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Libri: La palestra di Platone di Simone Ragazzoni

La palestra di Platone di Simone Ragazzoni

“Se Platone vivesse oggi sarebbe un fighter e praticherebbe la MMA, la Mixed Martial Arts”.

Anni fa ricordo di aver letto un divertente libro di un giovane insegnante di filosofia, Tommaso Ariemma, che spiegava i grandi maestri del pensiero attraverso le serie TV. Invitava per esempio i suoi studenti a scovare l’imperativo categorico di Kant fra i sopravvissuti dell’isola di Lost. Oppure per capire cosa significa che “l’essere è e non può non essere” di Parmenide chiedeva loro di ascoltare con orecchie nuove i dialoghi fra i due investigatori di True Detective. Fino ad affermare che dietro lo specchio di Black Mirror ci fosse proprio Platone. Per questo l’immagine del filosofo ateniese vestito (o spogliato) da lottatore mi ha intrigato non poco. Tanto più che a sostenere la corrispondenza tra lo studio della filosofia e questa pratica sportiva non è uno qualunque, ma Simone Regazzoni, 47 anni, allievo di Jaques Derrida, dottorato in filosofia a Genova e a Parigi, praticante di arti marziali.

Tornando alla lotta, Platone è stato davvero un atleta, praticante del pancrazio, e se ci pensate bene, i dialoghi, specialità della casa, sono di fatto combattimenti intellettuali. Per questo per l’altro Platone il corpo non è il supporto passivo del pensiero, ma la sua condizione imprescindibile. Non la mano (Heidegger), il volto o la carezza (Levinas), ma il pugno, la lotta, il corpo preso nella sua dimensione carnale, agonistica. “All’origine della filosofia, in Grecia, c’è un filosofo-lottatore che si allena in palestra”, scrive Regazzoni. “La lotta nella quale il corpo è impegnato nell’allentamento – scrive lo psicoanalista Massimo Recalcati – è un corpo alle prese con i propri limiti, i propri fantasmi, la propria capacità di resistenza. È un corpo che diventa filosofia, esperienza in atto di trasformazione della vita.

Allenarsi non significa infatti inseguire un ideale narcisistico di sé, ma impegnarsi in una lotta con le proprie paure e il proprio buio”. “Nel libro-palestra – sostiene Mauro Berruto, filosofo, ex allenatore della nazionale di pallavolo – ci possono entrare tutti, ma poi viene il momento di accettare le regole d’ingaggio. L’amore per il sapere passa attraverso la necessità dell’allenamento e della fatica (…). Anzi, quella fatica e quello sforzo (…) vanno desiderati. La philosophia (l’amore per il sapere) si intreccia indissolubilmente con la pholoponia (l’amore appunto per lo sforzo) e questa intersezione è come se fosse un pungolo, una ferita non rimarginata su cui voler mettere sempre un po’ di sale, per ricordarsi che in un mondo che anestetizza, nasconde e rifiuta dolore e fatica, quel senso di nausea e di fastidio ci tiene vivi, fisicamente e intellettualmente”.

Un’ultima cosa. Tom Landry, uno dei più famosi coach di Football americano, diceva: “Un allenatore è qualcuno che ti dice quello che non vuoi sentire, ti fa vedere quello che non vuoi vedere, in modo che tu possa essere quello che hai sempre saputo di poter diventare”. La maieutica socratica.