fbpx

Pink Society

lo sguardo rosa sulla società

Quell’effetto Gioconda della Monnalisa di Leonardo

È più un enigma che un ritratto. Sembra un gioco di magia che non è ancora stato svelato, che annulla ogni discrimine tra artista, spettatore e soggetto

In tanti secoli di storia, le sono state dedicate milioni di parole. Della Gioconda e del suo sorrisetto (un po’ mesto e un po’ enigmatico), è difficile scrivere senza scoprirsi in fondo a una fila molto lunga e rumorosa di suoi ammiratori. Perché lei è “il” ritratto per eccellenza. Ed è una magia.

Ma è per davvero solo un ritratto? Non si sa.

Quando la si intravede per la prima volta sembra che ci stia lanciando un invito a incontrarla per raccontarti un segreto, ma quando la avvicini (non troppo perché al Louvre non è concesso andarle troppo vicino – la sua sicurezza dipende dalla nostra discrezione, in fondo è come una regina) sembra aver cambiato idea… preferisce restare ancora un po’ in silenzio, da sola, persa nel suo mondo.

Lo spettatore, di contro, non resta deluso, perché capisce di essere parte di quel dialogo che si muove tra lo sguardo di lei e il proprio. Potente e paradossale questo dialogo ti irretisce. È frustrante e sfidante come un enigma.

È l’effetto Gioconda (io lo chiamo cosi), che risiede nella sua capacità di stimolare domande e pensieri da secoli, realizzato da Leonardo combinando lo sfumato (in maniera magistrale) e la profonda comprensione del desiderio umano, ritraendo un volto neppure bellissimo.

>> Leggi anche: Chi è la donna più bella del mondo?

È una sorta di magia, quest’opera: quando la si intravede per la prima volta sembra che ci stia lanciando un invito un po’ lascivo, un po’ ammiccante, un po’ provocatorio e frustrante.

Questo l’effetto interattivo e paradossale dell’arte, di quella vera. Qual è la cosa più bella del ritratto (forse) di Monnalisa?

Non il suo volto. Non il suo ritratto. Non il suo imperfetto sorriso, ma la sua grande capacità di stimolare ulteriori domande.

Questo non è il ritratto della Gioconda ma quello all’ambiguità.

L’espressione facciale così sottile e complessa della Monnalisa riesce a trasmetterci quasi tutto: interesse, condiscendenza, malinconia, noia, disagio, lieve imbarazzo, atmosfere da flirt, passioni…. Sul suo volto sono “incise” e plasmati tutti i pensieri e le esperienze del mondo.

È questa ambiguità espressiva ad aver permesso all’artista di stimolare in chi la osserva (da sempre) un’intensa reazione emotiva.

Un sorriso sarebbe stato solo un sorriso, sarebbe stato troppo scontato. Leonardo lo sa. E sceglie l’ambiguità.

Visto che Leonardo è l’uomo degli enigmi, la Gioconda è probabilmente una delle sue grandi magie, che è stata capace di alimentare per secoli l’eterno dibattito tra il serio e il sogghigno.

Il rumoreggiare attorno al sorriso della Gioconda cominciò nel diciannovesimo secolo, quando la devozione della critica verso l’arte rinascimentale aveva raggiunto il suo culmine. Uno storico in particolare, Jules Michelet, nel suo Histoire de France (1855) scrisse:

“Questa tela mi attira, mi chiama, mi invade. Torno a guardarla mio malgrado, come un uccello col serpente”.

Il ritratto più famoso del mondo è incentrato proprio su questa sfida, cui sono state dedicate milioni di parole, supposizioni, interpretazioni. E se accanto al sorrisetto della Gioconda, a ben vedere ci fosse quello di Leonardo che ci osserva?

Paradossale ma vero, la Gioconda annulla ogni discrimine tra artista, spettatore e soggetto.