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Dalle parole sulle donne alla parola alle donne

Dalle parole sulle donne alla parola alle donne

Nel 1999 l’ONU istituiva ufficialmente la Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne (International Day for the Elimination of Violence against Women), volta a promuovere la parità di diritti tra uomo e donna e l’emancipazione femminile per mettere fine a: maltrattamenti, violenze, molestie e ai femminicidi.

Il femminicidio oggi è la più estrema forma di violenza contro le donne, vengono registrati in tutto il mondo ben centotrentasette femminicidi ogni giorno. Uno studio delle Nazioni Unite del 2017 ha stabilito che il 58% degli omicidi di donne era stato commesso o dal partner, o da un ex partner, o da un famigliare, definiti ‘’intimate homicide”, in prevalenza motivati da gelosia, rabbia, incapacità di accettare la separazione o l’abbandono, vendetta. Senza contare gli ‘’omicidi verticali e transgenerazionali”: matricidi (13 da inizio anno), parricidi (12 padri naturali) e figlicidi (12, con 6 vittime di genere femminile e 6 di genere maschile).

Gli assassini di genitori sono soprattutto figli maschi (22 su 25, con l’ombra di problemi psichiatrici in svariate vicende). In Italia nel 2017 le vittime di femmicidio furono 132 delle 365 vittime totali, nel 2018 nel rapporto Eures: ’’Femminicidio e violenza di genere in Italia’’ si sottolineava che non si era mai registrata una percentuale così alta di femminicidi, le vittime furono 141 su 359 omicidi, le donne uccise in famiglia 119 e secondo i dati istat 133 vittime di omicidio volontario. Nel 2019 le vittime di omicidio volontario furono 111 su un totale di 375, di cui l’88,3% è stata uccisa da una persona conosciuta: 55 donne, ossia il 49,5% dal partner attuale, 13 donne l’11,7% da un partner precedente, 25 donne il 22,5%, da un familiare, che fossero figli o genitori e 5 donne corrispondenti al 4,5% dei casi da un’altra persona che però conoscevano.

Nel 2020 in Italia le donne vittime di omicidio volontario sono state 116 su 286. Tra il 1 gennaio e il 7 novembre di quest’anno in Italia sono stati registrati 103 femminicidi, una ogni tre giorni: 87 uccise in ambito familiare, di queste 60 hanno trovato la morte per mano del partner o dell’ex partner. Cento vittime di genere femminile contro 93 alla stessa data 2020 (+ 7,5%).

Nella graduatoria regionale spiccano in negativo Lombardia (18 vittime donne, pari al 56,2% dei 32 uccisi), Lazio (14, il 58,3% del totale regionale, 24) e Veneto (12 ,il 63,2% delle 19 vittime). In altre sei regioni la percentuale tocca o supera i 50. Solo in cinque (Friuli Venezia Giulia, Marche, Umbria, Basilicata e Molise) per ora le donne sono state risparmiate.Il numero globale è simile: 238 delitti complessivi al 26 ottobre 2021 e 240 alla stessa  data dell’anno scorso, l’anno dei minimi storici. Nel 2020 gli omicidi volontari si sono fermati sotto quota 300, a 286. Trent’anni fa furono 1.938.

Nel mondo circa 15 milioni di ragazze tra i 15 e i 19 anni hanno subito una violenza sessuale. In Italia, il 31,5% delle donne dai 16 ai 70 anni ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, parliamo di 6,78 milioni di donne. Quando si è trattato di violenza sessuale, il 62,7% degli stupri è stato commesso da un partner della vittima. Secondo i dati dell’Istat tre omicidi su quattro avvengono tra le mura domestiche, nella gran parte dei casi le donne subiscono atti di violenza all’interno della famiglia.

violenza di genere come ogni atto legato alla differenza di sesso che provochi o possa provocare un danno: fisico, sessuale, psicologico, una sofferenza della donna, compresa la minaccia di tali atti, la coercizione, l’arbitraria privazione della libertà sia nella vita pubblica, sia nella vita privata

La violenza domestica include anche atti violenti contro i bambini, gli anziani e in generale i membri di un nucleo familiare. La violenza domestica è un fenomeno grave da sempre: è una forma di violenza psicologica oltre che fisica che isola le donne dal resto della società, ne limita la formazione e di conseguenza la ricerca occupazionale, conseguentemente ne riduce enormemente l’autonomia. A causa della mancanza di un supporto economico molte donne sono costrette ad accettare tali forme di violenza per poter mantenere se stesse ed i propri figli, sono forme di violenza talmente comuni che spesso vengono subite in totale silenzio, soprattutto per la paura di perdere  i propri bambini, fenomeno ormai comune. Dal punto di vista occupazionale, sono tantissime le disparità di genere, sebbene il livello di istruzione delle donne sia più alto rispetto a quello degli uomini: 4,1% in più delle donne rispetto agli uomini ha un titolo di diploma superiore, ma il livello di occupazione femminile rimane comunque molto più basso rispetto a quello degli uomini.

