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Sfumature di donne: nella Galleria Sciarra, il gioiello della Roma liberty

Galleria Sciarra
L’amande, CC BY 2.0 https://creativecommons.org/licenses/by/2.0, via Wikimedia Commons

Il palazzo di cui è una splendida appendice era considerato come uno dei più imponenti e ricchi edifici storici della Roma cinquecentesca e vanta uno dei più bei portoni della città, tanto da essere considerato una delle quattro “meraviglie di Roma”!

Il vero gioiello, però è lei, la sua Galleria.

La sua moderna Galleria, costruita nel 1886 con l’uso sapiente del ferro a vista e della ghisa impiegata nelle strutture portanti a cui si alternano il ferro battuto e il vetro delle decorazioni. Un felice “innesto moderno” all’interno di una struttura più antica: bella da morire.

Si trova a due passi da via del Corso e dalla Fontana di Trevi, incastrata nel bel mezzo della frenesia del centro della nostra capitale.

Ma quando ci entri, con gli occhi all’insù, questa meravigliosa “galleria”, ti incanta.

Galleria Sciarra, gioiello della Roma liberty è una bellezza.

Lo spettacolo di questo passaggio pedonale coperto che una volta era un unico complesso con il Palazzo Sciarra Colonna di Carbognano, è una costruzione che risale alla fine del XIX secolo, proprio quando la capitale del Regno d’Italia passò da Firenze a Roma.

Fu un momento di grande cambiamento, che coincise anche il grande desiderio di riorganizzare e ristrutturazione degli spazi, modernizzando l’antico impianto urbano della città monumentale, adatti ad accogliere un apparato burocratico all’altezza.

È noto che all’epoca, il numero degli abitanti era aumentato sensibilmente, richiedendo nuovi spazi abitativi: la scena architettonica era in grande fermento. Nacque un’edilizia ricca, impegnata a sostituire l’obsoleta architettura papalina con un’immagine più moderna, non solo tra le fasce dell’antica aristocrazia ma nell’alta borghesia romana, che ammodernò i suoi salotti, per renderli più eleganti e funzionali.

Philosofia from Rome, Italy, CC BY 2.0 https://creativecommons.org/licenses/by/2.0, via Wikimedia Commons

Fu così che venne costruita la Galleria Sciarra. Per volere del principe Maffeo Barberini Colonna di Sciarra, venne costruita nel 1886 e collegava gli spazi della sua proprietà e quelli dell’attività editoriale che possedeva: la redazione del quotidiano La Tribuna e successivamente della rivista letteraria Cronaca Bizantina, che in quel periodo ebbe come direttore persino Gabriele d’Annunzio.

I lavori furono diretti dall’architetto Giulio De Angelis, noto anche per il palazzo della Rinascente e per la sede del quotidiano Il Popolo Romano.

De Angelis vi progettò un cortile pedonale a pianta quadrangolare, sormontato da una volta in ferro e decorato con colonne di ghisa agli ingressi. Gli affreschi realizzati con la tecnica dell’encausto (colore mescolato alla cera) furono invece affidati al pittore Giuseppe Cellini, che lavorò anche su un progetto iconografico pensato dal critico letterario Giulio Salvadori che aveva l’obiettivo di esaltare la figura della donna nelle vesti di angelo del focolare, madre e moglie.

Nella galleria sono presenti figure che rappresentano le virtù femminili della vita borghese ottocentesca. Queste donne eleganti sono un omaggio sentito a Carolina Colonna Sciarra, madre del principe Maffeo, come dimostra l’acronimo (CSS, le iniziali del suo nome) ricamato su uno scudo sui vani d’ingresso della galleria, accanto allo stemma della famiglia.

Nella parte alta della galleria si trovano raffigurate: La Pudica, La Sobria, La Forte, L’Umile, La Prudente, La Paziente, La Benigna, La Signora, La Fedele, L’Amabile, La Misericordiosa, La Giusta. Dalla parte opposta, invece, sono messi in scena momenti di vita che, sempre secondo l’usanza del tempo, venivano attribuiti alla figura femminile: La Cura del Giardino, Il Pranzo Domestico, L’esercizio Musicale, Le Opere di Carità, La Toletta e La Conversazione Galante. Ironia della sorte, pare che l’uomo ritratto in quest’ultima rappresentazione fosse proprio Gabriele d’Annunzio.