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Protagoniste: Cristina Nuti sfida la sclerosi multipla e completa un Ironman

Oggi siamo a colloquio con Cristina Nuti: cinquant’anni e prima italiana con SM a passare la finish line di un Ironman

Ho un ricordo preciso della prima volta che ho incontrato Cristina: un negozio specializzato per il running a Milano che allora era anche la prima sede degli Urban Runners, era il 2016. Abbiamo corso molte volte insieme: chiacchiere, esperienze e consigli tra persone che condividono la stessa passione.

La “Cri” è solare, disponibile e riservata, non si tira mai indietro e soprattutto apprezza il lavoro e la fatica che ci vuole per ottenere dei risultati. E proprio la determinazione l’ha portata a raggiungere un obiettivo impegnativo come il primo Ironman a Klagenfurt in Austria nel 2022, che ha chiuso in 14 ore e 39 minuti! La prima italiana con SM a concludere un Ironman. Probabilmente la più incredibile gara di resistenza del mondo, di sicuro è la più lunga distanza ufficiale del triathlon, una gara estenuante che prevede: 3,8 km a nuoto, 180 km in bici e una maratona, cioè 42,195 km.

L’imprevisto

“A volte ti capitano cose nella vita che per cui devi fare reset e ripartire. Proprio come è accaduto a me quando mi è stata diagnosticata la sclerosi multipla nel 2009, avevo 37 anni. Ho in mente come fosse ieri la frase di mia madre “Vedrai, in qualche modo ce la faremo”. All’inizio è stata proprio dura, ma poi ho incominciato a informarmi sulla malattia e capire cosa potessi fare. Per mesi ho seguito la terapia, lunga e pesante, i muscoli erano indeboliti e il morale non era dei migliori, ma la voglia di farcela e la determinazione non mancavano e così ho deciso di fare attività fisica per rinforzare il fisico e migliorare l’equilibrio in modo da essere più sicura nel muovermi. Ho sempre fatto sport e raggiunto anche buoni risultati nel tennis, ma mai corso veramente. Ho scelto di iniziare a correre perché mi sembrava la cosa in quel momento più semplice da fare, prima sul tapis roulant poi all’aperto per distanze sempre più lunghe. Ho avuto ragione, stavo meglio sia fisicamente sia psicologicamente. Ero convinta che essere più forte mi avrebbe fatto superare meglio eventuali attacchi della malattia e anche quei momenti in cui le gambe cedono, si è meno saldi e inciampare e perdere l’equilibrio è un attimo”.

La prima maratona

Cristina si appassiona alle cose e dopo una laurea in Lingue straniere allo IULM ne ha conseguita un’altra in Scienze della comunicazione, ha un lavoro impegnativo, ricopre un ruolo a livello europeo in una multinazionale dell’informatica.

“La corsa è diventata parte della mia vita. E allora è naturale pensare di partecipare a delle gare, aumentare la distanza e provare a fare meglio, anche se prima non avevo mai fatto sport a livello agonistico. E nel 2017 ho corso la Milano Marathon, la mia prima maratona, con tre costole rotte, ma sono arrivata in fondo e con un tempo per niente male. Decidere di iscriversi a una maratona significa avere una data e un obiettivo da raggiungere, servono preparazione e allenamento con tabelle impegnative. Durante la preparazione ho trovato il supporto di tante persone con cui correre e che mi incoraggiavano. Arrivare al traguardo e vedere il timer davanti a te con il tuo tempo ti dà una gioia incredibile e non senti quasi la stanchezza. Ci ho preso davvero gusto e così ho partecipato a nove maratone in due anni”.

La voglia di andare avanti e dimostrare a sé stessi che si può dare un calcio alla malattia ti porta a metterti sempre alla prova, passo dopo passo, con attività più sfidanti. “Ora mi vedo come una Matrioska, in questi anni, è stato tolto uno strato per volta per trovarne un altro più forte e solido. Forse ero così anche prima, ma non lo sapevo”.

Cristina Nuti: la prima italiana con Sclerosi Multipla a passare la finish line di un Ironman!

Il triathlon la nuova passione

Nel 2019 scatta una nuova scintilla assistendo alla partenza di una gara di triathlon: nuoto, bici e corsa con lunghezze crescenti a partire dallo Sprint 750 m nuoto, 20 km bici e 5 km corsa dove le distanze aumentano fino ad arrivare all’Ironman. “Il problema vero qui era il nuoto, la disciplina in cui ero più debole, ma la voglia di farcela tanta, e allora mi sono iscritta a un corso ed è iniziata la preparazione, sette mesi dopo ho partecipato al primo triathlon. Ho continuato con altri più impegnativi fino ad arrivare all’Ironman”.

Lo sport dà molto, ma è necessario allenarsi e dedicarsi e soprattutto organizzarsi. “Quando si decide di fare triathlon le tabelle sono lunghe e molto rigorose è necessario migliorare la capacità di organizzazione, si diventa dei maghi del Tetris, bisogna incastrare tutto alla perfezione perché funzioni: lavoro, allenamenti, famiglia, amici e anche il riposo”.

Cristina non ha mai parlato della malattia con i compagni di squadra e allenamento fino alla conclusione dell’Ironman. “Non parlavo della SM per non essere considerata diversa e che fosse un alibi. Ma poi ho ascoltato il consiglio di un amico e l’ho detto, anche perché ero stufa e non aveva senso tacerlo. Ormai erano passati tanti anni e riuscivo a fare le cose che fanno gli altri e per le persone ero sempre la stessa Cri. La SM è subdola e diversa per ognuno, io sono tra i fortunati e lo so bene, ma per tutti vale che bisogna cercare di combatterla e soprattutto non demoralizzarsi”. La vita, il lavoro e lo sport vanno affrontati un passo alla volta con obiettivi sempre più impegnativi. “Completare un Ironman mi ha dato la certezza di poterlo fare e che posso fare anche tante altre cose. È stato fondamentale essere in un team che ti dà forza e con cui condividere. Il supporto della mia squadra la Cus Pro Patria Milano e anche di Obiettivo3 la società sportiva di Alex Zanardi nata per coinvolgere le persone con disabilità nello sport sono stati un aiuto importante”.

Il futuro

I progetti per il futuro sono tanti e sfidanti per quanto riguarda lo sport, ma anche nella vita. “Mi piacerebbe lavorare nella comunicazione e vorrei un lavoro che mi dia la possibilità di impegnarmi nel sociale, magari nello sport e nell’inclusività”.