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Cartoline d’Italia: Non chiamatele piastrelle! Sono Laggioni e sono arte da re

pannelli di 12 e 3 laggioni, 1500-50 ca
Pannelli di laggioni al Museo della ceramica di Savona, 1500-50 ca | foto: Sailko, CC BY 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by/3.0, via Wikimedia Commons

Sono appassionati gioielli di bellezza. Assomigliano a delle piastrelle smaltate ma sono sofisticati apparati decorativi in maiolica a rilievo.

Raffinati e coloratissimi, i laggioni erano usati dai Genovesi del Cinquecento per abbellire altari, campanili, scale, scaloni e sale di rappresentanza dei propri palazzi. Talvolta incorniciavano le mensole e i sedili di pietra nera di Lavagna nei loro atri; altre volte avevano il compito di esaltare il bianco dei loro colonnati e degli altari. Altre volte erano quadri (vere e autentiche avanguardie), le cui scene erano costruite come dei grandi puzzle. Nei loro pannelli brillanti di ceramica smaltata, raccontano scene di vita e di santità.

Gli Spagnoli li chiamavano azulejos; in arabo sono al zulaycha, poizullaygiun: ma per i Genovesi sono laggioni.

Sono i silenziosi testimoni di quel “melting pot”, di quella mescolanza di culture ed esperienze artistiche millenaria dei popoli che si affacciano sul Mediterraneo: sanno raccontare e documentare dei molteplici rapporti economici e culturali del popolo dei Genovesi con il mondo musulmano, che tuttora vive e rivive nelle parole del suo “dialetto”, nei gusti della sua cucina, nelle tradizioni e nei palazzi rivestiti da decorazioni di stile moresco.

Laggione
Laggione al Museo della ceramica di Savona | foto: Sailko, CC BY 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by/3.0, via Wikimedia Commons

È proprio grazie ai i traffici marittimi di Genova coi popoli del Mediterraneo, all’interno di rotte, colonie, porti e roccaforti commerciali, che questa nuova forma di arte arrivò nel più grande porto che si affaccia sul Mar Ligure. E lì resti, esaltandola.

La tecnica della “fabbricazione” artigianale di questi laggioni era quella moresca: disegni a rilievo, resi brillanti dall’invetriatura e rutilanti di colori (blu, arancioni, neri alternati a verdi, gialli, turchesi); colpisce il loro disegno ricercato, intricatissimo, persino lezioso: risaltavano alla luce delle torce, si muovevano insieme alle ombre della sera, incantavano ospiti e visitatori.

Azulejos, letteralmente significa “piccole pietre policrome” (originariamente sono piastrelle caratterizzate da motivi geometrici in rilievo, di gusto orientale), che dopo esser giunte a Genova nel’400, spesso importate dalla Spagna (ve ne erano alla corte dell’imperatore  Carlo V) e dal Portogallo, diventano pannelli coloratissimi popolati da scene di vita, come se fossero quadri e non semplici decorazioni.

Pannello di 4 laggioni al Museo della ceramica di Savona, XVI secolo | foto: Sailko, CC BY 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by/3.0, via Wikimedia Commons

Di laggioni, in Liguria, presto si cominciò una produzione locale; questi apparati mutarono i loro disegni lineari in motivi floreali e in composizioni figurative composte da più piastrelle; altri propongono soggetti a carattere sacro dalle tinte lucide sgargianti, che venivano dipinti separatamente su singoli pannelli ceramici e poi ricomposti insieme come se fossero un puzzle.

Negli edifici privati dei ricchi genovesi, tra il Medioevo e il XVI secolo, erano di gran moda e assolutamente esclusivi.

Ne sono rimasti pochi, ormai. Tuttavia non è raro imbattervisi negli intricatissimi vicoli del centro storico, trovarli in qualche portone buio, scovando pareti ricoperte sia dagli azulejos sivigliani cinquecenteschi (importati da mercanti e banchieri graditi alla corte dell’imperatore Carlo V) che dalle maioliche di produzioni liguri. Per lo più ormai decorano atri e scaloni di palazzi (ammassati di cianfrusaglie e rumore) che hanno smesso la loro veste sontuosa per diventare semplici abitazioni frequentate da studenti. Sembrano dimenticati.

Altri incorniciano altari di antichi conventi, in un caleidoscopio di colori e bellezza, vengono illuminati ancora dalle candele e ammantati di un’aria che sembra  appartenere al passato.

Pannello con guerriero, 1500-50 ca., al Museo della ceramica di Savona | foto: Sailko, CC BY 3.0 https://creativecommons.org/licenses/by/3.0, via Wikimedia Commons

Quando il nostro occhio li cattura e li scorge, hanno il potere di farci tornare come per magia ai fasti alla corte dell’Imperatore Carlo V e dei suoi banchieri genovesi, come se fossero cartoline che arrivano dal passato: “Saluti dal Secolo dei Genovesi”.