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Protagoniste: intervista a Lucia Mascino

Protagoniste: intervista a Lucia Mascino
Bang Bang Baby: una scena della serie

Quando le protagoniste femminili nelle serie TV come le conosciamo oggi, erano ancora difficili da trovare in Italia, arrivò lei con Una mamma imperfetta di Ivan Cotroneo a sbaragliare le carte in tavola.

Dopo aver dato voce e volto a tante donne sfaccettate, al teatro e al cinema, Lucia Mascino raccoglie nuovamente la sfida della serialità impersonando ancora una volta una mamma, ingenua, indipendente e a dura prova in Bang Bang Baby, serie Prime Video tratta dal libro L’intoccabile, la storia vera di Marisa Merico che nel 1988, da adolescente, scoprì di essere figlia di un boss della malavita. Dal 28 aprile, nei 10 episodi di cui si compone la serie, troviamo Lucia Mascino nel ruolo di Gabriella, una madre che ha scelto di portare via sua figlia da quel mondo. Accanto a lei, la giovane protagonista Arianna Becheroni, Dora Romano nel ruolo della nonna e Adriano Giannini nel ruolo del padre e un tempo grande amore di Gabriella. A pochi giorni dalla presentazione di Bang Bang Baby e in attesa di vederlo su Amazon Prime Video, Lucia Mascino si confida e racconta in una lunga chiacchierata tra evoluzione dei personaggi femminili, emancipazione, teatro e nostalgia anni ‘80.:

Nella serie immagino scopriremo pian piano chi è Gabriella. Come ti sei approcciata a questo ruolo? È una donna che ha rinnegato un amore che deve essere stato molto forte.

Vedere la serie mi ha immerso nuovamente in tutto questo perché chiaramente sono passati tanti mesi dalle riprese quindi partendo daccapo, ti dico che sì, sicuramente, è chiaro che emerge che è stato un grande amore, quello tra lei e il padre di Alice. Lei dice ad un certo punto nella seconda puntata: “ci sono cascata, ero giovane”, per rispondere alla domanda della figlia su come avesse potuto stare con un criminale. Chiaramente qui c’è un senso di colpa grande come una casa, tu sai che che quello che succede a tua figlia, è colpa tua. Sei tu che hai scelto quella vita, poi l’hai rinnegata, hai pensato che mentendo l’avessi risolta invece chiaramente riemerge perché funziona anche così un po’ la vita, le cose non le puoi nascondere troppo a meno che non sia un talento in quello. Sicuramente c’è questo grande amore e nel corso della serie loro si incontrano di nuovo, c’è comunque un legame con quest’uomo anche se ormai c’è la distanza. Li vediamo in due flashback nelle prime due puntate, in uno c’è lei con pelliccia bianca e occhialoni anni ‘70 che entra insieme a lui al Luna Park.In questo ricordo si capisce che lei è stata a lungo dentro quella casa, sono stati fidanzati, hanno avuto una figlia di cinque anni, lei ha abitato a lungo con quella famiglia calabrese quindi immaginiamo che ci sia stato un tempo in cui tutto questo le sia andato bene, in cui ha goduto di quella bella vita. Lei era ingenua sicuramente perché non è una persona malevola ma ad un certo punto ha capito il rischio. C’è un’altra scena in cui mia suocera, la capa della famiglia di Ndrangheta, dà una padellata in faccia all’ex marito e io copro gli occhi a mia figlia, Alice bambina e lì si capisce perché lei ha deciso di andarsene. C’è stata un’escalation di visioni di questo tipo e ha deciso di cambiare strada. Ci sono brevissimi momenti nella serie per capire l’iter che lei ha fatto fino al presente.

Protagoniste: intervista a Lucia Mascino
Bang Bang Baby: una scena della serie | photo @andreapirrellophotography

Il tuo personaggio che vuole trovare una dimensione di emancipazione mi ha fatto pensare alle mamme anni 80’ che ora magari ci sembrano ancora soggette al patriarcato ma nel loro piccolo qualcosa lo hanno fatto. Che ne pensi?

Ma lo sai che è così? è esattamente quello che ho pensato. Gabriella si ritiene una mamma e donna indipendente che parla del progresso, lo si vede nella prima scena in cui entra in fabbrica con le altre donne e rappresenta la conquista del lavoro. Alla figlia dice che quando guideremo come e meglio degli uomini, allora ci sarà la parità. Poi in realtà è una donna che ha bisogno di sostegno di qualunque tipo, continua nella sua ingenuità, si appoggia a questo tipo che lavora nelle risorse umane della fabbrica quindi di nuovo ricade in un meccanismo di dipendenza però ci prova. Mi fa pensare a certe serie degli anni ‘80 come Casa Keaton oppure film come E.T. in cui c’era la mamma separata e c’erano queste donne che in qualche modo avevano una differenza col prima, donne che avevano portato un’azione in avanti rispetto a prima.

La storia vera di cronaca a cui si ispira la storia ti ha influenzato?

No, io non c’ho voluto avere a che fare e poi la mamma era inglese. Sono una secchiona che studia tanto e a cui piace approfondire ma mi rendo conto che faccio una cosa strana quando mi preparo: non vado mai a vedere le cose originali, non leggo mai i libri da cui sono tratte le sceneggiature, ad esempio. Non so se è una forma di pigrizia o di libertà, non l’ho mai capito. Penso sempre che la mia fonte debba essere sempre solo la sceneggiatura per non fare confusione, poi la posso nutrire e arricchire il personaggio con influenze dall’esterno vedi per esempio la mamma di E.T. Non ho guardato infatti il documentario su questa storia vera e non ho letto il libro a cui si ispira, Mafia Princess. A proposito di influenze dall’esterno, ho consigliato ad Arianna Becheroni, l’attrice che interpreta mia figlia Alice, di guardare il bellissimo film di Jonas Carpignano, A Chiara.

