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A colloquio con Elena Sedina, la regina italiana degli scacchi

Elena-Sedina - Foto Giorgio Gozzi (Wikipedia)
Elena Sedina – Foto Giorgio Gozzi (Wikipedia)

 “Gli scacchi ci insegnano il potere del “perché?” in modo molto chiaro. Ogni mossa ha una conseguenza ed è in relazione con la strategia generale o non lo è. Se non ci si interroga sulla ragione di ogni mossa si finirà per perdere contro qualsiasi giocatore applichi un piano coerente.”
(Garri Kimovič Kasparov, uno dei migliori scacchisti di tutti i tempi)

Negli ultimi tempi la popolarità del gioco degli scacchi è sensibilmente aumentata per merito della miniserie televisiva “La Regina degli Scacchi”, basata sull’omonimo romanzo di Walter Tevis. È sicuramente riduttivo definire gli scacchi come un semplice gioco di strategia. Con una storia ultramillenaria che ha attraversato tre continenti prima di assumere le sembianze e il regolamento moderno, gli scacchi evocano da sempre emozioni e reazioni contrapposte, simboleggiano la vita, la guerra, la morte. Uniscono diverse categorie concettuali come l’arte, l’estetica e la strategia in una semplice tavola quadrata, assorbono ore e ore di energia e intelligenza umana e artificiale in una sola partita.

Memorabili le sfide tra Kasparov e il computer IBM Deep Blue, storica rimane la partita di Mosca del 1984 durata 5 mesi tra lui e Anatolij Evgen’evic Karpov. Una contesa sospesa dalla Federazione Internazionale degli Scacchi, a tutela della salute psicofisica dei giocatori che, per le energie prosciugate, dimagrirono di molti chili. In Italia non esiste un seguito popolare e i numeri non sono per nulla paragonabili alla grande tradizione scacchistica dell’Unione Sovietica, della Russia e dell’Ucraina. Siamo, però, riusciti a far innamorare dell’Italia una ragazza ucraina che nel 1995 si stabilì nella Penisola per rimanerci a vita.

Elena Sedina, classe ’68, è una scacchista italiana nata a Kiev. È Maestro Internazionale Assoluto e Grande Maestro Internazionale Femminile, inoltre è Campionessa Italiana femminile e Campionessa Svizzera in carica grazie alla doppia cittadinanza. Nel corso della sua carriera ha rappresentato anche l’Unione Sovietica. Con la Nazionale dell’Ucraina ha partecipato a quattro olimpiadi dal 1994 al 2000. Alle Olimpiadi di Mosca 1994 ha vinto la medaglia d’oro individuale in quarta scacchiera, mentre nelle Olimpiadi di Yerevan 1996 ha vinto la medaglia di bronzo individuale in terza scacchiera. Con l’Italia ha partecipato a sette olimpiadi. E’ laureata in Economia Politica e il suo dottorato di ricerca presso l’Istituto di Cultura Fisica di Kiev è stato imperniato, non a caso, sui metodi di allenamento per gli scacchi.

  • Buonasera dottoressa Sedina, ci racconti la sua infanzia nell’Unione Sovietica, come erano scandite le giornate quando era bambina, a Kiev?

Ho iniziato a studiare nel 1975 e nello stesso anno ho cominciato a giocare a scacchi. La mia infanzia è stata molto felice, un periodo bellissimo che ricordo con piacere, soprattutto quando ho iniziato ad alternare la scuola con i primi approcci al mondo degli scacchi, con le prime partite e i primi allenamenti  al circolo. 

  • Come mai si è trasferita in Italia nel 1995?

Per motivi sentimentali, il mio primo marito era un italiano così sono venuta a vivere qui.

  • Può un adulto iniziare a giocare a scacchi e diventare un grande scacchista? E’ uno sport in cui la mente è il mezzo principale, non certo il fisico. Perché, secondo lei, è meglio iniziare sin dalla tenera età?

E sicuramente uno sport prettamente “mentale”, ma alcune cose più semplici da apprendere quando si è piccoli, non si riesce più a immagazzinarle da adulti. Non escludo del tutto che un individuo adulto possa diventare bravo a giocare a scacchi, però il legame tra le 64 caselle degli scacchi e un ragazzino è certamente una prima base solida per sperare di diventare grandi scacchisti. E’ come con le lingue, per un bambino è più facile apprendere una nuova lingua rispetto ad un adulto. Ad ogni modo in Russia molti bambini iniziano a giocare a 4 anni, a ma sembra francamente esagerato e non è detto che automaticamente diventeranno tutti grandi scacchisti. Credo che 6, 7, 8 anni sia l’età giusta per iniziare.

  • C’è stato un momento della sua infanzia o della sua adolescenza in cui ha capito che la sua carriera negli scacchi sarebbe potuta diventare ricca di soddisfazioni?

Ho iniziato a studiare seriamente all’età di 10 anni e all’età di 13 anni vinsi il primo campionato con la mia repubblica, l’Ucraina. Ai campionati nazionali partecipavano tutte le repubbliche dell’Unione Sovietica e l’Ucraina era tradizionalmente una delle più forti. In quella squadra ero una delle più piccole, anzi la più piccola di età e in quel momento, anche grazie ai consigli del mio allenatore, ho cominciato ad avvertire il sentore di un bel futuro personale negli scacchi. Era quello che desideravo. 

