fbpx

Pink Society

lo sguardo rosa sulla società

Protagoniste: Ivana Lotito

Ivana Lotito | FOTO DI ERICA FAVA

Tra poche ore si concluderà la sua avventura nella prima stagione di Romulus, la serie Sky Original ambientata nell’VIII secolo a.C. sulla  nascita di Roma dove interpreta Gala, moglie di Amulius, sensuale e calcolatrice.

Chi non avesse ancora visto Romulus, conoscerà però sicuramente Ivana per il suo personaggio in Gomorra, Azzurra, moglie di Genny Savastano e donna decisa, lucida e caparbia, capace di stare un passo avanti, più che indietro, al suo uomo.

Pugliese di nascita e un po’ napoletana di adozione, Ivana Lotito non è solo un’attrice versatile ma è un’instancabile uragano, perfetta rappresentazione della più meravigliosa e invidiabile capacità delle donne: assumere tanti ruoli diversi, essere tante cose diverse con la massima intensità. Mentre gira l’ultima stagione di Gomorra 5 infatti, Ivana tiene testa ad una vita fatta di secondo figlio di sei mesi, avuto in pandemia, primogenito 4enne, routine familiare e lavorativa piena di provini, attese, incertezze e aspirazioni. Il suo volto per lo spettatore è già sinonimo di perseveranza e forza pure nelle fragilità che dimostra da protagonista in Rosa, Pietra, Stella, film uscito nelle sale ad agosto 2020. In attesa degli ultimi due episodi di Romulus, Ivana si prende una pausa per una chiacchierata lunga ed esaustiva sulla sua vita e la sua carriera fino ad oggi.

Image: courtesy of Sky

Si sta per concludere questa avventura con Romulus, che bilancio mi puoi fare, non solo dell’esperienza del set e della serie ma anche di riscontro del pubblico?

Il mio bilancio è positivo perché io sul piatto della bilancia ci metto sopra tutta la mia esperienza personale.  Il riscontro del pubblico poi non altera e altererà quella che è stata la mia esperienza straordinaria,unica e irripetibile. Mi sono sentita una grande privilegiata nel poter far parte di una produzione così imponente, poderosa da tutti i punti di vista a partire appunto da quello produttivo con grandissimi mezzi, scenografie, una lingua, il protolatino, creata per questa serie. È una pietra rara e qualcosa che rimarrà nel panorama delle serie TV come unica e in questo mi sento stra-orgogliosa di averne fatto parte. Il valore percepito di una serie è difficile invece capirlo nelle prime settimane di vita perché si valuterà dopo con il passaparola. Credo che per il momento sia molto apprezzata dagli utenti sky che hanno un occhio allenato per un certo tipo di narrazione e la gente sta apprezzando prima di tutto la grande novità della proposta e si rende conto di quanto sia alta la qualità perché comunque è un prodotto che spesso viene anche assimilato a Il trono di Spade – Game of thrones, nel senso che c’è appunto il fantasy, la ricostruzione storica della lingua e i costumi e quindi per il momento credo che stia andando benissimo e che stia facendo la differenza.

Il creatore di Romulus, Matteo Rovere, dei personaggi della serie ha detto: Scopriremo che questi personaggi nella loro coerenza sono molto moderni. Ho trovato nel sentimento, nella ricerca di bellezza, di felicità, di complessità di questi caratteri antichi, tanto che risuona sul presente. Che ne pensi?

Ritrovo questa riflessione, nel senso che da un lato noi siamo stati chiamati ad indagare molto il nostro aspetto veramente primitivo, quelle che sono le nostre pulsioni ancestrali e quindi abbiamo dovuto togliere, togliere strati di conoscenza culturale e comportamentale, dall’altro lato abbiamo potuto mettere in luce quelli che sono i meccanismi di azione tanto primordiali e istintivi quanto eterni. Credo che quelli possano essere assunti a paradigmi universali declinati poi chiaramente con le varie culture, il tempo e la storia, però, sono meccanismi che rimangono uguali a se stessi: le strategie di scalata al potere, la sete di potere, la voglia di conservazione del potere, la gelosia,  i sentimenti, l’amore,  la morbosità di possesso e l’esercizio dell’influenza attraverso la sessualità, sono meccanismi messi in atto in maniera istintiva, strategica e sono indipendenti dal contesto culturale.

Image: courtesy of Sky

Forse per caso, i personaggi che interpreti nelle serie, vedi Azzurra in Gomorra e Gala in Romulus, sono solo all’apparenza secondari ma invece dimostrano di essere pienamente consapevoli e lucidi delle loro potenzialità e aree di azione, hanno moltissime sfaccettature. È frutto di una naturale evoluzione dei personaggi scritti nelle serie o è qualcosa che cerchi e veicoli anche tu?

