Protagoniste: Paola Minaccioni
È stata tra le prime attrici a tornare sul set immediatamente dopo il lockdown e non ha smesso un attimo di essere presente non solo nel mondo del cinema ma anche in quello della radio come conduttrice e di attivista per Emergency. Paola Minaccioni, in sala con Burraco Fatale di Giuliana Gamba prima e con Lockdown all’Italiana di Enrico Vanzina, da pochi giorni, è in prima linea per la ripartenza del cinema italiano. Da poco anche regista, grazie al corto Offro io, l’attrice e caratterista ci illustra i suoi progetti futuri, parla del suo mito Franca Valeri, racconta i suoi gusti cinematografici e prova a fare un punto sui personaggi femminili al cinema e sulla parità nell’industria cinematografica e non solo.
La ripartenza del cinema italiano ti vede in prima linea, con Burraco Fatale e Lockdown all’italiana appena uscito.
Si, uno girato prima della pandemia e l’altro girato quando ancora ci dovevamo riprendere dai primi colpi del lockdown sperando di riuscire a evitare il secondo. In realtà ci sono altri due progetti in uscita (prendendo con le pinze la parola ‘uscita’), ho girato anche il film di Neri Parenti, Un Natale su Marte per cui sicuramente se ne parlerà a Natale e poi quello di Alessandro Pondi che si chiama School of Mafia dove io faccio un ruolo più piccolo ma meraviglioso perchè sono una donna di mafia, moglie di Nino Frassica e madre di Maurizio Lombardi e c’è un cast pazzesco con giovani ragazzi protagonisti e grandi attori della commedia italiana. Sono molto curiosa di vederlo e ne sono molto contenta.
Non ti fermi mai
Si, hai ragione. Non mi fermo proprio di natura, anche quando dovrei stare ferma non sto ferma, e forse perchè la concentrazione di produzioni che avevano bloccato si è riversata tutta in 3 mesi e abbiamo cercato di fare tutto. Poi ci sono altri progetti che sto per iniziare ma per scaramanzia non ve ne parlo. Cerco di fare attenzione, considerare tutti i rischi, stare calma e cercare di fare bene il mio lavoro. Avere un lavoro lo considero un grande dono.
Durante la presentazione di Lockdown all’italiana, Enrico Vanzina parlando di te ha ricordato quanto tu sia ormai considerata da tutti l’erede di Franca Valeri. Sappiamo che la conoscevi e l’amavi particolarmente. Cosa ne pensi di questa eredità e qual è la grande lezione di questa artista?
Intanto grazie ad Enrico Vanzina per le parole meravigliose. Nonostante la mitica Franca abbia vissuto a lungo, è un lutto fresco come fresca è la sua mancanza e mi fa un po’ impressione parlare di eredi a pochi mesi dalla sua scomparsa ma ne sono onorata. Di Franca ho amato e ammirato prima di tutto l’intelligenza, la testa, e poi il suo approccio alla vita, alle persone, al mondo, è stata da sempre una persona curiosa, molto fiduciosa negli altri e di grandissima generosità sia intellettuale che emotiva e io di lei e del suo lavoro cerco di copiare l’intelligenza perché dietro ogni personaggio, ogni tratto di caratterizzazione, c’è sempre un punto di vista molto preciso, non è mai stata un’attrice che ha fatto delle cose per far ridere. Lei interpretava dei personaggi di cui coglieva l’ironia ma li rispettava, li rappresentava, il suo viso non è mai stato al servizio di un’espressione buffa, lei faceva ridere per il suo punto di vista, per la sua interpretazione del personaggio. Franca Valeri ha portato la rivoluzione nel mondo del cinema portando un punto di vista femminile sulla comicità perché prima di lei la figura femminile era solo un archetipo di bellezza che non vogliamo certo rifiutare ora ma la strada per scrivere altre storie di donne, uscire da queste icone che vengono rappresentate che sono sempre le stesse, è una strada lunga. Mi sembra però che negli ultimi anni ci siano molte più registe donne, storie diverse, vedo le serie TV con storie di bambine e ragazze protagoniste, ribelli, autonome, non più la bambina che si deve per forza innamorare del principino. Non c’è niente di male a innamorarsi del principe, sia chiaro, ma visto che viene sempre raccontata solo quella storia lì, è un problema, bisognerebbe raccontare tante storie diverse.
A proposito di storie, ad Alice nella Città, la sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma dedicata alle giovani generazioni, sei nella giuria cortometraggi. Come guardi i film e come ti stai approcciando a “giudicare” questi?
