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Pink Society

lo sguardo rosa sulla società

Protagoniste: Simonetta Columbu

Simonetta Columbu | foto Giorgia De Angelis
Simonetta Columbu | foto Giorgia De Angelis

Dal stasera 7 gennaio tornerà nei panni dell’ex novizia Ginevra nella sesta stagione di Che Dio Ci Aiuti, fiction di punta di Rai1 con Elena Sofia Ricci nelle vesti di Suor Angela.

Simonetta Columbu, figlia del regista sardo Giovanni Columbu, dopo l’esordio nel cinema d’autore nei film diretti dal padre, Su Re e il docufilm Surbiles, è stata diretta nel lungometraggio da Karen Di Porto in Maria per Roma e Daniele Luchetti in Io sono tempesta dove recitava accanto a Elio Germano e Marco Giallini. Per Luchetti, l’attrice è diventata infatti la splendida e enigmatica Radiosa. Dallo scorso anno è entrata nel mondo della serialità televisiva con Che Dio Ci aiuti e la sua Ginevra, con un passato difficile e la sua ri-conversione da novizia a donna innamorata, ha conquistato il pubblico di Rai1 e le ha fatto guadagnare un posto di tutto diritto in questa stagione 6 con ben 10 episodi. A poche ore dalla messa in onda del primo episodio, raggiungiamo Simonetta al telefono per fare un ripasso delle puntate precedenti e farci svelare la sua visione su cinema, serie e società.

Simonetta Columbu | foto Giorgia De Angelis

Sei stata felice di tornare nei panni di Ginevra, abbracciare in toto la serialità, sviluppando un personaggio per due stagioni?

È stato ed è un bellissimo percorso ed un bellissimo viaggio, sia dal punto di vista personale che dal punto di vista di Ginevra. È bello che un personaggio possa crescere, mutare, svilupparsi.

Come descriveresti Ginevra e la sua evoluzione in queste due stagioni?

Ginevra è una ragazza che viene da un dramma familiare ovvero la madre è stata uccisa davanti ai suoi occhi dal padre, che è finito in prigione. Quindi lei, trovandosi senza genitori è stata mandata in un convento dove è rimasta per tanto tempo.  Lì ha trovato la fede e inizialmente ha deciso di farsi novizia, decisione che cambierà quando incontra Nico (Gianmarco Santino) nel convitto di Suor Angela (Elena Sofia Ricci). Ginevra, a causa di questo trauma e di questa vita così travagliata, inizialmente appare un po’ chiusa in se stessa, un po’ spigolosa con delle idee molto rigide ma è dotata comunque di buon cuore, di ironia, humour e positività.

Il tema della violenza sulle donne, anche se nella chiave leggera della fiction, è molto trattato in Che Dio ci aiuti, soprattutto grazie al vissuto di Ginevra.

Si e infatti colgo l’occasione per dire che il tema della violenza domestica è molto, molto attuale. Purtroppo il coraggio non basta, non solo in Italia ma nel mondo, perché spesso anche le donne che denunciano poi si interfacciano con un sistema che non le aiuta efficacemente, non le appoggia e non dà loro la sicurezza di cui avrebbero bisogno perché nel momento in cui denunci i problemi spesso si acuiscono.

Credo che il nostro sistema sia molto indietro per aiutare le donne che si trovano in questa situazione perché le persone o non vanno in carcere o non ci rimangono per abbastanza tempo.

E in più credo che nella nostra società si continua sempre un po’ a giustificare questo tipo di comportamenti, questo tipo di uomini e situazioni.

Sei figlia d’arte, tuo padre è un famoso regista con cui hai già lavorato, come pensi abbia influenzato la tua idea di cinema?

Lui ha la sua idea di cinema ed io ho i miei gusti. L’aspetto bello di essere nata nel cinema è che mi è stata riconosciuta la libertà di avere i miei gusti, che forse potrebbero anche cambiare.

Il mondo del cinema mainstream seppur d’autore ti si è aperto con Io sono tempesta di Daniele Luchetti. A distanza di anni, come ricordi questa esperienza ?

Un’esperienza bellissima, io adoro Daniele Luchetti, è un grandissimo regista e anche un grandissimo insegnante di recitazione perché a me ha davvero trasmesso tantissime cose. Poi, lavorare con Elio Germano e Marco Giallini è un po’ il sogno di tutti gli attori, è stato veramente molto emozionante, sono due grandissimi attori ed è stata un’esperienza fantastica.