Io penso che sia inevitabile purtroppo e per fortuna, ritrovare la scrittura di ruoli femminili abbinata a quella dei loro ruoli sociali. Credo che sia inevitabile perché le donne sono anche mamme, mogli, figlie, però c’è qualcosa che può fare la scrittura e che le possa liberare da questa schiavitù del ruolo sociale. All’uomo nei film, nelle serie, non viene dato un ruolo sociale, l’uomo è e basta a se stesso. Può avere una moglie, un figlio, però può agire indipendentemente dalla sua funzione sociale invece le donne agiscono in funzione sociale e questa è una cosa che ti confesso, ho sofferto un po’ inizialmente soprattutto in Gomorra perché se chiedevi chi è Azzurra, ti rispondevano “è la moglie di Genny”. Sono sempre stata riconoscibile come ‘la moglie di’ e non come Azzurra ma Salvatore Esposito è proprio una persona a cui voglio un bene straordinario, essere affiancata a lui per me è solo motivo di orgoglio quindi figurati, però è il meccanismo insito che mi ha fatto pensare. Per acquistare autonomia e un valore personale, che si deve fare? Credo però che nel momento in cui la donna si trova ad essere la moglie, la mamma, la figlia, l’importante è affidarle una complessità, una cosa è sempre declinata in 1000 possibilità e la personalità di ognuna di noi è diversa perché la storia e la provenienza di ognuna di noi è diversa, perché i desideri di una sono diversi da quelli dell’altra e ognuna merita rispetto e un racconto che le restituisca complessità. Questa credo di essermela un po’ conquistata avendo credibilità all’interno del racconto di Gomorra ma per fortuna la scrittura mi ha sostenuto perché ha tenuto conto di questa necessità di complessità perché anche per lo spettatore è necessario assistere ad un percorso di crescita ed evoluzione dei ruoli femminili e non avere figure che stanno lì come marionette. Romulus e Gomorra sono due contesti che vedono i ruoli delle donne molto influenti, combattive e che veramente determinano il corso degli eventi. Azzurra poi, è una che veramente ha dato prova di avere una grande intelligenza. È vero che pratica lo stesso linguaggio del marito, il linguaggio mafioso ma è anche vero che è stata una mamma che ha amato tanto suo figlio, ha fatto di tutto per proteggerlo, ha convinto il suo uomo a lasciare tutto per avere una qualità di vita migliore, ne ha fatte di scelte forti. Gala, allo stesso modo, ha un incipit molto severo, una donna votata al suo uomo, stratega, austera che nega quasi la sua maternità sacrificando totalmente la figlia pur di vedere il suo uomo al potere. Poi dopo, nella seconda parte del racconto, è una che invece diventa fragilissima e debolissima al cospetto di sua figlia perché si rende conto di quanto questo amore sia enorme e quanto lei lo abbia sacrificato. E l’amore che le dimostra la figlia l’ha distrutta a tal punto da farle fare una scelta estrema.

Lasciando da parte Gomorra e Romulus, nel 2019 sei stata la protagonista dell’opera prima di  Marcello Sannino, “Rosa Pietra Stella” presentato nel 2020 nella Selezione Ufficiale sia al Festival di Rotterdam che al Giffoni Film Festival . Che esperienza è stata? Il film sembra essere un racconto di formazione che non riguarda solo una figlia ma anche una mamma, il tuo personaggio.

Si, esatto. È uno scorcio di vita di questa donna che avrebbe sulla carta tutte le risorse e le qualità per essere una donna realizzata, felice, con un discreto tenore di vita invece naviga nell’incapacità di stare al mondo, in maniera però, del tutto inconsapevole.

Perché se fosse stata consapevole di essere in difficoltà probabilmente avrebbe reagito in maniera giusta ma siccome è circondata dall’assenza di istituzioni, genitori, modelli, non è in grado di conoscersi e capire cosa vuole dalla vita. Vive di illusioni modelli sbagliati e fa affari loschi. Nessuno l’aiuta, lei si ritrova sola con questa bambina e ad un certo punto, in seguito a uno spavento che lei prende per la figlia, finalmente le dà uno schiaffo e questo schiaffo per questa bambina è il primo sentore di affetto perché è la prima volta che la mamma le dedica un’attenzione. Le due si legano di nuovo ma i servizi sociali le tolgono la figlia. Da quel momento avviene uno scarto interiore, le manca terribilmente sua figlia e questo è segnale di un cambiamento, del fatto che anche lei deve diventare adulta. Per diventare adulti bisogna accettare innanzitutto di essere chi sei e poi di fare qualsiasi cosa pur di salvare le persone a cui vuoi bene.  È stato un viaggio intensissimo perché era difficile trovare quella misura, la raffinatezza e sensibilità necessaria e quindi abbiamo lavorato molto di intensità. Rosa Pietra Stella è un film intenso.

Ivana Lotito | FOTO DI ERICA FAVA

Da mamma di due figli, c’è qualche ruolo nella tua carriera che ti è risultato invece più ostico proprio perché in contrasto con il tuo essere donna e mamma?