Secondo il rapporto del Servizio analisi criminale interforze, l’organismo che riunisce i dati raccolti dalla Polizia, dai Carabinieri, dalla Finanza e dalle Guardie Penitenziarie, il numero totale degli omicidi volontari commessi nei primi sei mesi del 2019 era sceso dai 161 a 131, ma il numero di donne uccise è salito da 56 a 59, con un aumento del 5%. Come spesso accade, è il contesto famigliare quello in cui le donne subiscono il maggior numero di episodi di violenza. Durante il lockdown gli omicidi commessi da partner o ex partner sono aumentati. Il report fornisce poi numeri dettagliati su episodi di maltrattamenti (1.453 ad aprile contro i 1.697 di maggio) e violenze sessuali, che si mantengono sempre sotto i valori di gennaio e febbraio 2020, con 263 casi a maggio e 326 a giugno. I dati però spesso risultano essere frammentari e ciò dipende dai diversi criteri che gli enti utilizzano per classificare reati e omicidi.

Questi numeri però vanno tradotti con nomi e vite di persone, che spesso lasciano dei vuoti incolmabili e in particolare modo bambini orfani di madri. La Convenzione di Istanbul ha stabilito che dovrebbe esserci un centro antiviolenza ogni 10mila abitanti, invece sono in numero esiguo rispetto alle reali necessità. I centri antiviolenza sono i luoghi più sicuri in cui poter trovare un appoggio e un supporto concreto per la risoluzione del problema e per poter denunciare. Se ci dovessimo trovare in situazioni di pericolo e di violenza, nel caso conoscessimo qualcuno che vive questo disagio, è importante rivolgersi immediatamente ai centri antiviolenza, è il primo passo per una donna coinvolta direttamente di riconoscere la violenza come tale e avviare un progetto d’uscita dalla violenza. 

violenza domestica

Le Nazioni Unite in occasione della Conferenza Mondiale sulla Violenza contro le Donne tenutasi a Vienna nel 1993, hanno definito la violenza di genere come ogni atto legato alla differenza di sesso che provochi o possa provocare un danno: fisico, sessuale, psicologico, una sofferenza della donna, compresa la minaccia di tali atti, la coercizione, l’arbitraria privazione della libertà sia nella vita pubblica, sia nella vita privata (Art. 1, Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’Eliminazione della Violenza contro le Donne, Vienna, 1993), tutto ciò si traduce con: ‘’uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini”.

Quindi con l’espressione violenza di genere si indicano tutte quelle forme di violenza: psicologica, fisica come le percosse, sessuale come lo stupro, tutti gli atti persecutori come lo stalking, fino ad arrivare al femminicidio. Sono reati che vengono commessi nei confronti di un vasto numero di persone discriminate in base al loro sesso, un tipo di violenza diretta ad una persona sulla base della sua appartenenza, appunto, di genere, ovvero la violenza agita dagli uomini contro le donne proprio perché donne, che siano esse: compagne, figlie, sorelle, madri, conoscenti.

Si parla di violenza di genere per caratterizzare le diverse forme di violenza agite contro le donne. In questo senso la violenza di genere si distingue da tutte le altre forme di violenza, è importante mantenerla concettualmente distinta per comprenderne: le origini, le cause e le ripercussioni. Le distinzioni inoltre ci consentono di caratterizzare la violenza contro le donne non soltanto come violenza tout court, e quindi come un problema solo inerente alla loro sicurezza ed incolumità fisica e psicologica, ma anche come una gravissima forma proprio di discriminazione, una violazione dei diritti fondamentali: vita, libertà, sicurezza, dignità, integrità fisica e mentale, uguaglianza tra i sessi. 

