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Infertilità femminile e desiderio di maternità: malattia o capriccio?

Infertilità femminile e desiderio di maternità: malattia o capriccio?

Il 22 aprile si è celebrata la Giornata nazionale della salute della donna per promuovere l’informazione, la prevenzione e la cura della salute femminile. In questo contesto, è importante riflettere anche sulla salute riproduttiva: l’infertilità è una malattia che dà diritto a cure specifiche o la maternità da realizzare “a tutti i costi” è solo un capriccio, come alcuni luoghi comuni ancora sostengono? Ne parliamo con la dottoressa Alessandra Vucetich, specialista in ginecologia e ostetricia

La Giornata nazionale della salute della donna, indetta dal Ministero italiano della salute per il giorno 22 aprile, promuove iniziative di informazione e prevenzione per la tutela della salute femminile come valore fondamentale per lo sviluppo della nostra società. In questo contesto, la salute riproduttiva è un argomento cruciale e che merita un approfondimento specifico, in quanto le donne affette da infertilità sono ancora troppo spesso vittime di pregiudizi relativi alle scelte nella gestione del proprio progetto di genitorialità.

Infertilità: è una malattia?

Nel nostro Paese, circa il 15%1 delle coppie soffre di infertilità, nel mondo, invece, questa percentuale scende al 10-12%, senza una particolare differenza nell’incidenza tra paesi più o meno sviluppati2, nei quali il costo di un singolo trattamento di procreazione assistita può essere più elevato del reddito medio annuo di una persona3.
Anche nei paesi occidentali più avanzati, dove le cure sono più accessibili, resistono false credenze secondo le quali, non trattandosi di un problema che mette a repentaglio la vita di una persona, l’infertilità non merita cure dedicate e il desiderio di genitorialità “a tutti i costi” viene percepito come un capriccio.

Perché avviene questo? L’infertilità è o non è una malattia?

Studi scientifici dimostrano che nella nostra società avere figli equivale, per molti, a vivere una vita piena, facendo sentire le coppie senza figli incomplete. Mentre per molti anni la salute mentale non è stata considerata un aspetto fondamentale del benessere delle persone, oggi l’attenzione è cresciuta: l’organizzazione mondiale della sanità (OMS) mette sullo stesso piano salute fisica e mentale, e sappiamo che non potere avere figli, per le coppie che lo desiderano, può essere causa di stress prolungato, ansia, depressione e sensi di colpa4.

Per l’OMS l’infertilità, inoltre, è una vera e propria malattia, definita con il mancato raggiungimento di una gravidanza dopo 12 mesi di rapporti sessuali regolari non protetti, o anche meno se l’età femminile è superiore ai 35 anni. Anche stili di vita scorretti, abuso di alcol e droghe, fumo hanno impatto sulla salute riproduttiva delle persone e meritano di essere gestiti mediante programmi di informazione e prevenzione.

Infertilità femminile: volerla curare e risolvere è solo un capriccio?

Sebbene i dati ci dicano che i casi di infertilità coinvolgono in percentuali importanti anche l’uomo (20% dei casi) o entrambi i membri della coppia5 (19% dei casi), sopravvive ancora oggi lo stigma sociale legato in modo specifico alla condizione di infertilità femminile, come se “la colpa” dell’infertilità, anche idiopatica, ossia senza cause identificate (16% dei casi), o di coppia, fosse sempre femminile.

A questo si aggiunge il pregiudizio legato alla scelta della donna di accedere ai trattamenti di procreazione medicalmente assistita (PMA) di tipo omologo (con i propri gameti) o, ancor di più di tipo eterologo (con gameti da donatrice) per potere conseguire il progetto di genitorialità.

Come se il ricorso alle cure rappresentasse un atto egoistico, un desiderio di maternità a tutti i costi, anziché un legittimo tentativo di risolvere una patologia per potere sviluppare il proprio progetto di genitorialità. Pregiudizio che spinge molte donne e coppie a non svelare neppure a genitori, parenti e amici più stretti che si è dovuto ricorrere a un aiuto medico per potere risolvere il problema dell’infertilità, con conseguente aumento dello stress.

Persino il percorso di preservazione della fertilità mediante il congelamento di ovociti (noto come “social freezing”), da impiegare più avanti nel tempo per cercare di diventare mamma, non è esente da pregiudizi.

Il peso di questi pregiudizi diventa ancor più significativo osservando i dati relativi al calo delle nascite6 in Italia: la diminuzione, rispetto al 2022, è di 14mila unità (-3,6%). Dal 2008, ultimo anno in cui si è assistito in Italia a un aumento delle nascite, il calo è stato del 34,2%. Tale fenomeno è determinato sia da una importante contrazione della fecondità, sia dal calo della popolazione femminile in età riproduttiva e soprattutto, dalla crisi causata dall’aumento del costo della vita: la maggior parte delle donne, per ragioni sociali, culturali, lavorative prende o è costretta a prendere la decisione di fare un figlio dopo i trent’anni, mentre sappiamo che il declino drastico della fertilità femminile avviene già a partire dai 35.

“In questa importante giornata, dedicata alla salute della donna, il nostro augurio è che ci siano sempre più attività di informazione volte a fare comprendere che la salute riproduttiva della donna e della coppia è meritevole di cure e attenzioni come qualsiasi altra patologia che possa impedire alle persone di vivere la loro vita a pieno, nelle migliori condizioni possibili”. Conclude la dottoressa Alessandra Vucetich, specialista in ostetricia e ginecologia e Membro dell’equipe medica del Centro di Procreazione Medicalmente Assistita della Casa di Cura La Madonnina di Milano, parte del Gruppo San Donato, che opera in partnership con Clinica Eugin.


1 Fonte ISS

2 Fonte WHO, 2023, article “1 in 6 people globally affected by infertility”.

3 Fonte WHO, 2023, article “1 in 6 people globally affected by infertility”.

4 “Psychological Problems Related to Infertility.” Aanchal Sharma and Deepti Shrivastava. Cureus, 2022

5 17° report ISS, Attività del registro italiano procreazione medicalmente assistita

6 Dati ISTAT