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lo sguardo rosa sulla società

Protagoniste: Miriam Galanti

Miriam Galanti | photo: 𝑨𝒍𝒆𝒔𝒔𝒊𝒂 𝑮𝒓𝒂𝒎𝒃𝒐𝒏𝒆

Grazie a lei e Dario Vergassola, abbiamo visitato un’Italia insolita e tutta da scoprire con Sei in un paese meraviglioso, programma di Sky Arte che ha visto Miriam Galanti affiancare lo storico conduttore per 15 episodi.

Martedì 1 dicembre l’ultima puntata del programma e la fine di un percorso per l’attrice che ha aggiunto un altro tassello alla sua carriera poliedrica.

31 anni, diplomata al Centro Sperimentale di cinematografia, Miriam Galanti si divide abilmente tra TV e cinema per il quale ha molti progetti in cantiere, con una passione per il cinema di genere e le opere prime.  Prima di imbarcarsi in nuove avventure, a poche ore dal suo ultimo viaggio nel nostro paese meraviglioso, l’attrice e ora conduttrice, fa un bilancio di questi ultimi mesi tra riflessioni in lockdown e futuri possibili.

Stai per giungere alla fine di questo percorso con Sei in un paese meraviglioso con Dario Vergassola. Che esperienza è stata? Puoi fare un bilancio?

È stata un’esperienza bellissima, non si può dire altro,  è stato bello far parte di questo viaggio in tutti sensi, non solo fisico, perché abbiamo viaggiato per tutta Italia, ma anche un po’ un viaggio metaforico.  Alla fine ho iniziato questo lavoro il 1 giugno, proprio alla fine del Lockdown e il provino l’ho fatto durante il lockdown, con quello che ormai viene chiamato self-tape: un viaggio quindi in questo senso, uscire da quello che è stato un periodo che ancora stiamo vivendo.  Il primo Lockdown però, devo dire che l’ho vissuto come un momento di rinascita e di crescita per me, come un momento per fare un bilancio della mia vita, per apportare proprio dei cambiamenti significativi, chiudere punti e aprirne altri. Secondo me non è neanche troppo un caso che mi sia arrivato questo lavoro in quel momento perché credimi non era nei miei progetti. Proprio per il fatto che non fosse tra i miei progetti, è stata una cosa  stupenda perché tutti noi magari ci focalizziamo su degli obiettivi senza aprire lo sguardo più di tanto e poi invece ci sono dei progetti che sono ancora più belli di quelli che avevamo un po’ preconfezionato.

Quando mi hanno presa e me l’hanno comunicato al telefono, abbiamo poi iniziato subito e quindi è stato effettivamente un tour de force anche perché è stata un’esperienza stupenda ma faticosissima. Dario Vergassola, che è meraviglioso e conoscevo come artista ma non personalmente, all’inizio mi aveva avvertito e detto “guarda,sarà faticoso”. Siccome io sono una viaggiatrice incallita con tanto di zaino in spalla, da sola, gli ho detto che ero abituata. Invece no, effettivamente fai degli orari davvero tosti, inizi a girare alle 8 del mattino e finisci comunque verso le 8 di sera, dopo c’è da registrare il voice over e per girare alle otto, vuol dire che per le 6 ti devi svegliare con tanto di trucco e parrucco.  Diciamo che non devi proprio avere la faccia di quella che si è appena svegliata. Infine, girare d’estate a quelle temperature, rende tutto più faticoso ma alla fine a me è piaciuto tantissimo e mi ha dato tanta soddisfazione.

Miriam Galanti | photo: 𝑨𝒍𝒆𝒔𝒔𝒊𝒂 𝑮𝒓𝒂𝒎𝒃𝒐𝒏𝒆

Che sensazione è stata sapere che questo nostro paese meraviglioso, molti hanno potuto scoprirlo attraverso e grazie al vostro programma?

