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Protagoniste: Intervista a Marta Fabbri, co-fondatrice e responsabile marketing di Marlù

Intervista a Marta Fabbri, co-fondatrice e responsabile marketing di Marlù

Dal 5 al 7 ottobre, in una vera e propria oasi, il Borgo Terra Rossa, si è svolta la prima edizione del Season International Series Festival ideato e diretto da Simona Gobbi. Accanto ad attori, attrici, registe,registi e personaggi dal mondo dello spettacolo, ad accompagnare il Festival con la sua vision, un marchio di gioielli, Marlù e una donna, Marta Fabbri, tra le tre fondatrici dell’azienda, nel 2001, insieme alle sue sorelle maggiori, Morena e Monica.

Non una dunque ma tre donne imprenditrici che hanno scommesso sulla loro arte, la loro creatività e le loro capacità in una fase di vita che ci vuole spesso relegate ai ruoli di mogli e madri. Per tutte queste ragioni il percorso di Marta Fabbri ha suscitato la nostra curiosità mentre invitava gli ospiti a dire la loro sul tema portante di una delle campagne di Marlù, Keep Dreaming.

Per l’azienda di gioielli, Marta Fabbri si occupa della comunicazione ma a noi di Pink Society ha raccontato tutta la sua storia per poi dirci la sua su cosa significhi essere imprenditrici e donne, oggi in Italia.

Chi sei tu, chi è Marta Fabbri?

Prima di tutto una sorella, poi una moglie e una madre, anzi direi prima mamma e poi moglie perchè sono “cuore” di mamma. Sono una persona a cui piace tantissimo sognare, sorridere, mi hanno sempre detto che rido sempre, fin da quando ero piccolina perché secondo me la vita va affrontata con il sorriso anche nelle difficoltà. Poi, in maniera contraddittoria, sono chiamata anche Fatima perché piango sempre ma è per via delle emozioni che fanno parte della mia vita e che mi guidano in tutto quello che faccio.

Come arriva Marlù ad indirizzare il tuo essere?

Io sono un architetto però le mie sorelle avevano creato questa azienda, l’ha creata mia sorella più grande in verità, perché un episodio della sua vita le ha fatto prendere questa decisione. Ha coinvolto la seconda sorella ( io sono la più piccola) perché stava rientrando nel mondo del lavoro dopo aver avuto due figli. Io stavo studiando architettura a Firenze e a me hanno chiesto di fare i cataloghi, facevo le foto e i primi disegni. Ci sono sempre stata per loro, proprio forse un po’ con la mia arte che non è creare gioielli perché di quello se ne occupa mia sorella ma è la comunicazione.

Per il nostro primo stand, a Milano, io avevo disegnato i gioielli con i gessetti sopra dei fogli. Noi siamo nate così. Le ho sempre seguite finché un giorno, mentre seguivo il mio sogno, quello di creare spazi, mi hanno detto: “vieni, abbiamo bisogno di fare ordine”. È stata una sfida importantissima, non era il mio campo, era quello di mia sorella quindi è stato un po’ un salto nel buio, lasci quello che è certo per te e che tu sei certa di saper fare e investi tutto nel talento di tua sorella pensando a cosa puoi portare tu per far crescere quella realtà. Oggi ti dico che è stata una scommessa vincente. Tre caratteri diversi, ci occupiamo ognuna di un settore diverso e io ho potuto incanalare tutta la mia creatività nella comunicazione. Ho scoperto che è bellissimo avere la possibilità di poter parlare agli altri.

Non parlo mai di gioielli ma sempre invece di quello che noi possiamo dire e fare e che i nostri gioielli possono fare. Io dico sempre che vendiamo sogni ed è forse banale però questa è la forza delle nostre creazioni. Non è la loro forma o la loro bellezza ma secondo me hanno un’energia dentro che viene da tutte e tre, dalla forza di queste tre sorelle che litigano tantissimo, con un papà fortissimo che è mancato 10 anni fa, la nostra colonna che ci ha insegnato a non avere paura di niente.

Ci faceva spostare gli aratri quando eravamo piccole, lui diceva a chi ci metteva in dubbio: “le mie figlie lo possono assolutamente fare, non è cosa da soli uomini”. Era lui che portava tutto il peso ma ci faceva credere che lo stavamo facendo noi. Queste cose ti restano, ti danno l’imprinting. Ti creano quelle stanze in cui ti vai a rifugiare quando pensi di non riuscire e lì trai la forza.

Marlù siete voi tre sorelle?

Marlù sono i figli di mia sorella, Marco e Lucia, perché dopo la nascita della seconda figlia ha dovuto fare la scelta tra il cambiare vita e l’aprire una propria azienda. Lei ha deciso di scommettere su se stessa ed ha chiamato l’azienda con l’unione dei nomi dei suoi figli. Quando ha creato Marlù, la piccolina aveva due mesi.

