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Pink Society

lo sguardo rosa sulla società

A colloquio con Giulia Ghiretti, la campionessa del nuoto paralimpico

Giulia Ghiretti

“L’acqua ci è amica, non devi combatterla, condividi il suo spirito e lei ti aiuterà nel movimento.”
(Alexander Popov, ex campione del nuoto)

Il concetto di forza d’animo e di volontà è un mantra piuttosto ridondante nel mondo dello sport e  in tutti i contesti dove i sacrifici sono la base per raggiungere dei risultati. Spesso viene associato a quegli atleti che davanti alle difficoltà non si abbattono, a persone o gruppi di persone in grado di superare gli ostacoli che si presentano sul cammino di un percorso. Negli ultimi travagliati tempi si è diffuso sui media e nella vita quotidiana il termine “resilienza”, un lessema a volte utilizzato con cognizione di causa, altre volte palesemente abusato. Il concetto di resilienza, la capacità di un sistema di adattarsi al cambiamento, è stato traslato nel campo psicologico e delle scienze sociali alcune decine di anni fa. In questo periodo incerto la prepotente ascesa mediatica di questa parola rischia di confondere in modo subdolo più piani, di annullare ogni tipo di distinguo e di riflessione o addirittura di scaricare sul singolo indifeso e incolpevole il peso di una grande difficoltà,  finendo per equivocare il vero significato del termine.

Un esempio di forza d’animo, di volontà e soprattutto di autentica e genuina resilienza prende il nome di Giulia Ghiretti. Nata nel 1994 a Parma, sin da bambina comincia a praticare ginnastica artistica, poi ritmica, e, dall’età di 8 anni, trampolino elastico, disciplina che la porta nel giro della Nazionale. A gennaio del 2010, all’età di 16 anni, incappa in un brutto incidente durante un allenamento di trampolino elastico che le causa una lesione alla colonna vertebrale, togliendole l’uso delle gambe. La piscina, a quel punto, diventa prima un posto dove praticare fisioterapia, poi il luogo di allenamenti fino a tramutarsi in un campo di gara dove poter ritrovare la dimensione sportiva e lo spirito di competizione.

Ai Campionati mondiali di nuoto paralimpico di Città del Messico, nel 2017, è stata portabandiera della Nazionale italiana dei record e in quell’edizione ha conquistato un oro e un bronzo, mentre alle Paralimpaidi di Rio de Janeiro ha vinto una medaglia di bronzo e una d’argento. Ha vinto oltre 30 titoli italiani e detiene diversi record di categoria. Le sue specialità sono i 100 metri rana e i 50 metri farfalla.

  • Ciao Giulia, innanzitutto auguri per il tuo compleanno, anche se un po’ in ritardo (sei nata il 16 febbraio come me, ndr). Partiamo dai tuoi inizi, della ginnastica artistica e ritmica, il tuo primo sport sin da bambina. Come è nata questa passione? Qualcuno in famiglia ti ha influenzato sulla scelta?

Grazie!

Da piccola non stavo mai ferma quindi la mamma per stancarmi e non farmi stare davanti alla tv portava me e i miei fratelli sempre in giro. A 4 anni mi ha portato in palestra e da lì ho iniziato a fare ginnastica ritmica. Poi però la società si è trasferita in un’altra struttura, attrezzata anche con i tappeti elastici per la disciplina del trampolino elastico. Io continua ad andare lì, ma all’età di 8 anni il mio allenatore mi disse che secondo lui avevo il fisico da “trampolinista” e mi ha chiesto se volessi provare. Secondo te, una bambina di 8 anni a cui viene chiesto di provare il trampolino elastico che risponde? Ecco da quel momento ho iniziato un nuovo sport.

  • Dopo l’incidente quanto tempo è trascorso prima di cominciare seriamente a praticare il nuoto agonistico? C’è stato un momento in cui hai pensato di non potercela fare, di non essere realmente in grado di arrivare dove sei arrivata e di gareggiare in un altro sport dopo un bruttissimo incidente?

Devo ammettere che non è passato tanto tempo dall’incidente sul trampolino a quando sono entrata in acqua. Io mi sono fatta male a gennaio, sono uscita dall’ospedale a giugno e mi sono buttata in acqua con i primi allenamenti agonistici ad ottobre.

Ma il tutto è nato quando ero ancora dentro all’ospedale. Mi sono da subito informata su cosa potessi fare una volta uscita. La fisioterapia in acqua mi ha fatto capire che volevo ripartire dal nuoto perché è lo sport dove sei solo tu, senza carrozzina ne niente, solo il tuo corpo. Inoltre mi aiutarono le fisioterapiste facendomi parlare con un nuotatore di Reggio Emilia che era aveva partecipato alle Paralimpiadi di Pechino 2008.

Mi mancavano le gare, quindi mi sono subito buttata in acqua, senza sapere dove sarei arrivata. Ma volevo gareggiare subito, poi che fosse la gara del paesino o le Paralimpiadi in quel momento non contava, la priorità era tornare a fare le gare.

  • Che tipo di sensazioni provi quando ti immergi in vasca durante gli allenamenti e le gare? Cosa ti trasmette il nuoto?

Sicuramente il nuoto mi trasmette un senso di libertà, mi sento senza vincoli, libera. Certo ci sono le giornate si e le giornate no, le giornate dove lo stile proprio non entra, ma è normale.

La sensazione in gara, dipende dal tipo di gara stessa: ci sono le gare dove sei più concentrata e attenta, valuti ogni aspetto studiato prima e le gare dove invece devi tenere a bada la paura. Nelle gare internazionali la paura c’è ma quando ti immergi sei tu nel tuo mondo dell’acqua, non c’è più la pressione della gara, ma sei solo tu e vai.

