IL FUTURISMO È UN MOSAICO che “abita” in Alessandria, si trova in una piazza che sembra un museo a cielo aperto. È opera di Gino Severini
Gino Severini fu tra coloro che nel 1909 firmò, con Filippo Tommaso Marinetti, Balla, Boccioni, Carrà e Russolo, il Manifesto del Futurismo. E’ tra gli artisti più importanti e rappresentativi del Novecento e del Futurismo.
Severini (Cortona, 7 aprile 1883 – Parigi, 26 febbraio 1966) amò tutte le avanguardie artistiche, studiando tra Roma e Parigi, dove conobbe e diventò amico di Giacomo Balla, Pablo Picasso, Georges Braque, Juan Gris, Guillaume Apollinaire, Amedeo Modigliani. Non è tutto: partecipò al nascere e allo svilupparsi del cubismo, svolgendo un importante ruolo di collegamento fra gli ambienti artistici francesi e italiani, in particolar modo tra sensibilità cubiste e futuriste. Un grande. Di quelli dei quali si trova spesso la storia scritta sui libri e in pochi musei.
Talmente grande, però, che un museo e una mostra d’arte non sono sufficienti a contenerne fascino e genialità. Vanno oltre le stanze chiuse e vivono a cielo aperto.
Non ci credete? Peccato. Perché le opere di Severini sono davvero nei musei e sui libri di scuola. Ma altre sono sotto gli occhi di tutti. Basta passeggiare nella centralissima piazza della Libertà di una cittadina piccola piccola come Alessandria, per incontrare le sue opere futuriste: un enorme mosaico che illustra e celebra la città moderna, dominata da un dinamismo funzionale, da un crescente sviluppo della meccanizzazione dei servizi e dei trasporti. Parla di un futuro assolutamente reale e sperimentabile.
Si resta ammutoliti da tanta forza ed esuberanza: ti cattura lo sguardo, lo guardi camminando, fissando le tessere brillanti dei simboli che incarnano la modernità che avanza, che legano mondi lontani, rendono possibili scoperte che sono frutto di tecnologie modernissime, che rendono all’uomo la possibilità di governare il proprio presente lungo qualsiasi emisfero, in cielo, nei mari, ovunque. Anche nel futuro, non solo nel presente.
L’opera misura 37,80 metri di lunghezza per 1 metro e 20 di altezza. Racconta la storia delle comunicazioni sull’intera facciata del palazzo delle Poste di Alessandria. È collocata sulla fascia di basamento, è stata realizzata dall’artista toscano tra il 1940 e il 1941.
“Storia dei servizi delle Poste e dei Telegrafi”, si intitola così questa monumentale opera; si divide in tre parti: quelle laterali rappresentanti i continenti (a sinistra Oceania e Asia, a destra Africa e America); la parte centrale, più lunga rispetto alle altre due, è dedicata alla storia delle poste e del telegrafo.
È un tesoro inestimabile, questo mosaico a lungo dimenticato, anche se sotto gli occhi di tutti. Elegante e ardito, racconta in uno stile estroverso e dinamico (politicamente corretto), la storia delle più importanti scoperte tecnologiche di un’Italia modernamente orgogliosa di sé, fatta di telegrafi, navi, aerei, onde sonore, radio, telegrafi e telefoni…
Persino il palazzo stesso è un documento importante della cultura razionalista. Ne fu autore l’architetto Franco Petrucci (1905-1982). Fu uno dei giovani diplomati della Scuola di Architettura di Roma. A Petrucci si devono nel corso degli anni Trenta progetti che ben figurano in alcuni dei maggiori concorsi promossi dal regime per la realizzazione di opere pubbliche, e che incontrano il plauso dei sostenitori dell’architettura moderna nell’ambito dei più importanti allestimenti volti a celebrare l’ideologia fascista.
Il futurismo e la sua arte non si possono dimenticare: sono dove nessuno mai se li aspetta.
Vive e lavora a Genova, insieme ai suoi libri, dove svolge la propria attività di giornalista professionista e studiosa di storia della critica d’arte e Futurismo. Convive con la SM da 18 anni. Ama la scrittura e le parole, il figlio, la vita, la sua famiglia.
Al suo attivo molte pubblicazioni e monografie di storia dell’arte. Svolge la professione giornalistica con passione da oltre trent’anni, si muove tra la carta stampata, i nuovi media, la TV. Ama parlare delle persone, con la gente e sempre a vantaggio della cultura sociale che fa crescere e aprire occhi e cuore. “Le persone sono sempre scopo primo e ultimo della mia scelta professionale, come servizio agli altri. Senza riserve”.