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Libri: I Baffi di Emmanuel Carrère

I Baffi di Emmanuel Carrère

Permettetemi questo riferimento personale. Porto la barba dal 1987. L’ultima volta che mi sono rasato completamente è stato a Pasqua di quell’anno. Durante il lockdown ho pensato più volte di tagliarla, per vedere l’effetto, tanto ci sarebbe stato tutto il tempo per lasciarla ricrescere prima di uscire di nuovo. Poi ho letto I baffi, di Emmanuel Carrère.

La storia può sembrare banale: un uomo si taglia i baffi dopo 10 anni. Lo fa senza un motivo apparente: per vanità? Per la voglia di sentirsi diverso? Per vedere la reazione della moglie e degli amici? Se non dovesse piacersi, e di fatto non si piace, tempo qualche settimana e tornerebbe tutto come prima. Solo che la moglie, gli amici, i colleghi di lavoro nell’agenzia di architettura di cui è socio, non hanno alcuna reazione. Anzi, sono concordi nell’affermare che lui non ha mai portato i baffi. Nonostante la carta d’identità testimoni il contrario. Almeno ai suoi occhi.

Uno scherzo? O un complotto nei suoi confronti per farlo diventare pazzo? Cosa gli resta da fare? Fuggire. Scomparire per sempre, in un viaggio alla ricerca di sé, o meglio: per riconoscersi, che è l’unico modo per poter dire di esistere, ci suggerisce Carrère. Ogni cosa in questo libro esiste e ha un nome: Agnès, la moglie; gli amici Serge e Véronique; i colleghi Jérôme e Samira; le vie di Parigi, dove abita, gli alberghi di Hong Kong, dove si rifugia. Ma non il protagonista, il narratore. Lui non ha un nome: la sua esistenza è reale solo per coloro che lo circondano. La perdita di fiducia in costoro, il dubbio che si insinua, lo proiettano quindi nel paradosso di non sapere più chi sia e chi sia stato. Da qui la rottura di qualsiasi legame, per poter ricominciare, che in realtà si trasformerà in una corsa verso l’annientamento, la perdita totale.

Carrère – ha scritto qualcuno – ci porta nell’abisso, dentro un finale che è auto-affermazione di se stessi e negazione al contempo, e che ci lascerà atterriti e affascinati”. I baffi è un romanzo terribile, tremendo. E perfetto.

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