Non tutti i figli d’arte prendono la stessa strada dei genitori. Quando hai deciso che volevi fare l’attrice? Pensi un giorno di cimentarti magari anche nella regia come tuo padre?

Ci sono diverse forme di espressione artistica, io ho scelto la recitazione quando avevo 10 anni però non escludo che in futuro io possa coltivarne altre come la regia che mi piace moltissimo, il giornalismo, la scrittura. Un mio grande sogno è anche farmi una famiglia, quando troverò un compagno che reputo però giusto per me.

Si può avere tutto in Italia: figli e carriera?

Intanto non userò mai la parola sacrificio quando si parla di famiglia e figli come spesso si fa. Poi, io sono andata a vivere da sola a diciott’anni ma a quell’età, in Italia, si è ancora a casa con i genitori e ti dicono ancora a che ora tornare la sera, come vestirti, parlare e muoverti. Nel Nord Europa a diciott’anni ti mandano via e tu a 25 anni sei già sposato. C’è tutto un altro indirizzo di vita, a 25 anni in Italia si pensa ancora ad andare in discoteca e farti dare la paghetta.

Io non faccio parte assolutamente di questa categoria. Quando avevo diciott’anni, già mi sentivo una donna nonostante io apparentemente dimostri 15 anni. Sono nata e già desideravo una famiglia, ho un sentimento materno molto forte però devo dire che in Italia è molto difficile ingranare, in più paghi moltissime tasse. Tutti dicono “viva i giovani” ma viva i giovani cosa : paghiamo un sacco di tasse e non ci sono agevolazioni  per noi. Se trovassi l’uomo giusto, farò un figlio, tentando la sorte, perché se in Italia aspetti il momento giusto, quando hai soldi, casa, lavoro, non lo farai mai. Son pochi quelli che hanno una situazione sicura tale da fare un figlio senza problemi.

Simonetta Columbu | foto Giorgia De Angelis

A che punto siamo con la parità di genere secondo te?

Io credo che ci sia già la parità in tanti aspetti e per altri non c’è ma la troveremo. Credo che ognuno di noi debba lottare nel proprio piccolo ogni giorno per dimostrare chi è, per fare bene il suo lavoro, maschio o femmina che sia.

Io credo che ci sia bisogno soprattutto di trovare un equilibrio tra uomo e donna in questo momento perché non esistono solo le donne o solo gli uomini, esistono entrambi e bisogna trovare il giusto flusso, il giusto equilibrio e il giusto feeling. Altrimenti, il rischio è “donne che odiano gli uomini” e viceversa

Quali sono i tuoi attori preferiti, i tuoi modelli?

A me piace moltissimo Angelina Jolie, da morire Penélope Cruz e il marito Javier Bardem. Mi piacciono moltissimo Kasia Smutniak, Brigitte Bardot e poi, tra gli uomini, ancora Robert De Niro e il nostro Elio Germano. La più bella di tutte è Monica Bellucci.

Una pièce teatrale, un film o una serie per cui hai pensato: “vorrei farlo io?”

Mi piacerebbe portare a teatro L’importanza di chiamarsi Onesto. Poi sempre a teatro, il ruolo di Ofelia lo sento fattibile per me. Un ruolo in un film, molto difficile ma che mi sarebbe piaciuto affrontare è quello in Bright Star di Jane Campion.

Amo tutti i film che ha fatto Penélope Cruz diretta da Pedro Almodovar, regista con cui mi piacerebbe molto lavorare.

Quanto sei legata alla tua terra, la Sardegna, che in questo momento è un luogo ambito per il cinema?

Sono molto legata alla mia Sardegna, una delle terre più belle del mondo e mi fa piacere che anche il cinema, lì, stia crescendo.

Cosa c’è nel futuro di Simonetta Columbu?

Devo terminare un film con mio padre che vedremo nel 2022 al cinema. Ci sono tante altre cose e quegli aspetti che voglio coltivare di cui ti parlavo prima, tanti sogni e speriamo anche un po’ di leggerezza.

Che cosa ci dobbiamo aspettare da questa sesta stagione di Che Dio ci aiuti?

Sarà scoppiettante, incredibile veramente. Devo dire che i fan si stupiranno e anche io mi sono stupita molto piacevolmente quando ho letto la sceneggiatura, è stato un mix tra risate, pianti e occhi sgranati.  È veramente una bellissima stagione secondo me.

Simonetta Columbu | foto Giorgia De Angelis