IMBATTIBILE ROBERTA: il mondo è ai suoi piedi!
Per la pluricampionessa di handbike questo 2023 è stato un trionfo dietro l’altro, con vittorie da brividi.
(detto tra noi: non ha paura di nulla, neppure della sua SM, sbaragliata di brutto)
Infinita Roberta Amadeo ai Mondiali scozzesi di paraciclismo. Ha stravinto.
Ho assistito a questa meravigliosa avventura di Roberta grazie a un suo messaggino su wapp: il solito, “hola!”(tra amiche a volte non serve molto di più di una sola parola) e poi un link, quello di una diretta RAI.
Bene. Ho acceso la TV. L’ho vista conquistare la sua sesta medaglia d’oro, e relativa maglia iridata, con la Nazionale italiana sul circuito ad anello di Dumfries e Galloway in Scozia; l’ho vista vincere la prova su strada nella categoria Wh2 nell’handbike, dove ha affrontato un tracciato ricco si strappi e discese da brivido. Sua (e di tutti gli italiani) l’ottava medaglia mondiale della Nazionale italiana, la sesta d’oro, stravincendo anche nelle prove a cronometro. Uno “tsunami”.
E non è finita. Perché ha vinto ancora, a Rotterdam; a distanza di una settimana è salita sul tetto d’Europa agli Europei di paraciclismo. E anche qui ha letteralmente volato nei 36 chilometri sul tracciato pianeggiante circondato dai tipici canali frequentati da cigni, aironi e anatre. Idem nella crono. Anche qui è suo il gradino più alto del podio.
Lei ha vinto e io sono rimasta senza voce. Ho gridato gioia.
Le vittorie alle sue competizioni sono arrivate allenamento dopo allenamento, con impegno e cura infinita, con la guida giusta. Ha una storia magnifica, la Roby. Eccola!
Roberta, perché hai scelto proprio l’handibike?
Per la sensazione di libertà che mi fa assaporare.
Per la velocità che si scontra con la sedentarietà che spesso si è costretti a vivere.
Per le “pari opportunità” che offre il “mezzo” che si scontrano con la solitudine che troppe volte per qualcuno è la compagna fissa.
Per il gruppo e la coesione tra gli atleti che diventano amici, consiglieri e“asticelle di riferimento” per arrivare a superarci.
Per la capacità di trasformare una smorfia di affaticamento in un sorriso sereno!
Perché corro? Tu lo sai. Per crescere, per misurarmi e poi per vincere …anche la pigrizia. Ma soprattutto anche il limite. Magari anche di una malattia come la mia (Roberta Amadeo ha la sclerosi multipla). E poi mi piace la gara.
Come è nata questa passione?
C’è sempre stata. Già dall’età di 6 anni: lo sport era la mia valvola di sfogo, la mia regola. Da bambina praticavo arti marziali. Lo judo mi ha permesso di acquisire il rispetto verso il prossimo, alimentando un forte e sano spirito competitivo; mi ha permesso di imparare a focalizzare un obiettivo e portarlo avanti, di sfogare in modo positivo le mie energie, di acquisire consapevolezza in me stessa, di imparare a superare i miei limiti e comprendere che la forza non è solo quella fisica.
Quando, a soli 15 anni, ho dovuto lasciare l’attività non sapevo nemmeno il perché. Una serie di disturbi sensitivi, di equilibrio, di deficit di forza non meglio identificati mi hanno allontanato per sempre dall’attività di judoka. Il ricordo di quell’ allontanamento è indelebile nella mia mente. Ma non sapevo con chi prendermela e così il tempo, come sempre, da buon medico, ha sanato rabbia e delusione. A 22 anni, quando è arrivata la SM sono andata a sbirciare quei ricordi per attingere forza e determinazione. Dopo la diagnosi lo sport per anni mi ha accompagnato nei pensieri perché era vietatissimo alle persone con Sclerosi Multipla.
Perché?
Perché si pensava che comportasse uno sforzo eccessivo per un fisico già debilitato.
