L’Europa verso un nuovo modello di sostenibilità: l’industria degli imballaggi a un bivio
La sostenibilità ambientale ha raggiunto un punto di svolta decisivo nell’Unione Europea. Con le nuove regolamentazioni UE in arrivo, l’intero settore degli imballaggi si trova di fronte a un futuro incerto, con impatti che si riverberano su tutta la catena del valore, dalla produzione al consumo.
Ambiente o Economia? Il Dilemma del Nuovo Regolamento UE
Gli obiettivi dell’UE sono chiari: entro il 2030, il 20% delle bevande confezionate dovrà essere contenuto in imballaggi riutilizzabili. Questa è solo una delle molteplici misure previste, inserite nella proposta del nuovo regolamento UE che includono:
- La vendita di bevande sfuse in bicchieri riutilizzabili entro il 31 dicembre 2027.
- Il divieto di un’ampia varietà di imballaggi monouso, che interessa diversi settori, dall’ortofrutta ai cosmetici.
- L’istituzione di target precisi per la percentuale di materiali riciclati utilizzati negli imballaggi.
La riforma, orientata a privilegiare il riuso sugli imballaggi rispetto al riciclaggio, solleva serie preoccupazioni tra i produttori di cibi e materiali plastici. Questa direzione rischia di essere un duro colpo per il settore delle insalate in busta, che in Italia vale oltre un miliardo di euro. I produttori lamentano la mancanza di materiali rinnovabili economicamente sostenibili alla plastica monouso e temono un aumento dei costi di produzione che inevitabilmente si rifletterebbe sui prezzi al consumo.
La discussione finale sul regolamento è prevista nelle sessioni plenarie del Parlamento Europeo, tra il 20 e il 23 novembre. Qui, si deciderà il destino di queste direttive che potrebbero riscrivere le regole del mercato degli imballaggi.
Investimenti significativi e dubbi sull’impatto
La visione dell’Unione Europea per un’economia più verde si traduce in numeri impegnativi per gli operatori economici. Secondo Assobibe, l’associazione che rappresenta i produttori di bevande analcoliche, saranno necessari investimenti notevoli per adattarsi alle nuove normative. Si stima che la sola implementazione di centri di raccolta e la gestione del reso dei contenitori richiederebbero un investimento iniziale di tre miliardi di euro, a cui si aggiungerebbe un miliardo per lo sviluppo di un sistema informatico di gestione delle cauzioni.
Piccole Imprese alla Prova del Nuovo Corso Regolamentare Europeo
Gli effetti delle nuove normative, sebbene guidati da intenzioni sostenibili, rischiano di colpire particolarmente l’Italia e le sue piccole imprese. La Confederazione Nazionale dell’Artigianato e della Piccola e Media Impresa (CNA) sottolinea come il regolamento non consideri adeguatamente i contesti nazionali né l’impatto sulle piccole realtà imprenditoriali che costituiscono gran parte del tessuto produttivo italiano. La CNA auspica quindi che l’esame plenario possa apportare modifiche cruciali, specialmente per quanto riguarda i target di riuso e i divieti per gli imballaggi monouso, in quanto l’utilizzo implicherebbe un utilizzo massiccio di energia.
L’Italia, in questo contesto, si distingue per aver già superato gli obiettivi di riciclo degli imballaggi post-consumo fissati dall’UE per il 2025, segno di un sistema di raccolta e riciclo dei materiali avanzato e efficiente. Ma nonostante questi risultati lodevoli, le piccole e medie imprese esprimono forte preoccupazione per l’impatto economico delle nuove direttive. Chiedono, quindi, misure di supporto e l’accesso a imballaggi che rispettino i nuovi standard a prezzi accessibili.
Consumi e impatto ambientale
In numeri concreti, la produzione di plastica in UE rappresenta il maggiore utilizzo di petrolio e gas nel settore petrolchimico. Nel 2020, il 38% del gas e il 22% del petrolio utilizzati nell’UE provenivano dalla Russia, sottolineando un legame che l’attuale crisi rende particolarmente problematico. Se l’UE riuscisse a dimezzare la quantità di imballaggi in plastica sul mercato entro il 2030, raggiungendo un tasso di riciclo del 90%, potrebbe ridurre significativamente i consumi di gas e petrolio. Più precisamente, ciò si tradurrebbe in un risparmio di 6,2 miliardi di metri cubi di gas e di 8,7 milioni di tonnellate di petrolio rispetto al 2020.
I dati parlano chiaro: solo la produzione di imballaggi in plastica richiede il consumo di 10 miliardi di metri cubi di gas fossile e 14 milioni di tonnellate di petrolio, equivalenti al consumo totale di metano dell’Ungheria. Con la riduzione proposta, l’UE potrebbe tagliare di un quinto i combustibili fossili destinati alla produzione di plastica, equivalendo a una riduzione del 4% del consumo industriale di gas fossile nell’UE rispetto al 2020. Questo ridimensionamento del bisogno energetico non solo allenterebbe la tensione geopolitica ma avrebbe anche l’effetto di proteggere le comunità e gli ecosistemi più vulnerabili, dimostrando l’impegno europeo nella lotta alla crisi climatica.
Le imminenti decisioni dell’UE sugli imballaggi influenzeranno notevolmente sia l’ambiente sia l’economia, cercando un equilibrio tra sostenibilità ambientale e realtà economica delle imprese.
Fonte: https://www.contatti-energia.it/news/leuropa-svolta-per-imballaggi/
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