Libri: Fuorigioco di Davide Vigore
In molti giurano che se avesse continuato a giocare a pallone avrebbe fatto dimenticare George Best. Zeman, che qualcosa di calcio ne capisce, conferma che era il migliore di tutti.
Lui, il fenomeno che non è stato, ha un cognome importante: Schillaci. Ma non è Totò, quello delle notti magiche. È suo cugino Maurizio, che negli anni 80, dopo 30 gol in due stagioni nel Licata allenato proprio del boemo, fu acquistato dalla Lazio di Fascetti, un altro che di pallone ne sa più di quanto basta. Solo che Maurizio, come spesso accade, ad un certo punto è inciampato. Il diretto interessato dice a causa di un infortunio non capito a fondo: la lesione ad un legamento scambiata per stiramento. Da lì le accuse di essere un malato immaginario, di tirare indietro la gamba. Sta di fatto che Maurizio Schillaci in campo finisce per non entrarci più.
Nella sua vita entrano invece la cocaina e l’eroina. Fino all’abisso più nero. La galera, il divorzio, le figlie che non vede da secoli, tutto il denaro guadagnato durante gli anni di gloria sperperato tra alcol e cattive amicizie. Oggi Maurizio Schillaci ha sessant’anni, è un barbone che chiede l’elemosina alla Stazione centrale di Palermo, dorme in un treno abbandonato e non ha più sogni. Con la droga ha chiuso. Prende il metadone e cerca un lavoro.
La sua storia, la storia di un talento buttato, di un uomo che un giorno viveva in una villa amato e osannato da tutti e quello dopo in una stazione solo e dimenticato, la racconta in Fuorigioco un giovane regista di Enna, Davide Vigore, che ha trasposto sulla pagina il cortometraggio firmato insieme a Domenico Rizzo qualche anno fa.
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Gino Tomasini, bresciano, Giornalista Professionista
Studi di filosofia, Master in “Relazioni Pubbliche d’impresa” all’Università IULM di Milano. Dal 1990 vivo di parole, prima in radio, poi in alcuni quotidiani locali, tv e agenzie di pubbliche relazioni. Dal 2006 communications manager in una multinazionale farmaceutica.
Appassionato di libri.