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Il pisolino perfetto: le regole d’oro per un riposo ristoratore

Il pisolino perfetto: le regole d’oro per un riposo ristoratore

Dormire al pomeriggio può avere effetti positivi sul nostro stato psico-fisico a patto di rispettare alcune semplici regole. Ecco i consigli dell’esperta per un riposino perfetto

 dott.ssa Mariella Corciulo

Può accadere che il periodo successivo al consumo di un pasto (la cosiddetta fase “post-prandiale) sia legato all’insorgenza di sonnolenza. In condizioni fisiologiche o “parafisiologiche”, il fenomeno è legato soprattutto alle attività di digestione. Come spiega la dott.ssa Mariella Corciulo,  medico chirurgo specialista in medicina d’emergenza e urgenza, alimentazione e dietetica applicate ed ecografista per il  Gruppo Demetra Lifecare presso l’unità Centro Medico Sempione a Milano, in  via Melzi DEril, 26le cause più frequenti sono tre.

1. Il consumo di cibi a elevato indice glicemico (come cereali da farine raffinate o zuccheri a rapido assorbimento), specie se non associati a un adeguato quantitativo di fibre, necessarie per “tenere a bada” i valori di glucosio e la sua velocità di rilascio nel sangue. Per poter utilizzare il glucosio in circolole nostre cellule liberano insulina (ormone controregolatore) ma nella condizione nota come insulino-resistenza, l’azione dell’insulina è meno efficace  e causa un’ipoglicemia riflessa che può manifestarsi con la classica sonnolenza.

2. Il consumo di cibi ricchi dell’amminoacido triptofano (es. funghi, mandorle, anacardi, uova etc) che indirettamente può portare a un maggior rilascio cerebrale di serotonina, ormone implicato nella regolazione neuronale del sonno.

3. La dilatazione gastrica conseguente alla corrispondente fase digestiva che comporta una iperstimolazione del sistema nervoso parasimpatico in cui prevale l’azione del nervo vago (attivo  appunto nelle attività di riposo e digestione), maggiormente evidente quanto più il pasto è abbondante.

Dormire al pomeriggio fa sempre bene?

«La risposta a questa domanda non può essere univoca – spiega la dott.ssa Corciulo. – Diversi recenti studi scientifici sottolineano come il riposo pomeridiano possa correlare positivamente nei processi di riparazione cellulare e controbilanciare gli effetti negativi sulle performance fisiche e cognitive in atleti o altri soggetti che sperimentano spesso situazioni di deprivazione di sonno. Inoltre, il riposo pomeridiano, come quello notturno, incrementa la funzione cognitiva – in modo particolare la funzione psicomotoria e la memoria – la plasticità sinaptica, i processi di apprendimento e il tono dell’umore, specie nei soggetti anziani».

La ricerca, però, sottolinea anche alcuni aspetti negativi:

«La sedentarietà combinata al ricorso quotidiano a un riposo pomeridiano maggiore di 60 minuti, specie in soggetti di età avanzata, si associa a un maggior rischio cardiovascolare e di obesità».

Le regole del corretto “pisolino”

Le regole del corretto “pisolino”

Generalmente dunque è bene controllare la durata del riposo. Inoltre, è una buona norma non assumere la posizione supina subito dopo il pasto, specie in chi è a rischio di reflusso gastroesofageo.

«Se il pisolino  è effettuato a breve distanza dal pasto, la digestione rallenta e può dare adito a fenomeni di meteorismo e gonfiore addominale, favorendo anche il reflusso. È dunque raccomandabile non sdraiarsi prima di almeno un’ora (meglio se due) dall’ultimo pasto».

Anche la durata è importante. In generale la scienza dice che un riposo di 20 minuti è il rimedio più efficace per mantenere un adeguato livello di vigilanza, perché ci si sveglia da uno stadio di sonno leggero.

«Il risveglio dopo 50 minuti, invece, avviene in una condizione in cui l’inerzia innescata dal sonno è maggiore e di conseguenza le performance successive sono più inficiate. Lunghi “riposini”, inoltre, possono interferire con la durata, l’architettura e la qualità del riposo notturno».

Quando il riposino non è praticabile

Se appisolarsi non è possibile esistono comunque attività alternative che possono portare gli stessi benefici.

«Effettuare un break da un’attività lavorativa sia manuale che concettuale – spiega l’esperta – aiuta certamente a “ricaricarsi” per poter affrontare il resto degli impegni quotidiani. Attività come pratiche sportive, specie se eseguite all’aria aperta, immersi nella natura, magari associate a tecniche di rilassamento così come prendersi cura della propria alimentazione, coltivare relazioni sociali sono di sicura utilità nel miglioramento delle funzioni cognitive e devono essere sempre incentivate. Mens sana in corpore sano».

Per maggiori informazioni visita: https://www.demetralifecare.com/