È una cosa che mi dà soddisfazione, il fatto che aiutiamo a scoprire posti sconosciuti. Moltissimi mi scrivono e mi ringraziano di aver dato loro lo spunto per visitare dei posti che non conoscevano e la cosa mi gratifica tanto. L’Italia è piena di posti che pochi conoscono. Magari uno va a Firenze e non sa che lì vicino ci sono 1000 borghetti dove potresti andare e scoprire cose incredibili. Vedi per esempio il parco di Pinocchio a Collodi. Molti non lo conoscono e non sanno che è un posto perfetto perfetto sia per adulti che per bambini. Ti rigenera. Spesso si tende ad andare nei posti più conosciuti e pubblicizzati.

A marzo sarebbe dovuto uscire un tuo film internazionalissimo: In the trap di Alessio Liguori, horror claustrofobico.  Che esperienza è stata e come consideri questo ritorno, sempre più frequente,del cinema italiano al “genere”?

Amo questo genere da sempre, da quando ero piccola. La prima volta che ho visto L’esorcista avevo 11 anni e l’ho visto da sola, sono rimasta sconvolta però era di un coinvolgimento incredibile. In particolare mi piace l’horror che tende al realismo e spesso il paranormale è quello che mi piace di più. Ed è quello il  filone che segue In the Trap ed anche L’esorcista secondo me, perché io a certe cose ci credo.  Questo ritorno da parte dell’Italia al cinema di genere, credo sia una bella cosa anche perché basti pensare che noi abbiamo uno dei più grandi maestri dell’horror, Dario Argento, con cui tra l’altro ho avuto il piacere di lavorare un anno fa. Mi ha diretto in un teaser, un trailer per un progetto che forse farà, una serie che si chiama Bimbe Belle Addormentate. È stata un’esperienza pazzesca di tre giorni. Il ritorno al genere e all’horror mi piace sia da spettatrice che da attrice. In the trap è stato divertente però quelle atmosfere inquietanti le respiri totalmente e per dare un senso di realtà e verità al progetto che stai facendo inevitabilmente ci deve essere un certo tipo di clima.

Poi uscire da quel clima non è sempre così automatico però Alessio Liguori ha davvero un grande talento infatti adesso ha già girato, dopo tre mesi da In the trap, un altro film, Shortcut, presentato al Giffoni Film Festival. È uscito nelle sale in America e sono stati settimi al botteghino, è sempre horror ovviamente ma  è un po’ più alla Stranger Things e I Goonies. Se non si ha la pretesa di imitare gli americani e se siamo onesti a sfruttare quelle che sono le nostre capacità allora anche in Italia possiamo fare dei prodotti molto belli. Con In the trap, oltre ad uscire in tanti paesi, siamo stati a molti Festival e ci hanno paragonato a L’esorcismo di Emily Rose, un grande complimento.

Miriam Galanti | photo: 𝑨𝒍𝒆𝒔𝒔𝒊𝒂 𝑮𝒓𝒂𝒎𝒃𝒐𝒏𝒆

Dal cinema d’autore, spazi abilmente alla fiction televisiva. Sei nel cast di Che Dio Ci aiuti 5. È facile muoversi tra TV generalista e cinema d’autore o c’è ancora pregiudizio verso chi lo fa?

C’è ancora un po’ di prevenzione diciamo ma molto meno rispetto agli anni passati perché si è compreso che se un attore è bravo, lo è sempre. L’attore è un artigiano che lavora con il suo corpo, la sua anima, la sua voce e per forza di cose, deve essere in grado di muoversi da una struttura all’altra quindi secondo me è necessario sia per l’attore che per il pubblico che per gli addetti ai lavori, potersi muovere e cambiare, avere delle sfide nuove da fare. Chiaramente ci sono anche scelte da fare e se ti interessa fare solo un certo tipo di prodotto va bene però ci deve essere una libertà di movimento. A livello pratico, a volte, ci sono linguaggi un po’ diversi tra teatro, TV e cinema però non ne sono neanche più così tanto convinta viste le contaminazioni e la cosa più importante è davvero raccontare la verità con i tuoi mezzi, con il tuo talento, con il tuo stile, mostrare l’onestà in quello che stai raccontando che è la cosa più bella e anche più difficile. Per questo motivo poi, secondo me, la regia è fondamentale. Più vado avanti, più mi rendo conto di quanto il ruolo del regista sia fondamentale per creare l’insieme, la squadra. La sua visione è importante per andare nella direzione giusta, di squadra, per creare una commistione tra tutte le figure che lavorano insieme.

