Libri: La gente non stanno bene di Mattia Iachino Serpotta
Si ride, si ride tanto. E, fidatevi, non è facile far ridere in tutti e 42 i racconti brevi che compongono La gente non stanno bene.
Mattia Serpotta ci riesce, prima di tutto perché si muove bene nel registro comico, ha i tempi giusti, senza strafare. Poi per la capacità di leggere le persone e le situazioni, di raccontare episodi di vita quotidiana, anche amari, con grande leggerezza e ironia, cogliendone il buffo, con il dovuto rispetto.
Come per esempio quando racconta di un lui accusato di avere gli spermatozoi lenti, che io me li figuro questi spermatozoi azzoppati da legamenti e menischi rotti, e obbligato a sottoporsi alla prova provetta, solo, con il suo pisello. Oppure di quello affetto, da sempre, da ansia fecale e la sera che è invitato per la prima volta a cena dai potenziali suoceri ha la necessità di fare il bisogno, quello grosso, direbbe Catarella.
Le persone non si incontrano mai per caso, ma per casi, scrive Mattia Serpotta e lui di casi – umani e non – ne descrive appunto 42. Racconta la gente che spariglia, quelli che guardi quando sei in auto e pensi: no, no che non lo fa, non può farlo e invece puntualmente. Perché è lì che sta il genio di cui parlava il Perozzi in Amici miei. Il tizio per esempio che vuole “La condanna dello stato italiano alla spartizione delle Sicilia in due zone, la Sicilia orientale, indipendente e neutrale, e la Sicilia occidentale a statuto incompleto da sessant’anni per ostruzionismo e complotto politico del governo unitario accentrato a Roma”. Faccio fatica a scegliere il titolo tra i tanti. Potrei dire Ogino & Knaus, per assonanza con il mio nome. Poi mi viene in mente Niente. Quando le donne rispondono niente alla domanda: che cosa hai? dovreste augurarvi che dalla porta entri un commando talebano a prelevarvi, sperando poi nella pietà di entrambi, soprattutto di lei.
Mi fermo qui per non togliere il piacere della lettura. Rubo solo, caro mbare (cit), il ricordo di uno striscione italiano, anche questo geniale, esposto allo stadio di Dortmund durante Italia Germania, semifinale mondiale del 2006. L’ultima volta che abbiamo perso con voi, eravamo alleati.
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Gino Tomasini, bresciano, Giornalista Professionista
Studi di filosofia, Master in “Relazioni Pubbliche d’impresa” all’Università IULM di Milano. Dal 1990 vivo di parole, prima in radio, poi in alcuni quotidiani locali, tv e agenzie di pubbliche relazioni. Dal 2006 communications manager in una multinazionale farmaceutica.
Appassionato di libri.