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Pink Society

lo sguardo rosa sulla società

Protagoniste: intervista ad Antonella Carone

Antonella Carone | photo © Riccardo Ghilardi
Antonella Carone | photo © Riccardo Ghilardi

La sua Perfidia, nei film campioni d’incassi del duo Me contro Te, non ha nulla da invidiare ai villain della Disney in quanto a fama e cattiveria ma Antonella Carone, è già pronta a nuove sfide.

Dopo averla vista in Spaccapietre accanto a Salvatore Esposito e nonostante il successo nazionale con i tre film amatissimi dai ragazzi, si torna per l’attrice, al primo amore, il teatro. Su Pink Society scopriamo un po’ di più di un’artista che ama costruire personaggi che vivono di vita propria e che dà forza a tutte le mamme future con la sua inarrestabile esperienza di lavoro e gravidanza.

Se è vero che i cattivi hanno sempre molto fascino, non portano comunque una responsabilità in più?

Si,  interpretare un villain ha sempre una grande responsabilità ma penso che sia legata all’estrema verità dei personaggi. Nel momento in cui interpreti un “buono” è più facile, il cattivo, proprio perché divisivo, ha una responsabilità maggiore.  Perfidia incarna, a mio modo di vedere ed interpretare, il mondo degli adulti. È un personaggio sicuramente più adulto che, con le sue spigolosità, il suo cinismo, se vogliamo, porta sicuramente a questo panorama di personaggi, dei valori altri, delle qualità altre che nella vita comunque ritroviamo, fanno parte dell’essere umano. Questa è la mia responsabilità: portare sullo schermo e a dei bambini che sono dei destinatari, delle qualità che saranno meno edificanti sicuramente ma sono riscontrabili nella vita di tutti i giorni. Quando si cresce prima o poi dobbiamo confrontarci con chi la pensa diversamente da noi e chi ci risulta cattivo. Penso che sia un passaggio ineliminabile anche e soprattutto nella crescita e non a caso le fiabe per essere tali hanno bisogno sempre di un cattivo e quale narrazione migliore per la crescita e lo sviluppo di un bambino se non una fiaba? Penso che faccia parte proprio della crescita dell’essere umano e della formazione, affrontare un cattivo.

Antonella Carone | photo © Riccardo Ghilardi

Per interpretare meglio un ruolo, serve cercare di spiegarsi le ragioni della cattiveria di un personaggio?

Sì, serve sempre trovare le ragioni, i motivi di una cattiveria presunta. Qui chiaramente stiamo parlando di una cattiveria edulcorata perché ci rivolgiamo ad un pubblico di bambini però ogni attore secondo me, qualunque cosa interpreti, ha il dovere di chiedersi perché questo personaggio si comporta così nel bene o nel male. Chiaramente un attore, dal mio punto di vista, deve sposare le ragioni del personaggio altrimenti non è credibile e si realizza una sorta di scollamento tra l’attore e il ruolo interpretato. A me piace portare sullo schermo dei personaggi che siano coerenti perlomeno con se stessi e questa coerenza te la dà il fatto di rispondere al perché quel personaggio si comporta in una determinata maniera. Detto questo, Perfidia deve prima di tutto rispondere agli ordini del capo ma io penso che abbia qualcosa in più, ha una certa autonomia anche come personaggio e come donna. È colei che dice le cose come pensa, senza peli sulla lingua e questo la rende cinica e disincantata. Penso ad esempio ad una battuta del terzo film nel momento in cui il signor S e Luì sono diventati amici. A questa situazione Perfidia risponde con un “patetico”. Lei è sempre coerente con se stessa anche nel momento in cui può aiutare il buono perché le circostanze lo richiedono. Rappresenta per me la libertà espressiva in toto e non a caso ci sono grandi pensatori e filosofi che hanno detto che la cattiveria è la massima espressione della libertà.E lo è effettivamente perché laddove noi tutti ci auto-censuriamo nel momento in cui vorremmo dire delle cose e non le diciamo perché la società ci impone in un modo, il cattivo non ha freni inibitori e sovrastrutture, non ha filtri e quindi si presenta così com’è. Chiaramente c’è anche il lato simpatico di Perfidia che la rende umana, lei sbaglia in continuazione, pensa di fare cose in maniera impeccabile ma puntualmente si rivela una frana perché magari i piani non vanno come lei le aveva stabilito e questo essere fallibile la rende umana in qualche modo.

Com’è stato dal punto di vista di impatto sul pubblico, essere conosciuta dalla maggior parte dei bambini dai 5 anni in su? 

