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Piero della Francesca è amico mio

Piero della Francesca è amico mio

È grazie a lui che ho conosciuto Vermeer 

Io e Piero della Francesca ci siamo conosciuti a Genova quasi trent’anni fa, in un’aula della mansarda di Palazzo Balbi. Siamo diventati compagni di studio e di passioni in poche ore, come un colpo di fulmine, bang!

È con lui che ho fatto il mio primo viaggio di studio in val d’Arno, Urbino, Arezzo e Sansepolcro. Quante chiacchiere a sua difesa quando ho scoperto che il suo collega matematico (che storie si sentono su certi personaggi invidiosi delle capacità altrui… mannaggia….!) Luca Pacioli gli aveva “rubato” il suo trattato di prospettiva mentre entrambi lavoravano a Urbino, per poi pubblicarlo a proprio nome. Ma si può, mi sono spesso ripetuta, sottrarre a un artista come lui, approfittando della sua cecità, un’opera  meravigliosa come il “De prospectiva pingendi”?

Bene. La nostra amicizia è cominciata lì. Anche se poi è diventata ammirazione e piacere a dialogare con le sue immagini, che sono pensieri più che emozioni. Pensieri su cui molti altri pittori hanno costruito la propria grandezza.

A me piace da morire. Se lo vedi lo riconosci subito. Piero è Piero: inimitabile. È un’icona.

Una tra le opere che mi piacciono di più è questa: è la “Madonna di Sinigallia”. Mi piace il modo in Piero la ritrae: c’è una dolcezza e un’umanità nascosta in questa Madonna, mentre come ogni  mamma tocca i piedi del suo Bimbo (sperando che nessuno se ne accorga), mentre lo stringe a sé perché ha bisogno di averlo a pelle, anche se è preoccupata e stanca. È circondata da angeli (il loro sorriso è appena accennato, sembra persino un po’ impacciato e ispira simpatia) e da simbologie “regali” che ci svelano inviolabili segreti.

Madonna di Sinigallia
Madonna di Sinigallia

La vita che Piero ritrae in questa pala, è quella dei raggi del sole del suo pulviscolo, che danza davvero davanti nostri occhi: è una magia davvero, è quella dell’intimità, che si svela nel silenzio.

È un’immagine intima quella che Piero ci regala. Ha toni lirici che mi hanno sempre colpito che sono uno sbalorditivo preludio alle scene fiamminghe di vita domestica del diciassettesimo secolo dipinte da Vermeer.  Ciò è possibile: Piero, probabilmente come Vermeer possedeva conoscenze e comprensione dei fenomeni ottici e della matematica della prospettiva per ottenere un effetto di atmosfera sospesa. Ecco perché lo considero un fuori classe

A queste conclusioni era giunto il critico Roberto Longhi, che di questa Madonna di Senigallia ci ha lasciato uno dei contributi più profondi ed eleganti, trovando nella luce proprio una delle chiavi di lettura del dipinto. “Si trasecola – scrisse Longhi – al vedere il puro lume stillato e raccolto in queste forme semplici e par quasi che il vecchio senso sintetico dopo aver suggerito a Piero i teoremi della forma-colore gli additi ora quelli della forma astratta della luce, che, come è noto, dovevan fruttificare tanto più tardi, nella pittura. E quando, infine, si avverta come quel rombo di sole sul muro, si unisca attraverso l’oscurità, per via di una guida di pulviscolo, alla fonte luminosa, ci si domanda se in questa conciliazione, quasi, dell’infinitesimo col volume, Piero non stenda, da’ suoi tempi, la mano a quegli olandesi, che, due secoli dopo, fondarono i problemi del lume sur una spaziosità appresa dall’Italia: il De Hooch e il Ver Meer”.

Capite, ora che cosa voglio dire?
Piero mi ha fatto conoscere e amare persino la pittura olandese di Vermeer: ce ne fossero di amici così!