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Protagoniste: ANTONIA – Intervista a Chiara Martegiani, Chiara Malta e le autrici Carlotta Corradi ed Elisa Casseri

ANTONIA - Intervista a Chiara Martegiani, Chiara Malta e le sceneggiatrici Carlotta Corradi ed Elisa Casseri

Dal 4 marzo su Prime Video c’è Antonia, un’ironica serie dramedy in sei episodi che ruota intorno a una giovane donna in fuga dal dolore e da se stessa. Ne abbiamo parlato su Pink Society con la sua ideatrice e protagonista Chiara Martegiani, con la regista Chiara Malta e le autrici del soggetto e delle sceneggiature Carlotta Corradi ed Elisa Casseri.

Antonia spesso si prende cura degli altri per non pensare a se stessa. Questa serie contribuisce un po’ a disinnescare quel “ci siamo abituate”, a dire: dobbiamo disabituarci?

Si è ora, basta! Noi non siamo abituate a niente, fa comodo pensare che forse ci siamo abituate ma penso che a certe cose non ci si abitui mai. Sì, questa serie può disinnescare questo processo, speriamo, me lo auguro.

La serie mostra molto bene quali sono le conseguenze di una letteratura del superpotere della donna. Di chi ci dice che non c’è limite ai nostri superpoteri, alla nostra forza.

Abbiamo cercato di raccontare una donna piena di difetti, meravigliosamente imperfetta, a cui non frega niente di essere giusta e questa è la grande forza di questo personaggio: non gliene frega niente di avere dei figli, non le frega niente di crescere. Da questo punto di vista lei sembra molto libera, poi non lo è chiaramente, perché credo che la libertà è una cosa che si acquisisce attraverso le consapevolezze. Per essere realmente libere però siamo partiti da questo e quindi sì credo che siamo riusciti in Antonia a toglierci dall’immaginario la donna che deve essere sempre perfetta con i super poteri, forte, che arriva dappertutto e lei non lo è ma non c’è nessun giudizio anzi, la cosa interessante e forte di questo personaggio è proprio questo.

Non è un superpotere anche dichiarare la propria fragilità?

Sì, assolutamente come lo è anche l’accettazione di noi stesse. Quello credo che sia un grande potere, il dire: io sono fatta così, prendere o lasciare.

La diagnosi di endometriosi è il punto di partenza ma anche di arrivo per certi versi?

Concordo, hai qualcuno che ti dice che non sei pazza. Questo è il problema di questa malattia, che magari ti danno della matta o comunque di quella che c’ha la soglia del dolore basso e quindi è normale soffrire di dolori mestruali. È un punto di partenza ma da una parte è anche un grande punto d’arrivo a dire finalmente un motivo c’è. Poi da qui si parte e si riparte.

C’è chi dirà o scriverà che è un racconto al femminile. Quanto è importante per te che sia definito tale e quanto invece è importante che grazie a dei personaggi come quelli maschili, si parli di tutto l’universo delle relazioni?

Sì, è una serie al femminile ma non solo, un po’ perché comunque parliamo delle donne ma non è che sia un progetto che possono vedere solo le donne anzi, all’interno ci sono dei personaggi maschili molto interessanti che secondo me gli uomini dovrebbero vedere. Secondo me è un progetto universale e io l’ho sempre visto così, non ho mai pensato a una serie solo per donne. Spero che alcune si possano ritrovare in Antonia perché credo che insomma Antonia abbia dei lati del suo carattere in cui molte donne ci si possono ritrovare. Spero che lo vedano le donne che hanno l’endometriosi magari, che possano anche solo vedere che c’è un progetto che parla di questo, che c’è l’attenzione su questa cosa anche se non è il tema principale però intanto se ne parla.

Intervista a Chiara Malta (regista), Elisa Casseri (autrice) e Carlotta Corradi (autrice)

Siete state tutte un po’ tutte Antonia, per scrivere e dirigere meglio?

