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Pink Society

lo sguardo rosa sulla società

Racconti Pink – Sarah: Si sfoghi col cuscino

Qualche giorno fa sono andata in una di quelle erboristerie che sembrano dei piccoli supermercati, carissimi, ma tanto, tanto alternativi. Ci incontri per lo più signore sui cinquanta, che hanno la faccia, i vestiti, le scarpe, le movenze e l’espressione coerente con la militanza politica di quando erano ragazze, di sinistra ovviamente.

Non sono cambiate di una virgola, l’espressione di orgoglio vagamente arrogante, sotto la capigliatura rigorosamente grigia, possibilmente spettinata, perché loro sì che hanno fatto fronte comune contro la deriva nazionalista e comprano cibo biologico con l’aria di chi sta salvando la foresta amazzonica. altro che Greta!

Qualche giovane mamma porta una ventata di freschezza che dura solo un attimo: si aggirano tra gli scaffali, anche loro fiere, per comprare ai loro bambini, anzi bambino (figlio unico of course) cibi sani e ideologici. Qualche ruga in meno, ma identica tristezza.

Cercando di distinguermi dalle pantere grigie, con il mio abitino-ino, scarpina-ina e non un filo bianco nei capelli (mi costa un capitale, ma io sono contro le ideologie…), mi avvicino a un signore in camice bianco, che il cartellino rivela essere un medico omeopata.

Confesso che ho avuto – figlia di medico della vecchia scuola – un attimo di dubbio sulla possibilità che possa esistere in natura l’abbinata medico/omeopatia. Ma per il solo fatto di essere lì a comperare i semi di girasole, mi sentivo olistica e mi sono rivolta all’uomo bianco, colpita dall’improvviso desiderio di risolvere un annoso e taciuto (per me, gli altri se ne accorgono subito) problema: la coscia latina.

“Le ho provate tutte, ma anche quando sono meno grosse del solito, non oso dire snelle, sembrano sempre delle zampogne, in quei punti lì, dottore… Due bozzi a livello delle anche” aggiunse vergognosa. E così, tra una chiacchiera e l’altra, nel giro di pochi minuti ho raccontato a un estraneo dettagli intimi sulle mie funzioni fisiologiche più imbarazzanti.

“Non elimina le tossine, signora…”

“Eh certo lo stress”.

Un vago senso di colpa perché non bevo ALMENO due litri d’acqua al giorno.

“LI BEVE SIGNORA?!”

“Ma certo, ci mancherebbe! Chi non sa che…”

“Lei deve essere una che trattiene molto” mi interrompe Camice Bianco e io abbasso lo sguardo contrita e confesso di sì, con movimenti accennati del capo, al che lui, davanti alla mia resa incondizionata, mi intima

“Si sfoghi con il cuscino: ci urli dentro!”.

Sono uscita dal negozio inorridita, sentendomi una specie di eroina per aver fatto resistenza passiva non comperando nulla.

Ma fuori di lì ho pensato che, in fondo, ci aveva visto giusto, quello là, il medico pazzo.

Che dentro di me ci sono tante cose inespresse, idee emozioni e anche, sì, tanta rabbia che devo sfogare. E allora sai che faccio? Scrivo un libro con le mie amiche.

*****

Claudia interruppe la lettura, perplessa.

“Sarah… come finisce?”

“…non sono stata capace di continuare” rispose scuotendo quelli che lei chiamava boccoli alla Shirley Temple, che la facevano sembrare tanto romantica e giovane. Ma questo era un pensiero solo suo.

La perfida Annalisa con un guizzo di cattiveria nascosto dietro al sorrisetto di circostanza, chiese:

“è successo veramente?”

“Beh, sì: volevo dirgliene quattro, sono uscita sdegnata”

“Sai che roba, non sei stata capace di reagire!”

“Vabbeh, ma poi la sera sono uscita con un tipo…”

“O’ veramente?” questa era Maria Concetta, nome poco esotico per una napoletana trapiantata al nord al seguito di marito dentista, figo niente da dire, che tornava comodo.

“Come è andata?”

“Malissimo. Però ci ho scritto un altro racconto, tieni Claudia, leggi”.