solo in Italia. La classificazione del carcinoma mammario dipende da diversi fattori, tra cui la presenza del recettore 2 per il fattore umano di crescita epiteliale (HER2), una proteina presente sulla superficie delle cellule che promuove la proliferazione e la crescita cellulare. Tutte le cellule della mammella presentano recettori HER2, ma alcuni carcinomi mammari hanno livelli di HER2 superiori al normale, che stimolano la crescita del tumore, e in questo caso si classificano come HER2-positivi: sono il 15% di tutti i tumori mammari e sono spesso associati ad una malattia aggressiva e una prognosi infausta rispetto ai carcinomi con bassa espressione HER2 (HER2-low). Tuttavia i tumori possono essere eterogenei, e le cellule tumorali possono manifestare tra loro diversi livelli di HER2. “La mia prima diagnosi è stata nel 2004, 16 anni fa, era il periodo in cui i tumori HER2-positivi erano considerati ancora i più aggressivi. Tutti quindi festeggiavamo il fatto che il mio fosse HER2 negativo. Oggi invece sono un po’ ‘invidiosa’ di chi ha un tumore HER2-positivo perché la ricerca nel frattempo ha consentito loro di avere tante opzioni terapeutiche”, ha esordito Eva nella lucida e toccante testimonianza che ha condiviso in un recente evento di presentazione del nuovo ADC trastuzumab deruxtecan di Daiichi Sankyo e AstraZeneca, indicato per il trattamento del carcinoma mammario metastatico HER2-positivo.

Eva si è detta in realtà soddisfatta e felice per tutte quelle donne con carcinoma metastatico HER2-positivo che hanno potuto sperimentare e useranno in futuro questo farmaco che mostra anche un buon profilo di tollerabilità, e che “grazie a risultati come questi, potrebbero esserci ulteriori ricerche in altri sottotipi di tumori, come il mio ad esempio, che è triplo negativo, e questo mi dà fiducia”. E infatti secondo Pierfranco Conte, docente di Oncologia all’Università di Padova e direttore della Oncologia Medica dell’Istituto Oncologico Veneto, che ha presentato gli ultimi dati durante lo stesso evento, “questo ADC è particolarmente interessante perché è diretto contro specifiche cellule cancerose, ma il carico di chemioterapia che trasporta è in grado di uccidere anche le cellule intorno a quelle che va a colpire, persino se queste presentano pochi recettori HER2. E questo è importante, visto che i tumori sono eterogenei e finora nessun farmaco anti-HER2 si era dimostrato efficace sulle cellule tumorali definite HER2-low”.

Gli ADC sono medicinali antineoplastici mirati che forniscono un agente chemioterapico citotossico alle cellule neoplastiche mediante un linker attaccato a un anticorpo monoclonale diretto contro uno specifico bersaglio espresso dalle cellule tumorali. Trastuzumab deruxtecan è l’anticorpo monoclonale coniugato (ADC) specifico per il recettore HER2, realizzato con l’impiego della DXd, la tecnologia ADC brevettata di Daiichi Sankyo. E’ composto da un anticorpo monoclonale anti-HER2 a cui è legato un carico citotossico ( 8 molecole di chemioterapia) rappresentato da un nuovo inibitore della topoisomerasi I, che una volta entrato in contatto con la cellula tumorale, la distrugge.

All’inizio di quest’anno l’EMA ha approvato l’ADC trastuzumab deruxtecan per il trattamento del carcinoma HER2-positivo metastatico in quelle pazienti che hanno visto la malattia progredire con due o più precedenti terapie. Il farmaco è attualmente in fase di sperimentazione per i carcinomi gastrico, polmonare e colorettale.

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