Il cibo che protegge e quello che danneggia: la prevenzione si legge in etichetta
L’intervento della dottoressa Anna Villarini al 19° congresso nazionale della Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare (SIPREC)
L’alimentazione che per tanti anni è stata un po’ snobbata dalla medicina, intesa come terapia farmacologica, è stata ormai pienamente riscoperta dalla scienza come il miglior mezzo per la prevenzione delle patologie cardiovascolari e oncologiche. L’alimentazione corretta da sola infatti riesce a limitare l’insorgenza di un gran numero di patologie e questo soprattutto se si ‘sposa’ con l’altro pilastro della prevenzione, che è l’attività fisica. Conoscere gli alimenti amici e i nemici della salute è solo il primo passo perché spesso, nella trafelata vita quotidiana, si ricorre a prodotti confezionati che possono nascondere delle insidie ‘occulte’ (troppo sale e zuccheri semplici, grassi saturi e trans). Per questo è buona abitudine imparare a leggere con attenzione le etichette alimentari.
“Il cibo – spiega la dottoressa Anna Villarini, biologa nutrizionista, professoressa a contratto all’Università di Milano e ricercatrice presso l’Istituto Nazionale Tumori di Milano – può rappresentare una difesa in più per proteggerci, ma può fare anche dei danni. Già semplicemente mangiare troppo (le ‘grandi mangiate’ sono un elemento purtroppo caratteristico della cultura italiana, soprattutto al Centro-Sud) e aumentare di peso, soprattutto a livello addominale, comporta la produzione di sostanze ad azione infiammatoria che, liberate in circolo, favoriscono l’insorgenza delle malattie cardiovascolari”. Insomma è un dato di fatto purtroppo: mangiamo ancora troppo e mangiamo male.
“Tutti sanno che il sale è uno di quei condimenti che possono aumentare il rischio di ipertensione arteriosa – soprattutto negli anziani – e l’ipertensione è il principale fattore di rischio per le patologie cardiovascolari. Nonostante ciò consumiamo ogni giorno tantissimi alimenti salati (formaggi, salumi, cibi in scatola) e usiamo troppo sale come condimento; l’eccesso lo fa diventare un cibo che danneggia. Consumiamo anche troppi zuccheri semplici non solo come tali o all’interno dei dolci. Soft drink, bibite e succhi confezionati possono infatti contenere molto zucchero; per questo le grandi società scientifiche di cardiologia, sia europee che americane, sconsigliano il consumo di bevande zuccherate. Ma lo zucchero è ‘nascosto’ anche in tantissimi alimenti. Lo troviamo nel ketchup ad esempio, nelle insalate di mare industriali e in molti cibi industriali salati, senza rendercene conto”. A meno di non abituarci a leggere con attenzione le etichette alimentari, in particolare la lista degli ingredienti.
Ma il cibo ci può far anche bene.
“Mangiare frutta e soprattutto verdura di stagione – afferma la dottoressa Villarini – aiuta molto la salute cardiovascolare perché apporta sostanze antiossidanti e fibre. Le fibre, oltre a indurre senso di sazietà, riducono l’assorbimento di grassi saturi e del colesterolo e questo rappresenta già un elemento positivo. Gli antiossidanti contrastano gli effetti di quelle sostanze ossidanti che potrebbero andare a danneggiare arterie, tessuti e cuore. Sempre tra i vegetali, devono entrare a far parte di una dieta sana legumi e cereali, non raffinati, ma integrali, anch’essi ricchi di fibre che aiutano a controllare l’apporto di zuccheri e grassi. Anche la frutta a guscio, come le noci, ricche di omega-3, in piccole quantità (sono molto caloriche, dunque non bisogna superare i 30 g al giorno) può entrare a far parte di una dieta amica del cuore.
Sul versante delle proteine, è consigliabile ridurre il consumo di carne e aumentare invece quello di pesce, in particolare di quello grasso, ricco di omega-3 ad azione antinfiammatoria e protettiva per il cuore e le arterie. Il consumo di crostacei, ricchi di colesterolo, va limitato a una volta a settimana, ma non va demonizzato perché sono comunque più sani dei grassi saturi contenuti nei formaggi che consumiamo su base quotidiana, anche sotto forma di grana grattugiato sulla pasta”.
Per quanto riguarda i grassi è necessario uscire dalla distinzione manichea tra grassi ‘vegetali-buoni’ e grassi ‘animali-cattivi’ che non risponde a verità. “L’olio extravergine d’oliva – spiega la dottoressa Villarini – è fatto principalmente da oleico, un grasso insaturo amico del cuore (attenzione però, deve essere ‘extravergine’ e non ‘olio d’oliva’), naturalmente nelle giuste quantità; se non si superano i 30 gr al giorno (quindi 2 cucchiai da tavola al giorno n.d.r.), non si ingrassa e proteggiamo cuore e arterie. I grassi vegetali sono generalmente buoni, a meno che non vengano ‘lavorati’ cioè estratti con dei solventi e poi raffinati per eliminare le tracce dei solventi, come accade per esempio con l’olio di palma e con altri oli vegetali. Quando vengono lavorati, questi grassi, pur essendo vegetali, diventano ‘cattivi’, al punto da essere indicati come il principale fattore di rischio cardiovascolare legato al consumo di grassi. Nel corso della raffinazione infatti la molecola di questi grassi cambia, il riscaldamento ne modifica la conformazione, facendola ‘girare’; questa ‘rotazione’ si verifica più o meno nel 50% delle molecole di un grasso vegetale raffinato (succede anche nel grasso del dado vegetale). I grassi che ne derivano si chiamano in configurazione ‘trans’ (sono i famosi grassi ‘trans’) e sono particolarmente pericolosi per le arterie e per il cuore”.
Viceversa, come visto, anche tra i grassi animali troviamo dei ‘Robin Hood’ della salute cardiovascolare: sono gli omega-3 del pesce azzurro (che è anche il pesce più economico)e quelli contenuti nella frutta secca a guscio. Fanno benissimo alla salute del cuore ma attenzione a non esagerare con le quantità perché, come tutti i cibi ricchi in grassi, sono un concentrato di calorie.
Pink Society è un femminile nuovo: non solo da guardare ma che mostra il mondo contemporaneo con passione, forza ed energia
#wearepinksociety