Oggi, invece, gli studi dimostrano ben altro perché lo sport rilascia endorfine che hanno effetti positivi sull’umore, ma anche sulla forza muscolare. Inoltre lo sport aiuta a contrastare la sedentarietà, che spesso contribuisce a peggiorare i sintomi della malattia stessa. Il vento è girato e mi sono buttata anch’io.
Non mi sono fermata davanti al pensiero facile di chi non perde le sfide perché non le gioca, ho imparato a conoscere bene il mio limite, a scoprire in quali situazioni posso superarlo e sono partita.
Era il 2010, a Bregnano si stava disputando la prima tappa del giro d’Italia handbike….
Ogni giorno è davvero una gara, per te?
Si, è una bella sfida e val la pena mettersi in gioco e disputarla.
Anche gestire una malattia come la mia mi ha aiutato. Ci vuole la stessa determinazione a vincere. Non mi ha fermato la mia SM.
Racconta…
I giorni delle gare sono magici, hanno un fascino particolare ed entro nel clima non appena mi unisco al gruppo.
La mattina poi ci si alza presto per assicurarsi tutto il tempo necessario per la preparazione della bici e i relativi giri di prova per la verifica che tutto sia in ordine.
Sulla griglia di partenza si fanno i reciproci in bocca al lupo, poi io mi isolo qualche secondo per raggiungere la dovuta concentrazione e non appena scatta il via, comincio a pedalare al meglio delle mie possibilità.
Ho un’indole agonistica, sempre in prima linea… Ma la prima vittoria è quella di salire sulla bici e concludere la gara … che naturalmente conduco al massimo delle mie possibilità. Non posso negare, sarei ipocrita se dicessi il contrario: io corro per vincere (e vi assicuro che è vero: vince a mani basse anche quando si gioca. E io ne so qualcosa ndr).
Hai dichiarato che il tuo impegno nel mondo sportivo è finalizzato alla sensibilizzazione. Cosa vuol dire?
Che lo sport, sia esso individuale o di gruppo, ha la capacità di canalizzare l’attenzione sulle abilità piuttosto che sui deficit.
La scelta di uno sport piuttosto che di un altro, disabilità a parte, è dettata proprio dall’incontro di abilità, passione e determinazione. Nella disabilità, poi, si aggiunge la voglia di spostare più avanti i propri limiti e sfidare la propria condizione al punto di riuscire a compiere movimenti e sforzi ritenuti impossibili.
Non sono “dei grandi” solo quelli che i media ricordano per le loro imprese…
Ognuno, indipendentemente dalla situazione di disabile, è chiamato a dare il meglio di sé, e così facendo possiamo dare un’immagine nuova delle persone con disabilità che non sono “palle al piede” o zavorra ma persone in grado di fare e dire la loro.
Un buon modo questo per scardinare luoghi comuni ed eliminare una parte degli ostacoli. E il mio impegno nell’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, ha l’obiettivo di far sensibilizzazione e disseminare informazioni corrette sulla malattia. Chi ha una malattia come la SM non può e non deve farcela da solo: AISM c’è per questo.
Roby, fra un complimento e l’altro per le vittorie appena archiviate, ti stai già preparando per futuri progetti? A Parigi 2024, ti vedremo?
… provate a fermarmi! (Mentre lo dice i suoi occhi brillano. AIUTO!)
Vive e lavora a Genova, insieme ai suoi libri, dove svolge la propria attività di giornalista professionista e studiosa di storia della critica d’arte e Futurismo. Convive con la SM da 18 anni. Ama la scrittura e le parole, il figlio, la vita, la sua famiglia.
Al suo attivo molte pubblicazioni e monografie di storia dell’arte. Svolge la professione giornalistica con passione da oltre trent’anni, si muove tra la carta stampata, i nuovi media, la TV. Ama parlare delle persone, con la gente e sempre a vantaggio della cultura sociale che fa crescere e aprire occhi e cuore. “Le persone sono sempre scopo primo e ultimo della mia scelta professionale, come servizio agli altri. Senza riserve”.