Che tipo di ruoli stai cercando e vorresti nel tuo futuro?

I ruoli drammatici sono quelli che mi piacciono sempre di più perché io sono un po’ drammatica nella vita. Sono una persona che ride molto e sembro molto solare però in realtà sono malinconica e i ruoli drammatici mi danno la possibilità di indagare dentro di me e dare il meglio.

Mi piacerebbe poter raccontare la storia di una donna  che riesce attraverso mille difficoltà a riprendersi il suo potere, la propria creatività, il proprio diritto alla libertà nel senso più puro del termine. Questo è quello che mi piacerebbe di più fare.

Un regista con cui vorresti lavorare?

Di italiani ce ne sono tanti e non ti faccio i nomi per scaramanzia. Di registi giovani e stranieri invece c’è Xavier Dolan, scoperto a Cannes anni fa ai suoi inizi e di cui ho visto tutti i film, compreso il primo da lui scritto a 17 anni, J’ai tué ma mère.

Un personaggio femminile di serie o cinema che hai particolarmente amato in questo periodo e che avresti voluto interpretare?

Ho appena finito di vedere La Regina degli Scacchi su Netflix e Anya Taylor-Joy è strepitosa e inquietante.

Miriam Galanti | photo: 𝑨𝒍𝒆𝒔𝒔𝒊𝒂 𝑮𝒓𝒂𝒎𝒃𝒐𝒏𝒆

Non hai solo occhio per i progetti a cui prendere parte ma anche nello scegliere i compagni di vita. Al tuo fianco infatti, da ben 12 anni, c’è Gilles Rocca, attore, regista e da poco vincitore dell’ultima edizione di Ballando con le stelle. Come trovate un equilibrio visto che fate lo stesso lavoro?

Potendo scegliere, sceglierei qualcuno che fa tutt’altro, però l’amore non lo puoi controllare, non è che puoi scegliere di chi innamorarti. A parte gli scherzi, ci sono indubbiamente dei pro e dei contro. La negatività quando fai lo stesso lavoro è che noi artisti, creativi, siamo persone  egocentriche, con un costante bisogno di essere accettati, di lavorare, di fare delle cose che ci piacciono e ci rappresentano. In più, c’è la parte di insicurezza dovuta al fatto che facciamo un lavoro che è costantemente in crisi, due mesi lavori, poi cinque no, è tutto molto altalenante.  La parte positiva è che se stai con qualcuno che fa il tuo stesso lavoro e ne conosce i lati positivi e negativi, questa persona comprende e sa cosa vuol dire stare per un po’ senza lavoro, sa cosa vuol dire quando arrivi a magari 10 call back per un ruolo e poi non ti prendono e ci rimani male. Ci si può consolare in modo più consapevole. La cosa più bella di me e Gilles è anche che in questi anni abbiamo costruito tanti progetti insieme e io credo che questo sia una delle cose più belle che può tenere in vita un rapporto. È importante, quando fai lo stesso lavoro, creare delle cose insieme anche se non è fondamentale. Per me è una cosa importante però, infatti ad esempio noi abbiamo fatto Metamorfosi che è un corto contro la violenza sulle donne dove lui mi ha diretta. Abbiamo fatto un docufilm insieme sulla distrofia muscolare di Duchenne che è una forma di SLA. Abbiamo fatto tanti progetti insieme, tendenzialmente con tematica sociale perché ci interessa raccontare questo. Poi anche a me piacerebbe stare con una persona che fa un altro lavoro semplicemente per riposare un po’ più la mente, staccare totalmente, però l’amore, quello non lo scegli. Adesso è un momento forte perché Gilles ha vinto Ballando con le stelle e quindi la nostra privacy è molto invasa però fa parte del gioco anche quello e l’importante è imparare a gestirla insieme.