Elisa: Noi in scrittura prima e abbiamo trascinato poi anche la regista, ci chiamavamo le Antonie anche perché era divertente portare in un personaggio tantissime cose che poi vanno in contraddizione come vanno in contraddizione in Antonia. Ci siamo calate e quindi abbiamo fatto sia le nostre esperienze pregresse sia anche nuove insieme. Siamo andate da una psicologa con Carlotta, io fingevo di essere Antonia, la psicologa si è prestata e ci ha detto le le cose che veramente avrebbe detto ad Antonia se l’avesse avuta davanti. Poi il viaggio sciamanico e tutte le altre esperienze sono state formative e disgreganti e questa ci ha permesso di dare alla serie quel tipo di tono.

Carlotta: poi all’inizio ci eravamo tutte trovate sul fatto che per qualche strano motivo (oppure la bibbia era stata scritta molto bene) tutte avevamo avuto questa crisi del 33º anno di vita quindi veramente forse è l’anno della crescita in cui tu devi lasciare delle cose dietro, devi soffrire, devi scoprire delle cose però devi fare uno scatto.

Chiara: per essere onesta io non ho trent’anni e sto ancora aspettando che arrivi l’età adulta. Se questa fosse resa un po’ più accessibile dagli schermi forse ci sentiremo tutti un po’ più grandi perché visti i modelli non arriva mai quest’età adulta. In questo senso ci sentivamo un po’ tutte Antonia, io compresa, nonostante abbia 10 anni più di Antonia.

La serie mostra molto bene quali sono le conseguenze di una letteratura del superpotere della donna. Di chi ci dice che non c’è limite ai nostri superpoteri, alla nostra forza.

Carlotta: per dire una cosa sciocca, io vengo sempre presa in giro da Elisa che riesce a fare più cose insieme perchè non rispondo al cliché della donna multitasking in opposizione all’uomo. Io se sto scrivendo un messaggio, non riesco a fare nient’altro per esempio. Tutte e tre penso abbiamo la stessa visione su femminile e maschile, che sono come due elementi a cui abbiamo dato questi nomi ma che si mescolano dentro le persone in parti uguali oppure con pesi diversi.

Chiara: e poi in regia non c’è niente di più eccitante del distruggere i cliché e trovare una voce unica, originale. La verità è che pensiamo tutti che molti di questi attributi femminili siano dei cliché però ce li portiamo appresso come valigie ingombranti.

So che quando abbiamo pensato alla figura di Antonia e come metterla sullo schermo, c’era questa idea del maschile, di scolpirla con questa giacca oversize, come una corazza maschile più grande di lei,per proteggersi anche un po’ dal mondo, con gli occhiali da sole e l’aria un po’ alla Tom Waits che ha dormito poco. Poi piano piano bisognava spogliarla come una cipolla per andare poi all’essenza, a qualcosa di intimo che appartiene al personaggio, non direi al femminile, è Antonia.

Questa serie contribuisce un po’ a disinnescare quel “ci siamo abituate”?

Chiara: in realtà non siamo abituate a niente, neanche gli uomini sono abituati, perché abituarsi non è giusto. Io trovo che oltre che ad abbattere clichet, è anche molto esaltante gridare all’ingiustizia, è un modo di espressione della verità.

Elisa: c’è un’immagine precisa riferita a quello che dicevi prima che sono le pubblicità degli assorbenti. La narrazione era proprio era proprio “Tutto quello che puoi che puoi fare in quei giorni”. invece disgreghiamo quello perché una malattia come l’endometriosi ha proprio quel problema li, del dolore e di chi ti dice ‘ma dai, lo hanno provato trovato milioni di donne prima di te, possibile che a te ti distrugge?’. Sì, a me distrugge!.

Carlotta: la donna è associata a questa cosa del dolore fin dalla Bibbia, partorirai con dolore. Ci sono ancora persone che ti dicono che non devi fare l’epidurale perché devi ‘sentire’. Questa però è una cultura vecchia, non ci si può abituare al dolore, i medici, quelli bravi ( noi tutte abbiamo incontrato il ginecologo cattivo) ti dicono che non ti devi abituare al dolore.

Chiara: come dicono gli psicoanalisti “non esiste la fatalità”. Uno è sempre in tempo di prendere in mano le cose, prendere delle decisioni. Quello che mi piaceva molto nella sceneggiatura che hanno scritto loro, è questo percorso che va da oggetto a soggetto e infine poi comincia a costruire la propria identità. Finché sei oggetto non costruisci niente, la costruiscono gli altri per te.

Foto courtesy of Prime Video