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Quella di Trevi… è più di una fontana

Quella di Trevi… è più di una fontana

Immaginatela come un libro che racconta la storie di imperatori, papi, osti e vino… e poi ancora di dive, musicisti, poeti, romanzieri, passioni e desideri (i vostri)

Si trovano più o meno in ogni piazza del mondo; le fontane hanno il compito di abbellire ed essere spettacolo.  Ne esistono classifiche infinite, ma tra tutte le top ten, c’è sempre lei, la Fontana di Trevi.

È orgoglio e simbolo italiano, fatto non solo di magnificenza, ma di una incredibile storia. Ci vollero 300 anni e tre papi per realizzarla, la Fontana di Trevi: vi lavorarono svariati artisti, compreso Bernini.

Sapete qual è una cosa divertente di questa bellissima fontana? Che fu finanziata dalla tassa sul vino.
Non fu pagata con l’oro dei forzieri dello Stato della Chiesa ma dai cittadini comuni. La tassa fu introdotta proprio per garantire questa nuova impresa, sostenuta dai bicchieri e dai fiaschi di vino consumati dal popolo nelle osterie e nelle bettole … segnatevela, questa notizia!

In effetti, l’idea che una fontana sia stata pagata soprattutto da chi alzava il gomito in osteria, fa un po’ ridere; la sua storia, però, cominciò molto prima.

Iniziò nel 19 a.C., quando l’Imperatore Augusto commissionò all’architetto Marco Vispanio Agrippa la costruzione dell’Aqua Virgo, fonte terminale dell’acquedotto che alimentava le terme con le acque del fiume Aniene. Sino al Medioevo era situata sul colle Quirinale: fu proprio allora che venne costruita una piccola fontana, con tre grandi bocche che riversavano l’acqua in altrettante vasche.

L’idea di una fontana “importante” prese forma in pieno Rinascimento, in occasione del restauro dell’antico acquedotto che fu commissionato da papa Nicolò V a Leon Battista Alberti e Bernardo Rossellini: realizzarono un modello di fontana impreziosita con gli stemmi del pontefice e del popolo romano. Fu sotto papa Urbano VIII che il progetto si ampliò, diventando grandioso; fu affidato alla star degli architetti dell’epoca, Gian Lorenzo Bernini.

Sia Gian Lorenzo Bernini che papa Urbano morirono senza che la fontana fosse stata ultimata. Il progetto passò quindi a Papa Clemente XII; con lui l’incarico di ultimarla fu affidato a Nicola Salvi.

È dal 22 maggio 1762, giorno della sua inaugurazione, che la monumentale Fontana viene contemplata con immensa ammirazione, dai viaggiatori (nei loro grand tour) e da milioni di turisti.

La grande nicchia con l’iscrizione CLEMENS XII PONT MAX

Che cosa stupisce? Che più che una semplice fontana sembra un vero e proprio arco di trionfo. La grande nicchia con l’iscrizione CLEMENS XII PONT MAX, delimitata dalle colonne corinzie, dà proprio questa idea. Ma come ogni arco di trionfo, è un monumento gigantesco e complesso, che ha il compito di raccontare vittorie e conquiste e persino storie e sermoni.

Al suo interno, proprio al centro, in cui funge da scenografia una scogliera rocciosa, campeggia il dio Oceano, seduto su una gigantesca conchiglia trainata da due cavalli marini alati. Uno è rabbioso e l’altro pacifico; sono guidati da un tritone giovane e da uno adulto per evidenziare le diverse caratteristiche dell’età dell’uomo e della natura.

Tutta l’architettura della monumentale e scenografica fontana, che ricopre un intero lato di Palazzo Poli largo venti metri e alto ventisei, è completata da quattro statue che simboleggiano l’Abbondanza dei frutti di Agostino Corsini, la Fertilità dei campi di Bernardo Ludovisi, i Doni dell’autunno di Francesco Queirolo e l’Amenità dei prati di Bartolomeo Pincellotti. Sulle parti laterali della nicchia si trovano le statue della Salubrità e dell’Abbondanza di Filippo Della Valle, e rilievi che rappresentano la Vergine che mostra la sorgente ai soldati ad opera di Grossi.

Ma siamo sicuri che di questa fontana, resa famosa dal bagno di Anita Ekberg, non ci siano altre storie da raccontare? Nossignori, c’è anche quella del lancio delle monetine.

Il rito di gettare una moneta nell’acqua per tornare a Roma, è antico anche lui. Questa tradizione ha un’origine antichissima per propiziarsi la fortuna attraverso un dono alle divinità acquatiche. In origine, il lancio prevedeva una moneta fuori corso, accompagnato da un sorso di acqua della fontana. Oggi, si usano monetine comuni, ma il rito resta. Il modo giusto per propiziarsi la fortuna è lanciare la moneta volgendo le spalle alla fontana, con gli occhi chiusi e appoggiando la mano destra sulla spalla sinistra: la prima ci garantirà il ritorno a Roma, la seconda farà incontrare l’amore, la terza per avverare il desiderio di convolare a nozze!

Che fine fanno queste monetine? Vengono raccolte e grazie a una convenzione tra il Campidoglio e la Caritas diocesana della Capitale, i soldi raccolti vengono impiegati in opere di beneficenza per indigenti, malati e senzatetto. Ritornano cioè al popolo di Roma, che la finanziò in origine.

Del Palazzo Poli, edificio cui è addossata la Fontana, c’è nulla da dire? Certo che sì, anche se di lui non si parla mai. Si nomina un po’ di sfuggita, eppure nell’Ottocento fu residenza di inquilini illustri, tra cui ricordiamo Giuseppe Gioachino Belli (qui compose oltre duemila dei suoi 2.279 sonetti), il romanziere russo Nikolaj Vasil´evič Gogol’; per un breve periodo visse qui anche Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, ovvero Trilussa, poeta dialettale romanesco.

Sappiate che al suo interno la Sala Dante è famosa per essere gigantesca, visto che occupa ben due piani dell’edificio, con l’esclusivo affaccio sulla Fontana di Trevi. Alla fine dell’Ottocento, questa Sala divenne uno dei luoghi più apprezzati in fatto di cultura musicale, era frequentata da Gabriele D’Annunzio, Jules Massenet, Pietro Mascagni, Giacomo Puccini, Giuseppe Martucci. Ultima news: oggi è la sede dell’Istituto Centrale per la Grafica.