Li guardo da spettatrice ed è molto importante che un corto mi faccia appassionare alla storia poi chiaramente ormai sono dentro alla materia e riesco ad essere conquistata da un prodotto solo se ci sono elementi come una sceneggiatura scritta bene, la qualità della rappresentazione quindi come è girato e la recitazione è importantissima: questi 3 elementi fanno la differenza. Se un buon corto è scritto bene ma recitato malissimo, non va. Anche se in genere se una storia è scritta bene funzionano spesso anche gli attori. Cerco di farmi prendere dalle storie che mi piacciono di più e che sono state realizzate meglio, con più potenziale.
Non sei solo un’attrice ma sei diventata da poco anche regista. Pensi di ripetere questa esperienza aggiungendo definitivamente un altro cappello a quelli di attrice, conduttrice e attivista?
Si penso di sì, lo vorrei fare perchè essendo un’attrice ho avuto la fortuna nella mia vita di incontrare la comicità in famiglia e nel mio percorso. Per fare l’attore comico devi avere un punto di vista ed essere per forza autore e voglio continuare ad esplorare questo e scrivere delle storie mie, essere autrice perché fa parte della mia natura e poi perchè voglio provare a raccontare delle storie dal mio punto di vista, divertenti , ironiche. Penso che sia un desiderio che arriva ad un certo punto quando vuoi emanciparti dal tuo ruolo di interprete.
Durante la Mostra di Venezia si è parlato molto di quote rosa alla regia, produzione, che ne pensi?
Io di impatto direi che sono a favore ma penso che senza arrivare alle quote rosa bisognerebbe togliere un po’ di pregiudizio nei confronti delle donne, nel senso che molti ruoli al cinema, per esempio nelle fila dei direttori della fotografia o i ruoli più tecnici, nei reparti, vengono fatti solo dagli uomini per tradizione e trovi pochissime donne. Penso che la selezione dovrebbe essere sempre fatta in merito alla potenzialità di un progetto e teoricamente sarebbe bello se i progetti non fossero selezionati in base al sesso di chi li presenta, se non si sapesse che dietro quel film c’è un uomo o una donna. Se le quote rosa possono essere un inizio per dare più possibilità alle donne di esercitare il ruolo di regista, capo progetto però, allora sì, perchè ovviamente più donne cominciano a farlo, più progetti saranno presentati. Forse è un primo passo, anche se continua a non piacermi molto il tema della costrizione, dell’essere inglobati per forza per il genere, il criterio dovrebbe essere il merito.
Dovrebbero esserci la stesse possibilità e le stesse paghe a parità di carriere e di importanza di ruolo in un film per esempio, stessa cosa vale per i registi e i lavoratori dello spettacolo in generale. A volte mi hanno detto: “Lei fa la comicità al femminile!” . Ma che vuol dire, mi chiedo? Io sono donna, una femmina, non esiste “al femminile”.
Nonostante i cambiamenti, noi donne siamo ancora le più penalizzate a livello lavorativo, visto che spesso ci carichiamo anche dell’organizzazione della casa e figli. Che ne pensi?
Ogni coppia, ogni famiglia ha il suo equilibrio, ci sono donne che amano stare a casa e scelgono di rinunciare al lavoro per i figli, scelta che dovrebbero sentirsi liberi di fare anche gli uomini. Nel mondo del lavoro le donne non solo non vengono agevolate in quanto spesso portatrici del carico della casa, ma delle volte non guadagnano neanche quanto i mariti quando spesso svolgono un ruolo altrettanto importante. Ho letto che le donne in Italia al 90% gestiscono l’economia domestica nella famiglia ma pochissime investono i propri soldi perché non siamo ancora abituate a pensare di investire i nostri guadagni. Ci stiamo lavorando su.
Ottobre è il mese della prevenzione per le donne. Quanto è importante prevenire secondo te?
Lo dice stesso la parola: prevenire è meglio che intervenire!. Anche qui credo che lo stile di vita faccia la differenza, spesso siamo condizionati dai miti, da quello che propinano in TV, bisogna essere tutti degli eroi, eternamente giovani e tutto questo provoca uno stress enorme. Io per natura penso di essere più portata al salutismo, faccio sport e non ho manco mai retto l’alcol ma in generale bisogna fare pace con il ciclo della vita e con il pianeta che ci ospita. Penso che la prevenzione sia molto importante in questo periodo non solo per quello che riguarda la nostra salute ma anche per la salute del pianeta. E in questo periodo che il virus ci affligge, l’unica vera cosa che ci può far cambiare è prevenire il disastro climatico.
Napoletana trapiantata a Roma nel 2006, dopo un inizio da programmatore di rassegne cinematografiche, si dedica al giornalismo di cinema, prima per una radio internazionale, poi in TV come critico cinematografico e su riviste e magazine specializzati. Dalla maternità in poi si dedica anche a scrivere delle infinite sfumature dell’essere donna e mamma. Nel tempo libero che riesce a trovare, si dedica all’altra sua grande passione: cantare con Le Mani Avanti, un coro a cappella di 30 elementi.