  • Alle Paralimpiadi di Rio de Janeiro hai conquistato una medaglia di bronzo nei 50 m farfalla e una medaglia d’argento nei 100 m rana. Volendo lasciare da parte la scaramanzia e la prudenza, questa teorica progressione porta dritti a una medaglia a un altro metallo di colore più acceso… a tal proposito senti di potercela fare a Tokio? Come ti senti fisicamente in questo momento?

Da Rio sono cambiate tante cose e tante avversarie. Ogni anno c’è qualcuno di nuovo un po’ a causa delle varie modifiche di categoria, un po’ per altri motivi, quindi non sai mai bene chi saranno le tue avversarie. Ad ora vincere una medaglia a Tokyo sarebbe fantastico, ma comunque quel che viene sarà tanto di guadagnato. L’obiettivo a Tokyo è tornare a casa soddisfatti, proprio perché ripensando a Rio, quello non posso che augurarmi di avere le stesse emozioni e di tornare a casa anche questa volta con soddisfatta.

Come mi sento? È una sensazione strana, tutto incerto tutto in bilico. Ti fermi, poi riparti, poi ti rifermi… Mi preparo al meglio per quello che si può fare in questo periodo, ma non è certo la situazione migliore.

  • Raccontaci del rapporto con gli altri atleti della Nazionale; hai legato con qualcuna in particolare?

La Nazionale è molto numerosa e molto forte, come si è visto negli ultimi mondiali. C’è stato un cambio generazionale: quando ho iniziato ero la più piccola ma dopo il quadriennio olimpico si è girata la ruota e mi sono ritrovata dall’altra parte.

Quindi sono diventata una delle “vecchie” da seguire e questo sicuramente mi rende molto fiera, mi fa sentire vecchia ma mi fa piacere essere un punto di riferimento per i più giovani. 

Ho un buon rapporto con tutti, ci sentiamo sempre, anche se preferiremmo vederci presto. Alessia Scortechini è la mia attuale compagna di stanza e con Giulia Terzi ho condiviso anche tutto lo scorso anno di allenamento a Milano.

  • Da anni tieni speech motivazionali in cui esalti lo sport come strumento e metafora di vita per il superamento delle difficoltà. Restando più in ambito sportivo cosa diresti a un ragazzino o a una ragazzina talentuosa che alle prime difficoltà pensa di lasciare uno sport in cui eccelle?

Sicuramente nulla è mai facile. C’è sempre il momento in cui non ti va bene niente e il momento in cui ti va bene tutto, ma questo fa parte della vita.

I consigli da dare dipendono dalla persona e dal momento. Sicuramente non c’è mai il motivo per mollare. Ma per passare questi momenti di difficoltà ogni tanto bisogna essere testoni e impuntarsi ed ogni tanto, invece, bisogna anche lasciare andare far passare un po’ di tempo e tornarci sopra più avanti. Bisogna avere pazienza, tanta pazienza. Ogni tanto è difficile ma bisogna aver pazienza e provare a prendere la situazione da tanti punti di vista differenti finché non si trova quello giusto, perché garantisco che c’è sempre!

  • Durante le interviste sei sempre molto solare e sorridente, inoltre hai dichiarato che cerchi spesso di mettere le persone che hai davanti nella condizione di potersi sentire tranquille di dire ciò che realmente pensano. Cosa pensi, invece, di chi non riesce proprio a essere del tutto naturale con te?

Non mi tocca molto. Se uno ha dei problemi e non riesce ad essere naturale con me, credo che i problemi siano suoi e debba risolverseli autonomamente.

  • Sei laureata in ingegneria biomedica, come immagini il tuo futuro quando ti ritirerai dall’attività agonistica?

Non saprei, sinceramente sono così presa da questo periodo e da queste Olimpiadi, che stranamente preparo da 5 anni che non ho idea del mio futuro. Diciamo che ho intrapreso la strada di ingegneria biomedica perché vorrei poter collegare questo lavoro al mondo sportivo. Per ora finisco di studiare, poi vedremo.

  • Attualmente vivi ancora a Milano? Hai fatto parte del comitato scientifico di Parma capitale italiana della cultura 2020, facciamo un gioco: devi convincere un indeciso viaggiatore che non è mai stato nella tua città, a visitare Parma. Cosa gli diresti?

No, a Milano non ci sono più, con il lockdown ho ritenuto più opportuno tornare a casa.

Fare parte del comitato scientifico per Parma 2020 è stata una grande occasione ed una grande opportunità. Sono stata tanto fiera di presentare Parma come capitale della cultura.

Che dire, a Parma si sta bene. È piccola città ma c’è tutto e tutto è a portata di mano. Riesci ad abitare in campagna ma raggiungere velocemente la città. E poi si mangia mooooolto bene!

  • Concludiamo tutte le nostre interviste con tre domande più “leggere” le cui risposte saranno successivamente raccolte in un pezzo unico. Ci può dire il titolo del libro che stai leggendo, la canzone che ti accompagna in questo mese e il tuo piatto preferito?

Il libro che sto leggendo ora è “Niente teste di c***o”, di James Kerr, che applica la mentalità di una squadra come gli All Blacks di rugby, alle situazioni della vita quotidiana e lavorativa di ciascuno di noi.

La canzone non c’è, mi piacciono tante canzoni e spesso o vado a random, o ascolto la radio.

Ecco sull’ultima domanda mi piacerebbe darti una sola risposta. Il problema è che adoro mangiare e la buona cucina, quindi è una gara dura. Ti potrei dire una bella bisteccona, ma potrei anche optare per dei tortelli d’erbetta, che tornando alla domanda di prima, a Parma sono un piatto veramente di alto livello, e penso siano una motivazione convincente per venire a visitare Parma.