In viaggio tra le montagne più antiche d’Europa: i Vosgi
Boschi incantati grandi silenzi, il profumo di abeti, il rumore tenue dell’acqua nei ruscelli, cervi e daini che pascolano vicino casa.
Tutto ciò è la regione dei Vosgi, catena montuosa della Lorena, nel nord-est della Francia.
I Vosgi sono il complesso montuoso più antico d’Europa. Si sono infatti formati nell’era paleozoica, 300 milioni di anni fa. Su quelle montagne sono passate decine di Ere glaciali che le hanno erose, livellate, addolcite. Hanno dato loro un aspetto tondeggiante tanto che i francesi le chiamano “Ballon”.
Ormai il monte più alto è il Grand Ballon di 1424 metri che domina verso sud le vallate dell’Alsazia prima e della Svizzera poi e da dove, nelle giornate di sole invernali, quando l’aria è particolarmente tersa si vede lontano il massiccio del Monte Bianco.
Dicono che nei Vosgi ci siano 1000 laghi. Forse sono anche di più, di tutte le dimensioni. Dai più grandi e famosi, come “Longemer” ossia “mare lungo” ai più piccoli, di poche decine di metri e senza nome, ma tutti ugualmente suggestivi e incantati, con continui giochi di luce dovuti al cambiare delle ore e delle stagioni.
I Vosgi sono stati da sempre una linea di confine tra la Francia e la Prussia prima e la Germania poi. Linea di confine ma anche linea di fuoco. Paesaggi così belli sono stati più volte nei secoli luoghi di guerra e di morte.
La più impressionante violenza resta però la “Grande Guerra” del 1914-18, in cui morirono centinaia di migliaia di giovani. In quegli anni, per la prima volta la guerra divenne veramente disumana, di una violenza e brutalità prima inconcepibile. Ad esempio, nella battaglia del 4 agosto 1915 i francesi spararono in 12 ore 40.000 granate tutte concentrate su una collina di 3 chilometri quadrati in cui erano trincerati i soldati tedeschi. In pratica una cannonata ogni secondo!
Gli effetti furono devastanti, quasi tutti i soldati morirono e i pochi sopravvissuti, per il fragore ininterrotto delle cannonate diventarono sordi per sempre o impazzirono Quella collina fu soprannominata dai soldati tedeschi “la mangiatrice di uomini”.
Per contro i soldati francesi, per un episodio analogo, altrettanto disumano chiamarono “il buco dell’inferno” un’altra collina in cui erano trincerati loro e dove subirono gli stessi effetti di morte. Quanto dolore sanno causare gli uomini nella pazzia della guerra!
Poi finalmente venne la pace, anzi tornò la pace in quei boschi, in quelle colline. I superstiti tornarono nei loro paesini incastonati nelle vallate ormai silenziose e gli abitanti costruirono, al limitare dei boschi vicini, piccole chiesette e cappelle votive di ringraziamento che ora contribuiscono a rendere più suggestivo il paesaggio fatto di verde, di silenzio, di profumi di erba e di prato.
Tanta pace, tanto silenzio, così diverso, così lontano dalle esplosioni, dalle morti, dal terrore di un secolo fa. La natura infatti sa aspettare e vincere sulle follie dell’uomo. Sa ricreare la propria bellezza pur cambiando lentamente aspetto.
Noi uomini passiamo veloci senza lasciare tracce durature mentre invece la Natura anno dopo anno, millennio dopo millennio ripete ogni giorno un’alba e un tramonto, una luna che sparisce dietro il monte e nei Ballons dei Vosgi i boschi altissimi di abeti rossi restano perenni a catturare con le loro cime le nuvole basse prima della pioggia.
Studioso, appassionato lettore, profondo conoscitore della storia e dell’animo umano, sa citare le poesie di Catullo a memoria.