Bang Bang Baby: una scena della serie | photo @andreapirrellophotography

Nella serie, Alice dice che all’improvviso i ricordi di infanzia che aveva cancellato per un trauma, le sono tornati alla mente tutti insieme. Mi ha fatto pensare alla frase che si usa spesso ora “Ti sblocco un ricordo”. Quali sono il ricordi vividi di Lucia Mascino negli anni ‘80?

Ne ho tantissimi. Io per esempio andavo sempre in pattini dentro casa. Ero fissata, mia madre impazziva, ci apparecchiavo anche la tavola. Li indossavo nella giornata, non li toglievo più, quelli con la scarpa da ginnastica, non i bianchi ma quelli più da strada. Poi c’era Terminator, che per me è stato il momento in cui ho visto le prime scene d’amore. Praticamente erano solo due mani che si incrociavano sul lenzuolo, ti giuro, però l’ho visto e rivisto duecento volte con le mie amiche perché lì percepivi che c’era quella cosa di cui non sapevi tanto ma sarebbe successo a breve: gli incontri amorosi. Ovviamente c’è stato Dirty Dancing, Labyrinth, La storia infinita. Gli anni ‘80 erano la leggerezza del pensiero, del tutto è possibile e nel mio caso questo coincideva con le medie ecco, quindi con un periodo in cui questa atmosfera stava bene. Di questi anni così iper colorati e positivi però, percepivo una cosa strana, che c’era qualcosa che non mi dicevano. Tutto questo iper colore non mi dava una serenità assoluta ma a ripensarci tra le canzoni, la musica, gli oggetti, c’è un effetto nostalgia. Ci sono anche brutte cose anni 80 però, tipo il cerchietto con la frangetta quella sottile. Io ho fatto tanto cerchietto. Tanto.

Tu che alla serialità devi parte del tuo successo, avendo spopolato con Una mamma imperfetta, come pensi siano cambiate le serie TV in questi anni soprattutto per le attrici e i personaggi femminili? 

Una mamma imperfetta è stata assolutamente la mia grande occasione, quella da protagonista, anche se facevo da circa 17 anni l’attrice in un altro mondo, quello del teatro e facevo delle parti piccole nei film. È un’altra cosa fare la protagonista di una serie. Io ho molto osservato l’evoluzione dei personaggi femminili, lo guardo anche attraverso Disney paradossalmente e mi pare che da Ribelle – The brave, la ragazzina dai capelli rossi, questo modello di protagonista piano piano ha iniziato a sostituire le Biancaneve e le Cenerentola della situazione. Questo succedeva ormai 10 anni fa, credo. Quindi non è una novità assoluta questo cambio di modello, dopo Brave c’è stata Vaiana e poi ultimamente la bambina colombiana di Encanto. Parlo di Disney perché si rivolge al grande pubblico.  È chiaro che sono entrati i nuovi modelli e questo è bellissimo ma, non voglio sempre lamentarmi, ma sono sempre spaventata quando una cosa è di moda perché non sono sicura che rappresenti davvero il cambiamento. Vediamo più protagoniste femminili di serie TV come La Regina degli scacchi o Anna dai capelli rossi, serie tra l’altro bellissime. Ci sono molti più ruoli e io non sono neanche una che ne conosce tantissimi però è evidente che è successo qualcosa e questo mi fa solo che piacere. Non so però se questo aumento indica davvero il cambiamento. Purtroppo per certi livelli non è veramente cambiata la società e quindi il fatto di mettere la protagonista femminile, temo che sia una moda e non un cambiamento reale e profondo. Detto questo è comunque meglio così perché dà un segnale. Nella nostra serie ad un certo punto c’è un cartello che tirano su delle donne che stanno manifestando che dice “Non siamo puttane né madonne, siamo semplicemente donne”. Ecco, io dico che ancora non siamo uscite del tutto da questo binomio. Sarebbe bello vedere un ruolo tipo Ulisse però fatto da una donna con milioni di sfaccettature, un ruolo pieno. Ancora un pezzettino si può fare.

Bang Bang Baby: una foto di scena

Non solo serie TV per te intanto perché a marzo sei tornata a teatro con un testo inglese, Ghiaccio-Frozen, scritto da una donna, Bryony Lavery. Si è sentito un tocco femminile?

Bryony è una donna tostissima tra l’altro, che a settant’anni si fa fotografare con i guantoni da pugile, una tipa pazzesca. Ci ha mandato una bottiglia di champagne dal Texas per la nostra prima. Si sente molto nel testo la sua presenza, è un testo in cui ci sono tre donne, io che faccio la psichiatra. Che ci sia un donna dietro un testo l’avevo notato anche nell’altro spettacolo che ho fatto, un monologo che si chiama Smarrimento, scritto da Lucia Calamaro. Ghiaccio non è quindi l’unico spettacolo scritto da una donna che ho interpretato quest’anno.

Perché hai lasciato il corso di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali e hai deciso di fare l’attrice?

Perché avevo la sensazione di vivere in una sala d’aspetto per il futuro. Volevo vivere il presente e quando hai vent’anni questa cosa esplode. Tutt’oggi mi da fastidio che il presente chieda una presenza e noi siamo sempre proiettati in avanti e io soffrivo di questo.