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Libro della settimana: Novella Degli Scacchi di Stefan Zweig

Libro della settimana: La Novella Degli Scacchi di Stefan Zweig

Il gioco degli scacchi impone intelligenza, visione, capacità di giocare la partita propria e quella dell’avversario prevedendo tutte le possibili mosse.

Mirko Czentovič è un ragazzo rozzo e ignorante, ha anche lombrosianamente l’aspetto e la fisiognomica del ritardato. Eppure. Eppure una sera per caso si siede alla scacchiera e inizia a vincere, fino a diventare il campione del mondo. In un viaggio in nave da New York a Buenos Aires, alcuni appassionati lo sfidano in una partita amichevole. Czentovic accetta, ma solo perché i suoi avversari a loro volta accettano di pagargli il disturbo. Il campione vince la prima partita senza il minimo sforzo. Nel corso della rivincita succede l’incredibile. Un uomo, il dottor B,  un passeggero enigmatico, si avvicina al tavolo e inizia a dare consigli agli sfidanti, che riescono così a fare patta. A quel punto è il campione a chiedere un nuovo incontro per il giorno dopo. Il dottor B prima rifiuta, non vuole questa responsabilità – in ballo ci sono sempre soldi – sono 25 anni che non gioca, ma poi acconsente, “per chiudere un cerchio”. E racconta il perché all’io narrante. Il dottor B gestiva col padre uno studio legale a Vienna, che non esercitava più l’avvocatura, ma era divenuto un insospettabile luogo di transito di documenti della casa imperiale d’Austria, negli anni in cui la Germania hitleriana voleva impadronirsi del mondo. La Gestapo aveva intuito i traffici, l’aveva arrestato e confinato in una stanza d’albergo, senza nulla se non l’essenziale: un letto, un tavolo, una sedia. Senza un libro, un giornale, un contatto umano se non quelli dei periodici interrogatori. Una tortura mentale che l’avrebbe portato alla pazzia se non fosse per un libricino che era riuscito a rubare dalla tasca del cappotto incustodito di un ufficiale tedesco. Il libro conteneva centocinquanta memorabili partite di scacchi disputate dai più forti giocatori del mondo. Non era quello che sperava ma comunque vita per la sua mente. Il dottor B impara a memoria tutte quelle partite, le immagina e le gioca decine e decine di volte su una scacchiera mentale, inventandone poi di nuove, arrivando a giocare contro se stesso. Fino all’ossessione. Un giorno i nervi gli cedono, viene ricoverato in ospedale e grazie ad un medico compiacente ottiene la libertà. Non deve però più guardare una scacchiera. Nonostante abbia paura che affrontare Czentovič possa essere devastante per la sua salute mentale, per una volta soltanto vuole provare cosa significhi giocare contro una persona reale, vuole capire se in quella stanza fosse già impazzito o se fosse ancora al di qua di quella pericolsa soglia.

Mi fermo qui a raccontare questo piccolo capolavoro di Stefan Zweig. Novella degli Scacchi, poco più di 70 pagine, è stata scritta nel 1942, poco prima del suicidio dell’autore. La critica ha letto in Czentovič il simbolo del tramonto dell’anima aristocratica, degli antichi valori destinati a soccombere di fronte a un’intelligenza arrogante, selettiva e solo per questo vincente. Czentovič non è un uomo senza qualità: è l’uomo aridamente dotato di una sola qualità, tipico dell’epoca della specializzazione settoriale. La morale che guida il suo comportamento si riduce a uno schema utilitaristico e calcolatore, prossimo alla barbarie. Può considerarsi una metafora del nazismo incombente, nonostante egli non sia un nazista, ma un ex-contadino russo che, per una coincidenza fortunata, ha potuto sviluppare un talento da cui unicamente ricava il suo successo.