La Convenzione di Istanbul ha stabilito che dovrebbe esserci un centro antiviolenza ogni 10mila abitanti

Il fenomeno della violenza contro le donne ha una specificità, tenerla distinta rispetto ad altre forme di violenza permette di iscriverlo nella più ampia cornice di un tipo di cultura: sessista, patriarcale, discriminatoria, antiquata di cui è permeata tutta la nostra società. La violenza contro le donne è un problema culturale, riflette le profonde disuguaglianze che sussistono in relazione ai diversi ruoli che la società affida all’uomo e alla donna, in virtù del loro sesso. Comprendere questa stretta relazione rende il problema della violenza contro le donne un problema di tutti, non solo in quanto fenomeno sociale diffuso e quindi in capo alla collettività, ma anche in quanto manifestazione esasperata dello svilimento del femminile che si manifesta attraverso l’oggettificazione del corpo, la limitazione dell’individualità, visibilità e autorevolezza delle donne nella vita economica e politica, ma anche nelle mille sfaccettature della vita familiare e delle relazioni affettive.I casi di violenza, indipendentemente dalla loro gravità sono il riflesso di questa persistente discriminazione contro le donne soprattutto dal punto di vista legale ed economico. Per combattere la violenza di genere bisogna estirpare e cambiare radicalmente una mentalità misogina che fino a non molto tempo fa era riflessa anche nel nostro Codice Penale. Poiche’ lq violenza di genere è un problema culturale non è facile trovare un pattern comune tra le diverse situazioni che rientrano nella definizione di violenza di genere, che ormai si verifica indipendentemente da fattori famigliari ed economici, o di background sociale, ed è proprio per questi motivi che sta diventanto sempre piu’ difficile da combattere. 

Nella narrazione che di questi fatti viene fatta giocano un ruolo fondamentale: la modalità con la quale vengono affrontati tanto attraverso i media tradizionali e mainstream quanto sui social, il tono e il linguaggio, perché il ricorso a certi sistemi di sensibilizzazione potrebbero risultare essere fuorvianti e fuori luogo, il corretto utilizzo delle parole e delle immagini è fondamentale, le strumentalizzazioni possono essere molto forti, facilmente si può cadere in eccessi di personalismi che svuotano di contenuto le finalita’. Pertanto il lavoro sulla comunicazione è uno degli ambiti fondamentali che dobbiamo mettere in campo, facendo molta attenzione a come ci muoviamo, perché anche se mossi della migliori intenzioni, potremmo rischiare di ottenere l’effetto contrario. È soprattutto attraverso i giornali, la radio e la televisione che informiamo e sensibilizziamo l’opinione pubblica sul tema della violenza di genere, ma il rapporto con gli organi di informazione spesso è molto complesso, perché è facile cadere nella spettacolarizzazione, l’esigenza di comunicare il tema della violenza in modo approfondito e corretto, nel rispetto e nella tutela delle donne, va sempre misurato affinché arrivi un messaggio forte sul fatto che ciò che va comunicato è che esiste sempre una via di uscita dalla violenza. Purtroppo le regole del giornalismo spesso contrastano con tutto ciò, in quanto i giornali e le trasmissioni televisive vogliono raccontare delle “storie” e spesso sono alla ricerca di sensazionalismo, i media tendono a rappresentare le donne che subiscono violenza come delle vittime ormai segnate da un destino che non lascia loro nessuna speranza, invece dovremmo tutti lavorare affinché le vittime di violenza venissero valorizzate per le capacità, la forza, la resilienza, che sono i fattori leva che possono motivare una donna ad uscire da una situazione di violenza. Bisogna puntare su interventi mirati e calibrati di sensibilizzazione e formazione sul tema della violenza e sugli stereotipi di genere che permettano di promuovere un cambiamento culturale attraverso il rispetto di sé e dell’altro.

La violenza di genere si presenta come un fenomeno stratificato, sono innumerevoli le cause che stanno alla base e tante conseguentemente le soluzioni. Le vittime però devono essere aiutate a trovare in primis il coraggio e la forza di denunciare, le istituzioni pubbliche devono ascoltarle e soprattutto credere alle sopravvissute, la giustizia deve fare il suo corso ma dare un segnale univoco condannando per questi reati i colpevoli, rassicurando sul fatto che ad una denucia consegua una pena certa, che venga esaguita, questi reati non devono in alcun modo restare impuniti. La porala va data solo alle donne vittime: dei loro carnefici, della societa’ che non riesce a dare giuste e piu’ adeguate risposte, di questo sistema che non le accoglie o non le sa accogliere, ma soprattutto dimostra di non saperle proteggere. Sono loro che con le loro storie, i loro trascorsi, le loro esperienze a poter narrare, tutti noi dovremmo restare in un composto e rispettoso silenzio ad ascoltare.