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Non connesso: Corporate thriller di Roberto Banzato

Non connesso: Corporate thriller di Roberto Banzato

Non connesso è un noir di alcuni anni fa, esordio letterario di un collega che stimo. Roberto Banzato ha collocato la vicenda all’interno di una multinazionale, ambiente che conosce molto bene. Chi leggerà il libro, indipendentemente dall’azienda in cui lavora, non mancherà di dare un nome e un volto reale ai personaggi che l’autore descrive, perché alcune dinamiche, gli spazi, l’utilizzo del linguaggio gergale, fanno parte di un quotidiano comune a molti. Nelle vuote sere d’inverno, o nelle pause caffè alla macchinetta, potrebbe diventare un divertente passatempo.

In teoria tra genio e incapace c’è una pletora di possibili variabili di giudizio. In una multinazionale pare che  il confine sia molto labile, anche se le variabili rimangono alte, forse solo più indefinibili.  L’ho già raccontato, ma mi sembra calzante. All’esame da giornalista professionista, al candidato Giuseppe Viola, detto Beppe (quello sì un genio), Enzo Biagi, uno dei commissari, chiese: secondo lei, nel variegato mondo della democrazia cristiana, Fanfani è da collocarsi nell’area di destra o di sinistra? Giuseppe Viola, detto Beppe, rispose: dipende dai giorni. Ecco, anche nel nostro caso, dipende dai giorni. Non è una questione di cordate, come si è propensi a credere, perché i cambi di poltrona in quel caso stanno un po’ nelle cose. Chi ha la responsabilità della gestione industriale e del futuro delle persone che lavorano alle sue dipendenze ha il dovere di scegliersi il gruppo di comando che ritiene più competente e di cui si fida. Questo non necessariamente comporta la svalutazione professionale e umana di chi occupava in precedenza le stesse poltrone. Purtroppo, spesso, non è così. E Roberto Banzato, che quel mondo l’ha respirato, in Non connesso, lo descrive bene. Certo lo porta all’esasperazione, perché la vicenda che narra è un thriller e il plotter presuppone la presenza di morti ammazzati: in questo caso 4, dei quali almeno 1, l’ultimo, è ufficialmente il cattivo. Al di là della storia gialla, a mio giudizio ben costruita – tre cadaveri in azienda, prima il direttore delle risorse umane e successivamente uno dei direttori commerciali e un ex manager messo ai margini per le variabili di cui sopra, nascondono un’intricata vicenda di soldi e di potere – sono molto curati i raccordi, le storie d’amore del protagonista, le sue riflessioni sul mondo e sulla vita, soprattutto sull’onestà intellettuale, che dovrebbe essere l’unica linea guida e motore del tutto. Quello che vorrei sottolineare in chiusura è un esordio non banale. Banzato sa passare dal registro letterario a quello di genere, dosando al meglio gli ingredienti del racconto, suspense compresa. Il finale, non scontato, ne è un’ulteriore prova.