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Intervista a Paola Randi – regista di La Befana vien di notte II – Le origini

Paola Randi sul set – photo © Arianna Lanzuisi

È una vera e propria origin story quella diretta da Paola Randi che da domani, 30 dicembre, con La Befana vien di notte II –  Le origini svela la nascita della strega più amata dagli italiani da generazioni e generazioni: la befana.

Dopo il successo del primo film con Paola Cortellesi nei panni della famosa vecchietta che volando sulla sua scopa riempie di dolci o carbone le calze dei bimbi italiani il 6 gennaio, Paola Randi che non è certo nuova al film fantastico, accetta la sfida e dirige questo prequel scritto dalla coppia magica Nicola Guaglianone e  Menotti ( gli stessi di Lo chiamavano Jeeg Robot).
Con Monica Bellucci nel ruolo di Dolores, colei che insegna ad una befana bambina (la tiktoker Zoe Massenti) come gestire i suoi poteri a fin di bene, La Befana vien di notte II è un altro tassello a comporre una cinematografia fantasy-supereroistica italiana che ha ancora molta strada da fare ma ha tutte le carte in regola per farcela.

Into Paradiso, Tito e gli alieni, questi alcuni dei titoli attraverso cui Paola Randi ci ha mostrato la sua idea di cinema. La incontriamo per farci svelare l’approccio a questa storia, il modo in cui l’ha fatta sua ma soprattutto l’importanza di raccontare un’eroina, una donna tra donne potenti e gentili, la donna più eccezionale della nostra tradizione, quasi più famosa di Babbo Natale.

Come hai accolto questa occasione di dirigere questo film, che possibilità è stata per te?

Per me è stata un’occasione di entusiasmo eccezionale. Tanto per cominciare ho sempre voluto fare un film così. Da piccola quando andavo a vedere questi film qui, i film per famiglie, uscivo con un livello di adrenalina e di entusiasmo che facevo sogni ad occhi aperti per mesi. Questo è il nutrimento basilare per me dell’immaginario, di questo superpotere meraviglioso che abbiamo tutti che è la fantasia. Quando mi hanno detto di che film si trattava ero già entusiasta ma quando ho saputo che era scritto da Nicola Guaglianone e Menotti, lì è stato una bomba perché i personaggi erano splendidi, tridimensionali, succedeva di tutto, c’erano un tripudio di fantasia ed emozioni e quindi è stato un momento bellissimo, sembrava un regalo di Natale, anzi della Befana direi…

Zoe Massenti nei panni della giovane Befana – photo © Arianna Lanzuisi

Visto che sei sempre stata una regista immaginativa e visionaria, come sei riuscita a rendere tua questa befana, questa storia?

Non c’è voluto mica tanto perché sostanzialmente per me era interessante anche soltanto il fatto di mettermi a servizio di una storia. Questa è una cosa bellissima perché ti dà un mondo di libertà: sei libero dalla responsabilità della scrittura e di conseguenza hai tutto lo spazio che vuoi per riuscire a capire e concertare la regia in maniera efficace. Poi se hai questo bellissimo mondo apparecchiato e questi professionisti leggendari con cui stai lavorando, sia in termini di crew che attori e attrici, dopo è solo e soltanto divertente e si tratta di costruire un mondo e farlo funzionare. Creare l’illusione che è proprio il nostro pane quotidiano.

Quanto è stato importante per te che questa storia parlasse di una donna e di donne?

Secondo me era fondamentale, mia madre, che era una grandissima donna, ed era un’imprenditrice, ha fatto un sacco di cose per i diritti delle donne, diceva che la via delle donne al lavoro è una via etica e questa è una cosa molto importante per me. Tutto quello che noi facciamo, almeno per quanto mi riguarda, deve far suonare delle campane che ti dicono che magari un piccolo contributo nell’universo riesci a darlo anche tu e questo film, proprio per questo motivo, mostra una super eroina italiana che combatte però con delle armi anomale. Zoe poi è un personaggio che già è una star tra i giovani di tiktok e che sia lei a incarnare la befana è importante. La paura, l’ignoranza, la cattiveria non si combattono con la violenza e con la forza ma con la generosità,  si combattono a suon di caramelle e carbone, prendendo gli insegnamenti di una mentore meravigliosa che ti dice “non si uccide nessuno in questa casa, si combatte non avendo paura di niente, lasciando viaggiare l’immaginazione e aprendo il tuo cuore”.  Direi che è bellissimo.

Zoe Massenti nei panni della giovane Befana – photo © Arianna Lanzuisi

Perché secondo te questo genere cinematografico in Italia non si è quasi mai fatto e perché adesso invece le cose stanno cambiando?

Sono film impegnativi, bisogna trovare delle formule, non abbiamo ovviamente le mega strutture e i budget degli americani. Secondo me però, seguendo una via italica, questo tipo di film si può fare tramite quello che l’Italia produce con la pala cioè il cuore e la fantasia quindi io credo che funzioni. Penso che però ci sia sempre più apertura grazie al lavoro per esempio che fa una società come la Lucky Red che lo ha già fatto in passato oppure degli autori come Guaglianone e Menotti che stanno riuscendo a sdoganare qualcosa che era un tabù dalle nostre parti. Secondo me questo è un fatto molto importante perché noi dobbiamo poter raccontare il genere. I generi sono delle occasioni, metafore di racconto straordinarie e noi dobbiamo poterli cavalcare tutti senza nessun problema come tanti maestri italiani hanno fatto in passato.

Monica Bellucci nei panni di Dolores – photo © Loris Zambelli

“Fate cinema, questo è un lavoro per donne. Abbiamo bisogno di sentire la vostra voce!”

Esiste secondo te questo fantomatico cinema al femminile, uno sguardo diverso rispetto agli uomini?

Secondo me le registe sono ancora troppo poche quindi intanto vorrei cominciare a fare un appello a tutte le bambine, le giovani, anche le giovani che come me vogliono iniziare a 33 anni perché io ho iniziato a quell’età. Io faccio un appello a tutte voi: “fate cinema, questo è un lavoro per donne. Abbiamo bisogno di sentire la vostra voce!”. Ora, ciò detto, la questione è soltanto una: se siamo poche significa che la metà della società non ha voce sufficiente in un mondo dove noi creiamo degli immaginari e questa cosa non è possibile, non ha senso soprattutto perché è un impoverimento per tutti e per tutte e quindi bisogna porre rimedio a questa cosa, è assolutamente fondamentale. Chissà cosa ne viene fuori. Tutte siamo diverse ovviamente, non si può  parlare di cinema femminile, è un po’ come parlare di un cinema maschile, io francamente non ho capito. Non è che si possono mettere insieme autori molto diversi, come per esempio Woody Allen e Fassbinder, sono grandissimi autori tutti e due. Siamo tutte diverse però non è possibile che siano escluse le donne da questa partita, è fondamentale che siamo rappresentate in percentuale con la fetta di umanità che rappresentiamo e cioè al 50%.