Come descriveresti l’essere artista ed imprenditrice oggi per una donna? Come sono cambiate le cose in questi ultimi anni?

Io non amo nulla che sia convenzionale, tutto quello che faccio è un po’ forse fuori dagli schemi o comunque non troppo in linea con quello che le aziende del nostro settore, volendo, fanno. Non è stato semplice, tu dici per noi donne ma io aggiungerei anche tra donne di diverse generazioni. Per me è stato difficilissimo farlo accettare. Credo però che i tempi siano maturi per poter essere creativi, imprenditrici e potersi esprimere ed avere il coraggio di percorrere delle strade diverse da quelle che uno pensa possano sicuramente portare al successo. A me non piacciono le cose semplici, quelle che si possono realizzare questo sì, perché sono una persona a cui piace mettere in campo i progetti. Volo con la fantasia però so quasi sempre che posso realizzarlo e non mi limito perché il limitarsi significa poi magari rischiare di non fare la cosa più bella. Punto alla semplicità, il parlare direttamente con le persone. Da sempre dico che dobbiamo dare del tu al nostro pubblico, dobbiamo parlarci. Tutti i nostri follower sono verissimi. Guardo le chat tutte le sere, anche se abbiamo chi si occupa dei nostri social, perché è importantissimo capire l’umore, cosa sta succedendo, che cosa pensano di noi. Non possiamo perdere il contatto con le persone, è fondamentale.

E poi, essere imprenditori che fanno questo lavoro dà la possibilità di far vivere esperienze alle altre persone e questo fa un po’ parte del mio carattere perché a me piace tanto donare. Lo faceva mio papà e io appena posso lo faccio, aiuto, da sempre. Sono sempre stata in parrocchia, in comune, ho fatto anche il sindaco di un piccolo paese, Montegiardino, a San Marino, per 8 anni. Ho ricoperto questa carica che non è politica perché siamo pochi ma in qualche modo ti prendi cura degli altri, diventi il punto di riferimento di cui le persone si possono fidare. Questo mi ha sempre aiutato, anche tanto poi dopo, nelle scelte che ho fatto per la comunicazione e nei progetti di cui diventiamo partner.

Consegna del Premio “Marlù per il sociale”  ai ragazzi di “Mare Fuori” Antonio D’Aquino e Giovanna Sannino, e a Giovanni Nasta di “Viola come il mare”, “Speravo De Morì Prima”, “Buongiorno Mamma!” e “Che Dio ci aiuti”.

Perché associare Marlù, come in questo festival, al cinema, alle serie, all’audiovisivo e le arti in generale?

Perché gli attori, cantanti o qualsiasi tipo di artista possiedono una forza comunicativa importante e di solito sono persone fortemente empatiche. L’empatia è uno strumento meraviglioso se usato nel giusto modo, può essere utilizzato per trasmettere messaggi importanti per educare ed essere più vicini ai ragazzi. Io spesso cerco di veicolare dei messaggi attraverso le persone più vicine al destinatario.

Trovo molto bella questa forza che hanno gli artisti di interpretare umori diversi, ruoli diversi e di arrivare alle persone e io quello che vorrei è arrivare alle persone anche con tutto quello che facciamo.

E con il progetto Marlù “Keep Dreaming”, inviti a continuare a sognare.

Al Season International Series Festival ho detto una cosa per la prima volta: quasi tutti pensiamo che sia facilissimo sognare, ma più andiamo avanti e più le nuove generazioni fanno sempre più fatica a farlo. Hanno meno spensieratezza, forse a causa di tutti gli input che arrivano dai social e secondo me l’hanno un po’ persa questa forza del poter sognare liberamente, del credere di poter fare qualsiasi cosa uno desidera fare. Bisogna incitare i giovani ad impegnarsi e provare. Questo è un messaggio che abbiamo usato in passato con Marlù.

È importante inoltre per noi che i giovani capiscano che è bellissimo essere se stessi ed è importante. Il claim della Marlù è infatti “Marlù, diversamente tu” a sottolineare la bellezza della propria unicità.

È importante dirlo e per un’azienda forse trattare la comunicazione e il marchio come lo facciamo noi è molto complicato però secondo me il pubblico lo capisce perché c’è affezione al marchio e non al prodotto.

E poi io per scelta (ed ho combattuto tantissimo) non ho mai voluto testimonial per Marlù. Ho collaborato con persone famose ma non ho mai preteso e mai messo in evidenza che indossassero i nostri gioielli e questo secondo me è fondamentale. Anche la nostra campagna è fatta di visi con espressioni diverse perché rappresentano le nostre diversità.

Ognuno può essere protagonista del proprio look, scegliendo i propri colori, i propri gioielli e il proprio stile e non perché qualcuno ha indossato quel gioiello che allora diventa bello.

Marta Fabbri con il pubblico di Season

Cosa sono dunque i gioielli per Marta?

In questi giorni sono delle meravigliose parole che cercano di parlare al cuore delle persone.