Per me, dal primo film, è stata una sorpresa perché nessuno si aspettava un successo incredibile che è stato doppiato e triplicato in questo particolare momento storico. Mi capita che i bambini non mi riconoscano per strada tranne quando i genitori gli dicono che sono Perfidia. Forse perché nei modi di fare io sono molto diversa da Perfidia e mi piace annullarmi in un personaggio e mi succede in qualsiasi personaggio io affronti. Il fatto che i bambini non mi riconoscano, salvo poi quando replico la voce per giocare, scherzare o impostare il volto in modo da far venire fuori l’espressione di Perfidia, è una piccola vittoria perché io penso che i personaggi debbano in qualche modo vivere di vita propria. L’attore deve nascondersi dietro i personaggi altrimenti diventa una forma di egocentrismo. Una volta un bambino era con la mamma che gli ha detto “Lei è Antonella, l’attrice che interpreta Perfidia”. Lui mi guarda e perplesso dice: “no, lei si fa chiamare Antonella ma in realtà è Perfidia”. Addirittura, nella visione del bambino, Perfidia era quasi più reale di Antonella e questa è stata una cosa molto interessante per me come attrice. Mi piace riuscire in questo camuffamento.

Dalla tua filmografia si evince che questa di Perfidia  è stata un’esperienza recitativa e interpretativa diversa da come ti eri orientata inizialmente. Sei stata sempre un’attrice da film d’autore, da teatro impegnato. Hai avuto dubbi sull’interpretare Perfidia visto che sulla carta si discostava dai progetti precedenti?

Non ho avuto dubbi perché penso che nel momento in cui si affronta qualsiasi lavoro con serietà, competenza e onestà intellettuale, si è già a posto così. Chiaramente può piacere e non piacere e io non vado a sindacare sui gusti personali ma come artista nel momento in cui sono consapevole e cosciente che ho fatto il mio lavoro con serietà e con impegno a me basta questo. Io mi sono approcciata al personaggio di Perfidia con lo stesso studio se non di più, di un qualsiasi altro personaggio fatto in passato. Ci ho messo veramente lo stesso impegno perché dovevo portare attraverso un linguaggio semplice, a dei destinatari in età quasi prescolare, un personaggio credibile e fatto bene. A me interessava questo ed è la stessa cosa nel momento in cui mi approccio ad altri personaggi più seri, più drammatici. Il lavoro non cambia, almeno da parte mia, cambia sicuramente il prodotto finale ma gli strumenti che si mettono in campo nella prima fase di studio, nell’approcciarsi al personaggio, sono identici solo che poi vengono declinati in modi diversi per avere esiti diversi.

Hai frequentato la Libera Università di Alcatraz messa su da Dario Fo ed hai quindi studiato per arrivare dove sei.  Quanto è importante studiare per un attore?

È fondamentale, non solo per un attore ma per tutti i lavori. Io credo moltissimo nello studio Quando spesso nel nostro lavoro si parla di fortuna, io preferisco parlare di occasione.  Credo che l’occasione debba sempre essere supportata dal talento e dallo studio. Il mio è un lavoro nel quale non si smette mai di studiare perché c’è tantissimo da leggere, da vedere che non basterebbe una vita intera quindi senza studio non si va da nessuna parte o comunque si rimane limitati. Poi chiaramente dipende dagli obiettivi che uno si propone però tutto deve essere supportato dallo studio, io mi sono anche laureata con triennale e specialistica e  sono anche un po’ secchiona, lo sono sempre stata, anche da ragazzina. Penso veramente che sia fondamentale avere una solida base su cui poi costruire.

Sei diventata mamma da poco e sei tornata a lavorare subito. Che tipo di aiuto e accoglienza hai avuto? Hai notato un atteggiamento inclusivo genuino o dovuto?

Sono stata fortunata e spero che tutte le donne che decidano di abbracciare la maternità trovino attorno un ambiente di lavoro accogliente. Io ho girato il secondo film dei Me Contro Te quando ero ormai al settimo mese di gravidanza e ho avuto veramente una strepitosa e meravigliosa collaborazione da parte tutti i reparti tecnici, dalla costumista fantastica nel crearmi un costume ad hoc, alla produzione, la Colorado film in cui sono stati tutti molto carini, fino  ai reparti tecnici che si sono ingegnati per fare in modo che io fossi alleggerita in scene più difficili. Non so se il mio esempio sia come dire sintomatico di un atteggiamento generale cambiato ma la mia esperienza è stata positiva in questo senso. Penso che l’unica cosa che possiamo fare noi mamme o future mamme, per fare in modo che le cose vadano sempre così, sia non rinunciare a tutto, non mettere in discussione il desiderio e la voglia di maternità se c’è, per un presunto lavoro. È la nostra vita, prendiamola a piene mani, affrontando il lavoro e ricordandoci che la maternità non è una malattia ma una condizione naturale e quindi non deve essere motivo di stigma da parte degli altri, portando avanti noi stesse con coraggio, determinazione e convinzione. Tutte insieme possiamo abbattere questa barriera che in alcuni contesti e determinati ambienti di lavoro c’è ancora, di discriminazione, di non accoglienza.

Cosa c’è nel tuo futuro e cosa vorresti che ci fosse?

Questo periodo sto tornando a lavorare a teatro e stiamo preparando un nuovo spettacolo con altri due attori. Stiamo lavorando ad uno spettacolo originale con drammaturgia originale che ci sta impegnando notti e giorno a testare, riflettere e costruire qualcosa da zero. Probabilmente mi piacerebbe fare anche un monologo sempre a teatro, cosa che non ho mai fatto e poi per quanto riguarda il cinema o la televisione io sono dell’idea che quando arriva arriva.