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Intervista a Fawn Veerasunthorn, Head of Story per Raya e L’Ultimo Drago, in uscita home video dal 18 maggio e su Disney+ dal 4 giugno

Intervista a Fawn Veerasunthorn, Head of Story per Raya e L’Ultimo Drago

Nata in un piccolo paesino della Tailandia, Fawn Veerasunthorn, da piccola sognava di fare la story artist, l’animatrice, e di lavorare in un grande studio di animazione.

Come nei più bei film Disney che abbiamo amato, il sogno di Fawn è diventato realtà ed oggi ha in curriculum alcuni tra i più grandi film d’animazione Disney degli ultimi anni, a partire da Frozen passando per Zootropolis fino all’ultimo, Raya e L’ultimo Drago, suo personale trionfo come capo animatrice – Head of story, soprattutto per l’ispirazione che il film trae dalle culture e dai popoli dell’Asia sudorientale.

Il film è  infatti ambientato a Kumandra, un piccolo luogo immaginario del Sud-est asiatico ed ha come protagonista, Raya, una guerriera solitaria che avrà il compito di trovare l’ultimo leggendario drago per riunire il suo popolo diviso da una forza malvagia che ha minacciato la sua terra e costretto i draghi a sacrificarsi per salvare l’umanità. Oltre a Raya molte altri personaggi femminili, con personalità e caratteristiche molto diverse che permettono allo spettatore di poter trovare gli aspetti con cui potersi relazionare di più.

Dopo il successo dell’uscita di Raya e L’Ultimo Drago il 5 marzo su Disney+ con l’accesso Vip, il film punta all’Home Video dal 18 maggio, in Blu-ray, DVD e Blu-Ray Steelbook (per poi sbarcare definitivamente in piattaforma il 4 giugno) per entrare di fatto nelle case e nell’immaginario di ogni bambino e adulto amante delle storie di riscatto e di riscoperta di valori e qualità nascoste. Su Pink Society, Fawn Veerasunthorn, partendo dalla sua Raya, ci racconta la sua storia fatta di perseveranza, lavoro e ambizione e di come il motto Disney se puoi sognarlo, puoi farlo, possa cambiare il futuro.

Devo dire che ho notato che hai lavorato a moltissimi progetti importanti come story artist e nel caso di Raya come Head of Story e molti di questi progetti come Zootropolis, Frozen, Oceania e Raya ovviamente, rappresentano addirittura più di un personaggio femminile forte e sfaccettato. Come ci si sente a contribuire al cambiamento che Disney sta portando sul piano dell’empowerment femminile e l’inclusione e come ci hai lavorato su graficamente?

Credo che questo sia il risultato del fatto che ci sono moltissimi team di autori composti da tante donne, a differenza di quando io ho iniziato a lavorare nel mondo dell’animazione. C’è libero spazio per parlare liberamente di cose che ci interessano: cosa intendiamo per amicizia al femminile, con che tipo di problemi ci stiamo confrontando oggi? non dobbiamo conformarci agli stereotipi sulle donne che c’erano nel passato. Su Raya c’era questa situazione speciale in cui avevamo più di una protagonista femminile e finalmente nessuna di loro doveva portare il carico dell’essere perfetta. Ognuno di noi ha delle mancanze e in un certo senso per rendere un personaggio vicino allo spettatore, anche questo deve essere imperfetto come noi. Deve esserci un percorso che il personaggio deve attraversare all’interno della storia e non può assolutamente essere una persona che non cambia mai.

La nostra produttrice Osnat Shurer è una grande sostenitrice della rappresentanza femminile così quando abbiamo inserito Raya nella categoria delle guerriere, ci siamo detti “ok, come rompiamo quello schema per introdurre più personalità dentro questo tipo di personaggio?” Specialmente quando sono guerrieri asiatiche. Le avete già viste in passato  e sono sempre molto serie, e non ci assomigliano, non mi assomigliano, quindi abbiamo pensato:  “perché non ci mettiamo un po’ di noi stesse dentro questi personaggi?. Cosa vorremmo vedere?” E siamo state fortunate ad avere spazio per fare questa operazione, non abbiamo avuto paura di dire la nostra, ci sono sempre state delle chiacchierate molto sane all’interno del team di lavoro.

