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Protagoniste: a Martina Absinta il Premio Rita Levi Montalcini di FISM 2021

Martina Absinta vince il Premio Rita Levi Montalcini di FISM 2021

È una giovane ricercatrice lombarda, che torna in Italia dopo quasi dieci anni negli States. L’abbiamo incontrata per voi

“Quando mi chiedono cosa faccio nella vita, rispondo sempre che non ho mai lavorato un giorno” – dice con entusiasmo Marina Absinta, vincitrice del Premio Rita Levi Montalcini 2021, uno dei riconoscimenti italiani più prestigiosi per i giovani ricercatori.

Martina è una giovane scienziata, appena rientrata in Italia dopo quasi dieci anni di lavoro negli States: “Fare ricerca è un privilegio. Lavori per capire lo stato delle cose, per capire una malattia seria come la sclerosi multipla, per scoprirne i meccanismi, per consentire alle persone con SM di vivere fino in fondo la vita che vogliono vivere potendosi dimenticare di avere la sclerosi multipla. È un compito davvero gratificante, indipendentemente dallo stipendio o dai successi”.

Segnatevelo. I lavori di Martina Absinta sulle lesioni cronicamente attive (il cuore delle sue ricerche sono proprio loro), saranno fondamentali per studiare terapie di nuova generazione nelle forme progressive di malattia.

Si è appena concluso a Roma il Congresso Scientifico della Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (la più grande realtà italiana impegnata nella lotta alla SM), cui hanno partecipato qualcosa come 200 tra i migliori ricercatori al mondo che si occupano di SM.

Il Premio Rita Levi Montalcini è stato conferito a Martina Absinta dal presidente di FISM, Mario Alberto Battaglia e dal suo direttore scientifico Paola Zaratin.

Martina ha un sorriso enorme e una disponibilità verso le persone ancora più grande. E’ lombarda DOC; vive a Caravaggio, in provincia di Bergamo, e lavora a Milano.  E’ tornata in Italia a novembre 2020, in piena pandemia, appena dopo aver partorito Jacopo, il suo secondo bimbo, che oggi ha 14 mesi.

Sono un’ottantina le pubblicazioni scientifiche di Martina, una ventina hanno il suo nome come autore principale, tutte svolte nell’arco di poco meno di dieci anni. “Nel 2012 ho detto al professor Massimo Filippi, docente con cui ho fatto la tesi di specializzazione e iniziato concretamente ad appassionarmi alla ricerca, che volevo andare negli Stati Uniti a fare ricerca neuro-patologica sui tessuti autoptici. Il mio desiderio era capire le tracce di danno che la sclerosi multipla lascia dalle persone. Volevo abbinare la conoscenza ricavata dai tessuti con l’analisi in vivo attraverso la risonanza magnetica, i migliori macchinari, le migliori tecnologie; volevo poter capire come la malattia si evolve nel cervello delle persone che la vivono quotidianamente. Avevo una grande voglia di fare, di lavorare, di indagare, di studiare. Per mia fortuna il professor Filippi mi ha indirizzato al National Institute of Neurological Disorders and Stroke dell’NIH (National Institute of Health), in Maryland, sotto la guida di Daniel Reich, che stava allora aprendo un gruppo per l’uso del 7 Tesla.

È stata una scelta felice, che mi ha cambiato la vita. I miei studi, lì, mi hanno portato al Premio Rita Levi Montalcini”.

È stata la nuova tecnologia sviluppata con i macchinari a 7 Tesla ad aver aiutato Martina Absinta ad osservare anche nelle immagini raccolte in vivo, le “lesioni cronicamente attive”, cuore delle ricerche di Martina.

“Abbiamo scoperto – racconta – che queste lesioni attive si espandono nel tempo e che la demielinizzazione rovina gli assoni circostanti. E’ come se nel cervello avessimo degli hotspot (letteralmente punti caldi,) che continuano a procurare del danno. Sto seguendo l’andamento di queste lesioni in pazienti in cui abbiamo osservato la loro nascita e abbiamo anche dati di 9-10 anni di follow up in cui si vede che l’infiammazione è sempre presente e che le lesioni sono completamente demielinizzate”.

Nel 2019 un ulteriore studio ha mostrato come queste lesioni rappresentano uno dei fattori che determinano una disabilità crescente: le persone con tante lesioni clinicamente attive hanno una progressione di disabilità fisica e cognitiva più rapida e consistente. Dopo questo, un terzo studio (sempre firmato da Martina), ha permesso di capire cosa fa quella cellula autoptica. Potrà consentire ai ricercatori di identificare meccanismi cellulari e potenziali target terapeutici da colpire per fermare questa infiammazione perennemente attivata.

Adesso la sfida è che questo biomarcatore di risonanza entri nelle ricerche di nuovi farmaci. Io personalmente sto seguendo un trial in cui pazienti in trattamento con Ocrelizumab vengono studiati alla risonanza per vedere se e come questo trattamento spenga le lesioni cronicamente attive. E in uno studio appena portato al Congresso ECTRIMS abbiamo mostrato come, a distanza di un anno, le lesioni continuino a essere attive. Possiamo ipotizzare che si possa e si debba studiare (sempre meglio) l’impatto delle terapie esistenti e di quelle future sulle lesioni cronicamente attive anche per arrivare a identificare quei trattamenti neuro protettivi e rimielinizzanti su cui è oggi impegnata la ricerca delle terapie che ancora mancano. Io mi impegno a trovarle, queste risposte. Voglio farlo, lo prometto”.

Credete a me. Conoscerla è stato un privilegio.