Baffi, barba, basette, la sua moustache cup a fiorellini rosa..
…non erano solo una questione di stile. Erano simbolo di distinzione sociale e virilità del gentiluomo inglese di epoca vittoriana, veri e propri “gioielli di famiglia”
Portava i baffi e indossava le mutande. L’uomo vittoriano era così.
Per un vero gentiluomo un bel paio di baffi erano una caratteristica estetica essenziale: erano il simbolo della sua virilità e della sua distinzione sociale.
Tutti d’un pezzo, indossavano una camicia bianca con il colletto all’ingiù, ma erano la barba e baffi la vera prerogativa dei veri gentiluomini (come le mutande, che proprio in quest’epoca anche i maschietti cominciarono a usare). Erano baffuti i ricchi, gli aristocratici, i gradi militari, i soldati. Erano in grado, soprattutto di distinguere il gentiluomo, da loro reso più autoritario, da chi era servitore. I servitori dell’Inghilterra vittoriana ma anche nel resto d’Europa, era infatti sempre ben rasato sulle labbra e sulle guance. A lui non era proprio premesso di entrare nei club per signori, perché senza baffi non eri un signore. Ma probabilmente non ti avrebbero considerato neppure sexy!
Rudyard Kipling, il “papà” de Il libro della Giungla e di Capitani Coraggiosi scrisse di una donna che si lamentava del fatto che essere baciata da un uomo che non aveva i baffi sarebbe stato come mangiare un uovo senza sale.
Guai a trattar male questi “gioielli di famiglia”, allora. Che dovevano essere pettinati, coccolati, impomatati, arricciati, profumati, tinti, persino cotonati. Più importante e autorevole era l’uomo, più grandi e curati lo dovevano essere i “suoi baffi”. I centimetri, in un modo o nell’altro c’entravano anche allora. E i grandi designer dell’epoca si misero subito all’opera, inventando e creando una tazza per i baffi. Cioè la tazza da tè da gentiluomini. Così fu.
La tazza adatta al più baffuto gentleman inglese nacque nel 1860. La inventò Harvey Adams, realizzando una tazza capace di permettere ai signori coi baffi di godersi un ottimo tè all’inglese senza il rischio di far sciogliere la cera o spettinare i suoi moustache, perché trattenuti da un piccolo “parapetto” protettivo presente sull’orlo della tazza.
Le Mustache Cup, si chiamavano così (e non era un premio agonistico), variavano per dimensione e tipologia. Ciò dipendeva dalla tipologia di bevanda servita e dalla dimensione degli amati baffi: c’erano le tazzine da colazione oppure le mugs. Potevano essere con piedistallo, con manico tondo o quello a testa di serpente. Unica regola: l’autentica tazza da tè all’inglese doveva essere di fine porcellana, così raffinata da essere leziosa. Erano decorate con fiori e motivi femminili, con tralci e nastri delicatissimi: nessun vero uomo baffuto avrebbe potuto farne a meno.
Vive e lavora a Genova, insieme ai suoi libri, dove svolge la propria attività di giornalista professionista e studiosa di storia della critica d’arte e Futurismo. Convive con la SM da 18 anni. Ama la scrittura e le parole, il figlio, la vita, la sua famiglia.
Al suo attivo molte pubblicazioni e monografie di storia dell’arte. Svolge la professione giornalistica con passione da oltre trent’anni, si muove tra la carta stampata, i nuovi media, la TV. Ama parlare delle persone, con la gente e sempre a vantaggio della cultura sociale che fa crescere e aprire occhi e cuore. “Le persone sono sempre scopo primo e ultimo della mia scelta professionale, come servizio agli altri. Senza riserve”.