Come Head of Story sei a capo di un team di più di 10 persone. Nel caso di Raya, su cosa ti sei focalizzata di più? un personaggio in particolare o delle scene particolarmente difficili?

Qui siamo nell’ambito del film d’azione quindi ci siamo approcciati al lavoro tenendo questo aspetto sempre ben presente. Volevamo che questo mondo fosse vasto ed epico, quindi c’è stata molta attenzione a tutta la fotografia. Ma, credo che in tutti i film Disney, la cosa più importante siano i sentimenti dei personaggi e non c’è modo di evitare quel tipo di ragionamento, ogni volta che vogliamo fare qualcosa di bello a livello di azione, dobbiamo sempre però prima ragionare su cosa significa per il personaggio principale quella scena o quella azione. Cerchiamo sempre di trovare un equilibrio perché facciamo film per persone di differenti età e dobbiamo realizzare un prodotto che intrattenga i più piccoli ma che per i più grandi abbia abbastanza carne al fuoco da fargli pensare che sia interessante e non semplicemente un film per bambini.

Come in questo film e nei film a cui hai lavorato, anche la tua storia personale rappresenta un successo: hai perseverato nel cercare di realizzare il tuo sogno di lavorare nell’industria dell’animazione. Ci racconti qualcosa in più di come sei diventata la donna che sei oggi?

Non so se mi definirei una persona di successo ma ho sempre voluto entrare a lavorare in questo ramo.  Dove sono nata non c’era un’industria dell’animazione di questo tipo così non avevo un modello di riferimento da indicare ai miei genitori per dirgli: “ecco, voglio diventare come questa persona, un giorno”. Sono stata fortunata però ad avere genitori che mi hanno supportato e quando ero al liceo ho saputo di una persona che conoscevamo che era andata a lavorare nel mondo di Disney animation in Florida. C’era quindi finalmente una persona, in una sorta di sogno molto distante da me, a cui potevo fare riferimento per mostrare cosa volevo fare da grande. Così i miei genitori si sono convinti a mandarmi in America per provare a farcela. Quando ho lavorato a Zootropolis, mi sono sentita proprio come Hops, ero proprio io, avevo un‘idea di come sarebbe stata l’America quando sono arrivata che non corrispondeva per niente alla realtà, avevo in mente solo la versione cinematografica degli Stati Uniti, e mi sono trovata a dire: “ah, questa è la vera America!”.

Raya e l’Ultimo Drago è uscito su Disney+ con l’accesso VIP il 5 marzo e ora è disponibile in Home video per poi approdare su Disney+ a giugno. Di quale aspetto del riscontro del pubblico ti senti più orgogliosa fino ad ora?

Personalmente sono tanto felice di sapere che molte persone che vengono da quei posti e da quella regione si sono identificati con Raya e con i personaggi. So che è un piccolo angolo di mondo ma sono cresciuta con persone che dicevano che la nostra cultura non aveva appeal internazionale e non era qualcosa a cui guardare con ammirazione e vorrei aver avuto questo film quando ero piccola per sentirmi rappresentata. Ora sono così felice che è uscito in tutto il mondo, è stato così ben accolto e le persone, non solo quelle del Sud-est asiatico, si sono sentite vicino a questi personaggi. Questo film ti mostra che come esseri umani abbiano molte più cose in comune di quel che pensiamo e che non dobbiamo più pensare di non poter comprendere la cultura del sud-est asiatico perché ora è possibile farlo anche grazie a questo film così come ho fatto io con altre culture quando ero piccola, grazie a film di animazione come questo.