Il coraggio dell’imperfezione: la maternità autentica di Margot Sikabonyi

La maternità senza filtri raccontata da Margot Sikabonyi tra fragilità, forza e verità condivise. Un messaggio potente per tutte le donne.
Incontro con Margot Sikabonyi all’evento “Dal Corpo alla mente: una corretta gestione della NVP per il benessere della futura mamma” – Milano, novembre 2025
L’ho vista tra la folla, immersa nel brusio caldo della sala.
Un attimo soltanto, e quel sorriso – familiare, dolce, riconoscibilissimo – ha attraversato la distanza come un richiamo.
Era Margot Sikabonyi.
Non la Maria di Un medico in famiglia, ma la donna: intensa, presente, vera.
E già da quel primo sguardo si intuiva ciò che avrei scoperto di lì a poco: la sua capacità rara di raccontare la maternità senza veli, senza finzione, senza il filtro della perfezione che troppo spesso la avvolge.

La maternità reale, quella che non si vede nelle immagini patinate
Quando Margot parla delle sue tre gravidanze, lo fa con una sincerità che tocca e scuote.
Non cerca di edulcorare, non smussa gli angoli.
Racconta la nausea che l’ha piegata nel primo trimestre, la debolezza, il senso di colpa, l’impossibilità di fermarsi perché la vita – lavoro, impegni, aspettative – continuava a scorrere.
Racconta episodi quotidiani che diventano simbolo di una verità spesso taciuta: un taxi fermato all’improvviso per un’ondata di nausea, la fatica di arrivare comunque a teatro, la sensazione di non potersi tirare indietro mai, nemmeno quando il corpo gridava.
Una gravidanza, dice, “è una richiesta continua e non ci si può sottrarre”.
E poi c’è la terza gravidanza, arrivata dieci anni dopo la prima, con un corpo più maturo, una vita diversa, tre figli da tenere insieme come fili preziosi ma tesi.
La fatica enorme, il sonno che manca, le esigenze diverse di un figlio alle soglie dell’adolescenza, di un bambino nel pieno della sua energia e di un neonato che chiede presenza totale.
Eppure, in mezzo a questa complessità, ogni parola tradisce un amore adulto e silenzioso, più consapevole:
“È un attimo… e quello ha già dieci anni. Stavolta me lo sto vivendo con più presenza.”

L’imperfezione come verità nascosta della maternità
Margot lo ripete più volte: la maternità non è ciò che ci hanno insegnato a immaginare.
Non è quella narrazione edulcorata dove la donna incinta deve essere radiosa, felice, immune alla fatica.
Non è la versione idealizzata in cui nausea e vomito diventano un dettaglio romantico da film.
Nella vita vera, quella quotidiana, quella che si consuma tra notti in bianco e sensi di colpa, la NVP può essere un ostacolo serio, una sofferenza che scardina l’idea che “tanto è fisiologico”.
Ma soprattutto, c’è un altro peso: il silenzio.
Il giudizio.
La convinzione che se una donna è incinta, deve anche essere felice. Sempre.
“Mi sentivo inadeguata”, racconta riferendosi ai social.
“Inadeguata come donna, come madre, come persona.”
È in quel momento che ha scelto un atto rivoluzionario: farsi vedere davvero.
Mostrare fatica, confusione, errori.
Raccontare ciò che molte vivono ma non riescono a dire.
La risposta delle donne è stata immediata, potentissima:
“Mi sento meno sola.”
“Grazie, mi hai liberata.”
E quelle parole, confida Margot, erano una liberazione anche per lei.
L’imperfezione come linguaggio: il nuovo spettacolo “Sante Scandalose”
In questo percorso di rinascita e consapevolezza, Margot porta dentro di sé un progetto artistico che sembra rispecchiare perfettamente il suo modo di leggere la maternità: Sante Scandalose, tratto da un testo di Erri De Luca, in cui sarà sia regista sia interprete.
È un’opera dedicata a figure femminili lontane dall’iconografia classica della “santa”: prostitute, visionarie, donne ai margini. Imperfette, irregolari, scandalose. E proprio per questo, profondamente umane.
“Mi rispecchio moltissimo in questo concetto,” spiega. “Sono sante che non corrispondono all’immagine ideale. Esattamente come noi donne, come noi madri: piene di contraddizioni, di domande, di fragilità.”
Portare in scena queste figure diventa allora un gesto culturale e politico:
rompere l’immaginario della perfezione, restituire sacralità alle crepe, celebrare ciò che nella vita reale spesso si tenta di nascondere.
E nel suo racconto, è evidente: la maternità, come l’arte, non è fatta di modelli impeccabili, ma di autenticità.
La rete invisibile che tiene insieme le madri
Per Margot, ciò che fa davvero la differenza nella maternità non è la perfezione, ma la connessione.
Una rete di donne che si ascoltano, che non si giudicano, che si dicono la verità.
Mentre parla, Margot apre un varco che molte donne aspettavano da tempo: quello in cui riconoscere che la maternità è un luogo complesso, anche duro, e che ammetterlo non significa non amare i propri figli.
Significa amarli meglio.
Significa amare se stesse.
Per lei, creare una rete tra madri è un atto salvifico:
“Non siamo educate alla maternità reale. Nessuno ci insegna come si fa. Siamo spesso sole. E anche tra donne, a volte, non c’è ascolto.”
E allora propone una nuova narrazione: non quella del sacrificio silenzioso, ma quella dell’appoggio reciproco, dell’autenticità, del permesso di dire “non ce la faccio”, senza vergogna.
La cura che nasce dal respiro
Accanto al suo lavoro artistico, Margot porta avanti percorsi dedicati alle madri: uno spazio per ritrovare centratura, ascolto, strumenti concreti per non annegare nelle richieste continue che la maternità impone.
“Abbiamo mezzi straordinari dentro di noi”, dice. “Nessuno ce li ha mai insegnati, ma sono reali, funzionano.”
Lo yoga, la meditazione, la mindfulness non come mode, ma come gesti di sopravvivenza gentile.
Micro-rifugi di respiro per tornare a sé.
“Non siete sole.” Il messaggio più rivoluzionario
In un mondo che ancora pretende madri perfette, Margot porta una verità semplice e profondamente liberatoria:
non siete sole.
Non lo siete quando vi svegliate dieci volte per notte.
Non lo siete quando le nausee vi tolgono ogni energia.
Non lo siete quando vi sentite inadeguate, giudicate, o semplicemente stanche.
Chiedere aiuto è un atto di forza.
Parlare è un atto di cura.
Sostenersi è un atto d’amore.
La maternità non chiede perfezione.
Chiede verità.
E Margot, con la sua voce autentica, con quel sorriso che ho riconosciuto da lontano, ci ricorda che la verità delle donne è più potente di qualsiasi ideale.
Guarda il servizio completo di Pianeta Salute TV: vivere mesi con nausea costante può generare isolamento, ansia e una profonda sensazione di solitudine. L’attrice Margot Sikabonyi, condividendo il suo vissuto, racconta come parlare apertamente dei propri sintomi abbia permesso ad altre donne di sentirsi meno sole, rompendo il silenzio e i tabù legati alla maternità considerata “perfetta”.

Direttore di Pink Society
Direttore scientifico di Pianeta Salute 2.0 trasmissione TV, biologa, giornalista pubblicista, avida lettrice, amante del cinema e delle maratone TV, ha l’animo della viaggiatrice e spera di poter tornare a farlo presto in serenità ♥




