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SIGNORE E SIGNORI, BATTISTA E BANETTA PRESTO SPOSI!

Lo si capisce subito, che lui, Battista Chiavari, piccolo rampollo di una potentissima famiglia della Repubblica di Genova, imparentato con Dogi e potenti, avrebbe preferito giocare con i soldatini invece che essere lì immortalato, vestito di tutto punto come un damerino, a celebrare il suo matrimonio. Sei o sette anni sono troppo pochi per giocare a fare i grandi. Eppure…

Battista e Banetta Raggi, anche se hanno appena sei anni, appartenendo a quella ridotta schiatta di Very Important Person (VIP) di un secolo importante come quello dell’Età Barocca, hanno il compito di preservare il patrimonio della famiglia a ogni costo, con il compito di essere non solo un simbolo di potere, e, di rigore, sanno che dovranno sempre essere sempre immortalati (attimo per attimo) nei momenti salienti della propria vita. Primo tra tutti, proprio quello in cui viene sancita la promessa di matrimonio tra le due famiglie e i due piccoli seienni, che probabilmente invece di passare ore e ore immobili davanti al pittore, avrebbero preferito progettare qualche marachella insieme.

E invece la loro vita fu questa. Sin dalla loro nascita, grazie alla quale fu decisa un’intesa economica e politica tra le loro famiglie. I due, poco più che poppanti, furono costretti a dichiarare davanti al mondo la loro promessa di matrimonio, per l’epoca assolutamente legittima. Manco a dirsi, le loro nozze ebbero luogo nel 1660, avevano quasi sedici anni.

Battista Chiavari e Banetta Raggi in giardino

È bellissima quest’opera di Giovanni Battista Carbone che è esposta all’interno della mostra genovese del Super Barocco.

Ma più che meraviglia esprime tenerezza e tristezza. Ce la comunicano gli sguardi dei due piccoli, obbedienti e spaventati, e ben consapevoli di essere stati inseriti, a forza, in un quadro di cui non vorrebbero essere i protagonisti.

L’opera ci offre qualche piccolo frammento di un disegno politico enorme, di cui loro sono una pedina, architettato alla perfezione in un giardino idilliaco. Ma non è un giardino qualsiasi quello in cui si trovano. Basta buttare l’occhio sul rigoglioso giardino profumato e fiorito e capisci che tutto non è solo bello, ma perfetto e assolutamente eloquente. Fiori, fontane, uccelli…. Tutto parla di gloria e magnificenza: è in questa scenografia che Banetta offre al “suo” piccolo lui un fiore d’arancio (il fiore che allude appunto alle nozze), che il cespuglio di rose al suo fianco, i fiori sacri a Venere simbolo dell’amore, non sono una bella bordura profumata di un normale giardino gentilizio; si capisce che ai suoi piedi, il pappagallo, non è un compagno di giochi, ma ha il compito di simboleggiare l’annunciazione della lieta novella dell’unione tra i due pargoli. Che la fontana con il satiro, l’acqua pura e trasparente… simboleggiano ben altro che il piacere di un bel paesaggio in cui vive una bimba.

Persino lui, Battista, anche se ha una postura meno docile e più impertinente, viene inserito in questo mondo simbolico, ritraendolo a fianco di un vaso (ripeto, un grande vaso) di tulipani, la coltura più ricercata e costosa di tutto Il Seicento; tutto allude all’elevatissimo rango dei due.

Se non lo avessimo capito dagli abiti, di seta, lino finissimo, damaschi, piume e calze rosse, sono proprio i tulipani a dirci che siamo davanti a due super ricchi, degni di essere citati da Forbes. E giusto per capirci, un solo bulbo, intorno al 1637 valeva tra i 200 e i 2000 fiorini olandesi. A titolo di paragone, una tonnellata di burro costava circa 100 fiorini e “otto maiali grassi” costavano 240 fiorini: fate voi!

Chi fu il “reporter” di questa incredibile storia? Giovanni Battista Carbone (1614-1683), che fu uno dei ritrattisti di nobili e aristocratici genovesi.

A volte capita, gironzolando tra le mostre d’arte, che certi dipinti ti tocchino più di altri. Questa storia, raccontata dai pennelli di Carbone, con caratteristiche pittoriche così simili a quelle del grande Antoon van Dyck, ci parla di “Battista Chiavari e Banetta Raggi in giardino”. Sembra una storia glamour e affascinante. Ma ogni tanto, come questa volta, tra i quadri che celebrano il secolo dei genovesi, è compreso un viaggio live nelle ingiustizie della vita.