  • Quali sono le particolari attitudini per diventare una grande giocatrice di scacchi? La memoria, l’intuizione, l’audacia? Lei ha pubblicato una tesi di dottorato sui metodi di allenamento per gli scacchi presso l’Istituto di Cultura Fisica di Kiev nel 1994, quanto è importante la componente scientifica nel gioco degli scacchi?

Non è semplice rispondere con poche righe, posso dire che la memoria è diventate un fattore importante in questi ultimi due decenni, con l’avvento dei computer. Fino agli anni ’80 l’allenamento era principalmente incentrato su una scacchiera reale e sull’aiuto di un allenatore. Bisogna possedeer anche una certa predisposizione perché gli scacchi sono un gioco di logica e quindi chi è più predisposto, ad esempio, nello studio della matematica, potrebbe beneficiare di un vantaggio iniziale. Gli scacchi sono un insieme di arte, scienza e sport. Penso però che alla fine prevalga la componente sportiva su quella scientifica, artistica o estetica, gli scacchi sono prima di tutto un combattimento.

  • Durante le partite più lunghe le è mai capitato di perdere la concentrazione e di pensare a cose totalmente slegate dal contesto degli scacchi?

Capita e non di rado, anche perché è impossibile mantenere la concentrazione per cinque o sei ore di fila. E’ una cosa normale, ma è importante non estraniarsi del tutto durante i momenti cruciali della partita.

  • Come giudica la serie “La Regina degli Scacchi”? C’è qualche passaggio, una scena particolare che lei ha apprezzato e qualcun altra che non l’ha convinta del tutto?

Complessivamente mi è piaciuta, ho apprezzato la scelta degli autori di fare un lavoro con un certo rigore. Le atmosfere e l’ambientazione rievocano effettivamente quelle degli anni ’60; la scena in cui la protagonista gioca a Mosca il suo incontro e alla fine della partita una folla rimane in trepidante attesa all’esterno, mentre un cocchiere la aspetta, è piuttosto realistica. Gli scacchi erano molto popolari in Unione Sovietica, era proprio così. I grandi scacchisti erano riconosciuti dalla gente, succedeva ovunque, in strada come al teatro Bolshoi. Era ed è ancora il terzo sport più seguito e praticato, dopo il calcio e l’hockey.

  • Lei in una precedente ha lasciato intendere una disparità di trattamento rispetto agli uomini nel suo sport, anche a fronte di risultati migliori. Che tipo di disparità? Ha vissuto qualche episodio molto spiacevole?

Mi riferivo prevalentemente alla diversa retribuzione economica, per il resto i miei avversari uomini mi hanno sempre trattato con molto rispetto e sportività.

  • Pensa che un prodotto cinematografico di questo tipo possa aiutare il mondo degli scacchi ad ottenere più popolarità e, perché no, le donne come lei a ricevere il giusto riconoscimento?

Io lo spero, a maggior ragione lo spero per l’Italia dove questo sport è ancora troppo di nicchia. Non basta, ovviamente, solo un prodotto cinematografico, servirebbero altri presupposti per far crescere un movimento e la popolarità di uno sport.

  • Nel 2019 si è aggiudicata sia il titolo di campionessa italiana che quello svizzero, avendo anche il passaporto rossocrociato grazie a suo marito. E’ un caso molto raro nella storia degli sport individuali, che effetto le fa essere la migliore in due paesi?

E’ stato indubbiamente molto divertente, due risultati arrivati quasi per caso. Sono iscritta alla Federazione Italiana dal 2001 e il campionato vinto era solo il secondo a cui partecipavo, mentre in Svizzera, dopo aver ottenuto la cittadinanza nel 2018, ho vinto al primo colpo l’anno successivo. Visto che non ho più 20 anni questo doppio successo mi è piaciuto ancor di più (ride, ndr).

  • Esiste un testo (oltre al suo redatto insieme a Yuri Simkin, allenatore ucraino) che lei reputa fondamentale e che consiglierebbe a tutti quelli che vorrebbero avvicinarsi a questo sport?

Dipende molto dal livello, se si è principianti consiglio i corsi online della Federscacchi, sono anche gratuiti. Lo stesso vale con la Federazione Europea che organizza corsi per vari livelli. Uno dei testi di Roberto Messa è indirizzato interamente alla categoria dei principianti mentre Claudio Negrini dedica i suoi testi ai livelli più avanzati.

  • Concludiamo tutte le nostre interviste con tre domande le cui risposte saranno successivamente raccolte in un pezzo unico. Qual è il libro che stai leggendo? Quale canzone ti sta accompagnando in questo ultimo periodo? Qual è il tuo piatto preferito?

In questi giorni sto leggendo l’ultimo libro di Isabelle Allende, “Donne dell’anima mia”, un testo quasi del tutto autobiografico. In campo musicale… uhmm… preferisco la musica classica o lirica, ho visto la prima della Scala in televisione, poi mi piacciono Pavarotti e Bocelli. La terza domanda sui piatti preferiti… io e mio marito ci siamo ormai specializzati nei risotti, quello ai funghi è il mio preferito.