Sì. Con Rosa Pietra Stella ho avuto difficoltà in questo senso perché non riuscivo a capire il meccanismo secondo il quale, Carmela, il mio personaggio, non facesse di tutto fin da subito per dare protezione a sua figlia. Ho dovuto indagare le sue ragioni, accettarle e metterle in scena.  Comprendendo poi il personaggio e da dove proviene la sua sofferenza e il suo stato, di conseguenza tutto ti viene di reazione. Così è stato anche per Gala.  Tra l’altro per il caso di Gala, nell’VIII secolo a.C., avevano figli a 14 anni e magari anche lei comunque voleva essere ancora amata come una figlia e aveva altri desideri prima di vedere sua figlia spiccare il volo ( che poi manco si poteva fare). Io poi sono anche figlia dei miei retaggi culturali purtroppo e per fortuna sono una donna del sud dove le mamme fanno tutto, danno la priorità ai figli. Io questa cosa ce l’ho nel DNA però ho bisogno anche un po’ di emancipazione da questa cosa ed anche se è giusto non rinnegare il senso materno, bisogna rendere autonomi i figli. A volte confondo anch’io il significato dell’amore con le cose che faccio, penso che essendo super protettiva, super presente, non facendogli mai mancare niente, la mia presenza, sono una buona mamma.  Non è vero, sono una buona mamma anche quando vado a lavorare, anche quando li sgrido. Sei una buona mamma anche quando li metti in punizione o li lasci stare davanti alla TV per 40 minuti di fila.  Non mi devo sentire in colpa perché la cosa che poi ti rende una buona mamma non è tanto il risultato finale perché ogni bambino ha la sua personalità e i suoi talenti ma quello che fa la differenza è l’amore.  Quello i bambini lo sentono, se c’è, c’è e se non c’è, non c’è, ci sono bambini fortunati semplicemente ad avere genitori che li amano. 

È vero che al giorno d’oggi, noi donne possiamo finalmente fare tutto: avere una carriera e una famiglia? O è qualcosa che stiamo provando a ottenere comunque, nonostante gli ostacoli?

Io credo che adesso non si possa fare nulla, a meno che non ti inventi qualunque cosa per la sopravvivenza. O fai i tripli salti mortali oppure sei totalmente dimenticato, non puoi neanche pensare di fare un figlio. Innanzitutto devi avere una forza di volontà straordinaria e anche un equilibrio tuo personale, mentale, psicologico che ti possa far essere in grado di tenere botta perché si arriva a livelli di stress altissimi perché adesso non c’è niente, è difficile avere una babysitter perché ha un costo rilevantissimo, è difficile comprare una casa, garantire a questi ragazzi un po’ di sport, magari l’inglese. Pochissime persone se lo possono permettere. Nel mio caso, per esempio, per fare mediamente bene tutto, dovrei avere due persone fisse in casa, una che si occupa della casa e una dei bambini e io dovrei avere il tempo per pensare al mio lavoro, studiare, preparare i provini, leggermi i copioni, studiare per andare sul set e intanto garantire ai miei figli un tempo per stare con loro che sia stimolante, sereno, divertente. Invece no, io sto come una pazza, figuriamoci ora in tempi di pandemia, perché devo pensare alla casa, a cucinare, a fare le cose per loro, dargli da mangiare, devo preparare i provini, devo sterilizzare, devo allattare, c’è da diventare pazzi. In questo momento c’è anche mio marito in casa quindi siamo in due ma è difficilissimo, non è vero che abbiamo gli strumenti per fare tutto. Semplicemente decidiamo ad un certo punto di non arrenderci, di non sottostare a questa mancanza totale di aiuti ed incentivi per mettere su famiglia, non ci rassegniamo a questa cosa e decidiamo che comunque vogliamo coronare il sogno di avere un pargolo tra le mani e vederlo crescere e ci accolliamo tutti i sacrifici del mondo che si fanno per avere un figlio o due, come nel mio caso.

Ivana Lotito | FOTO DI ERICA FAVA

Hai fatto seconda gravidanza e parto durante il primo lockdown, che esperienza è stata?

Ho provato prima un grande panico per la paura di andare dal ginecologo, a fare le analisi con il terrore di ammalarmi però poi dopo mi sono sentita più tutelata perché per esempio in ospedale gli ingressi erano contingentati, c’era molta più attenzione, ero sola nella stanza e c’era un tipo di attenzione differente e questa cosa mi faceva sentire in qualche modo rassicurata. Sapevo che era un ambiente protetto. Certo, avere un figlio durante una pandemia globale è veramente difficile. In più, i figli più grandi soffrono,non possono fare tante cose e non ti puoi far aiutare da nessuno. È diventato complicato fare qualsiasi cosa ora e i bambini risentono del tempo che passano troppo dentro casa.

Il tuo futuro? Gomorra 5 e poi?

Non ne ho la più pallida idea. Anzi, già mi sento fortunata di star lavorando in questo momento. Mi fa molta tristezza che si stia chiudendo il capitolo Gomorra. Ho fatto intanto dei provini ma sono cose in sospeso quindi non ho conferme e non posso pronunciarmi.