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Medicina di Genere – A che punto siamo?

Risale a poco più di un anno fa l’approvazione del Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere. La web conference “Scienza e Genere. Prospettive a un anno dal Piano nazionale di Medicina di Genere”, promossa negli scorsi giorni dal Centro Studi Americani in collaborazione con Novartis, ha dato modo di riflettere su quando fatto fino ad oggi e sulle direzioni da prendere nel futuro. Il Piano nazionale ha introdotto per la prima volta in medicina il concetto di genere al fine di garantire in modo omogeneo sul territorio nazionale la qualità e l’appropriatezza delle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale, a sostegno di un approccio basato sulla “centralità del paziente” e sulla “personalizzazione delle terapie”. Per l’avvio, la gestione e il monitoraggio del piano è stato recentemente istituito l’Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere, che contribuirà alla piena attuazione delle quattro aree di intervento previste dalla legge: percorsi clinici di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione; ricerca e innovazione; formazione e aggiornamento professionale; comunicazione e informazione.

Durante la conferenza la Sen. Paola Boldrini, vicepresidente dem in commissione Sanità e firmataria di uno dei DDL relativi al riconoscimento dell’emicrania come malattia sociale, ha sottolineato l’importanza di un approccio di genere in medicina e la necessità di dare ulteriore forza al Piano Nazionale, anche alla luce dell’emergenza sanitaria di questi ultimi mesi: dai primi dati disaggregati per genere promossi dall’ISS è emerso come il virus si adatti per incidenza, letalità e virulenza alle differenze di uomini e donne.

La Senatrice, grazie al sostegno dell’On. Lorenzin, già Ministro, Deputato, Coordinatrice del Gruppo Life Sciences e allora Ministra della Salute, ha aperto la strada alla medicina di genere presentando una proposta di legge inserita all’art. 3 nella legge 3/2018 e ha ricordato l’impegno condiviso trasversalmente per raggiungere il risultato della legge costitutiva, che ha permesso di arrivare al decreto sul Piano Nazionale per l’applicazione e la diffusione della Medicina di genere nel Servizio Sanitario Nazionale. La Senatrice ha infine citato un ulteriore traguardo recentemente raggiunto, ovvero il riconoscimento della cefalea – malattia neurologica con importanti differenze di genere – come malattia sociale: un primo importante segnale a cui dovrebbe seguire una riflessione più profonda e concreta sulla possibilità di inserire la patologia nei LEA.

L’On. Elena Carnevali, Capogruppo del PD in Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati e firmataria della proposta di legge sul riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale – presentata proprio alla Camera nel 2018 – ha sottolineato con forza la rilevanza del provvedimento, considerando la portata altamente invalidante della patologia soprattutto sulle donne e i profondi impatti sociali ed economici che ne derivano. Un riconoscimento che si auspica possa essere tradotto in un impegno condiviso a promuovere un accesso equo e diffuso alle migliori cure e prestazioni per tutti i pazienti emicranici, in linea con il principio dell’universalità del nostro Sistema Sanitario Nazionale. La comprensione delle reali differenze di genere rappresenta il primo passo per analizzare i meccanismi biologici e/o sociali che sono alla base e per individuare quindi efficaci strategie preventive e bersagli terapeutici, nell’ottica di sviluppare percorsi sempre più personalizzati di salute.

Il prof. Piero Barbanti, Direttore dell’Unità per la Terapia e la Ricerca su Cefalee e Dolore dell’Istituto San Raffaele Pisana e tra i relatori dell’evento, ha riportato la propria esperienza nell’ambito della gestione dell’emicrania. “L’emicrania è una malattia neurologica che colpisce soprattutto le donne, in un rapporto di 3 a 1, e che influisce negativamente su affetti, relazioni, attività scolastica e lavorativa – ha dichiarato Barbanti – Oggi è finalmente disponibile la prima cura specifica per la prevenzione dell’emicrania: gli anticorpi monoclonali anti-CGRP, che possono ridurre del 50% gli attacchi nel 60-70% dei pazienti, del 75% in un paziente su tre e nel 5-10% dei pazienti portano ad un miglioramento del 100%. Inoltre, sono in arrivo nuove terapie per l’emicrania che interiorizzano la componente di genere già nella fase sperimentale e nell’analisi epidemiologica, rappresentando un importante passo avanti nella personalizzazione e potenziamento del percorso di cura dei pazienti.” L’emicrania rappresenta quindi un esempio concreto di applicazione della Medicina di genere a partire dalla fase di ricerca, fino ai servizi di cura e ai percorsi terapeutici e di prevenzione personalizzati.

Stiamo assistendo ad un vero e proprio cambio di paradigma che pone al centro dell’attenzione le diversità richiedendo un approccio che coinvolga tutte le specificità, femminili quanto maschili– conclude Delia Colombo, Responsabile Value&Access ed esperta Medicina di Genere, Novartis Italia -Promuovere la diversità di genere nell’ambito della medicina significa riuscire finalmente a coniugare due importanti principi: l’uguaglianza, con l’universalità del diritto alla salute e l’equità, con la necessità di valorizzare le diversità. Tutto questo si traduce in concreto in un impatto effettivo e positivo sui risultati che derivano da una ricerca più puntuale, sull’efficacia e sulla qualità delle terapie che ne scaturiscono, sull’appropriatezza e dunque sul percorso di cura dei pazienti. Un pilastro fondamentale della medicina di genere è la sua applicazione nella ricerca. Includere la componente di genere negli studi significa raggiungere trattamenti e cure il più possibile personalizzate e dunque efficaci, rispondendo alle reali esigenze e specificità dei pazienti. Come Novartis abbiamo colto questo punto ante litteram promuovendo il primo studio osservazionale prospettico focalizzato su una analisi di genere (il Gender Attention) e finalizzando diverse analisi post hoc gender-oriented di dati provenienti da studi osservazionali condotti da Novartis in oltre nove aree terapeutiche”.