Il Jeans a Genova già nel Cinquecento? Sicuro! Già allora era un manufatto da Museo… chiedetelo a Raffaello e Dürer
Non è solo un tessuto. Non è solo un capo da lavoro. Non è solamente il nome più trendy della moda: il jeans è di più.
È molto di più: è quel nome universale che mette tutti d’accordo, sia in America che nella vecchia Europa (solo gli islandesi lo chiamano gallabuxur), sia nella generazione dei giovanissimi e dei non più giovani, sia tra chi è ricco e tra chi è spiantato, sia uomo o donna. Il jeans è la modernità che ha fatto storia. E che storia!
Il jeans non è solo un pantalone a cinque tasche. Può essere arte, di quella con la “A” maiuscola, che viene esposta nei Musei importanti, e che è ben imparentata con la nobiltà della pittura del grade Raffaello e poi legata a filo doppio con l’arte di Albrecht Dürer, sì, proprio lui, l’artista bello come un divo di Hollywood, che fu uno dei maggiori e apprezzati maestri del rinascimento nordeuropeo.
Da non crederci, ma i “Teli della passione” di Genova, che sono copie e rivisitazioni di opere di Raffaello e Dürer, conservati al Museo Diocesano nel chiostro della Cattedrale di San Lorenzo, furono dipinti sul jeans.
Sono quattordici giganteschi teli, realizzati intorno al 1538, che raffigurano Scene della Passione di Cristo.
Sono veri e propri tesori artistici, collocabili tra devozione popolare e arte colta, commissionati come apparato effimero per la Settimana Santa dall’abate di una delle chiese più amate dall’aristocrazia genovese, l’Abbazia benedettina di San Nicolò del Boschetto in val Polcevera (è vicinissima al ponte San Giorgio di Renzo Piano).
Sono enormi quadri, dipinti con il bianco della biacca sulla tela blu di jeans: sono una tipologia di manufatto che non si è mai vista nella storia dell’arte; sono un autentico “unicum”.
Di elevata bellezza e maestria, si ispirano a opere di pittori di scuola lombarda e alle realizzazioni di xilografie di Albrecht Dürer che raffiguravano la Grande e la Piccola Passione o alla Deposizione di Raffaello.
Alcuni teli riproducono esattamente le incisioni del maestro tedesco – in particolare La Flagellazione, Cristo davanti al popolo, Cristo davanti a Caifa – mentre nelle altre scene sono probabilmente opera di una incantevole rivisitazione delle stesse e della Deposizione del maestro di Urbino, le cui stampe si acquistavano allora in Sottoripa, a pochi passi dai moli dell’antico porto, da cui presero spunto probabilmente i due artisti liguri Teramo Piaggio e Giovanni Cambiaso (il padre di Luca Cambiaso).
Che non stupisca l’uso della tela di jeans nel Cinquecento; a Genova, infatti, nascono nel XII secolo i primi tessuti di cotone che venivano tinti con l’indaco e che conquisteranno il mercato europeo nel Quattrocento. Il fustagno genovese fu abbondantemente utilizzato a partire dal XVI secolo dalla marina genovese per equipaggiare le navi a vela e per vestire i marinai; fu però apprezzato anche in Inghilterra per il buon rapporto qualità-prezzo e prese proprio il nome “Jeans” (o “jeanes“) dalla città di provenienza.
Fu reinventato nel 1871 e reso famoso dal sarto Jacob Davis e poi brevettato da Levi Strauss il 20 maggio 1873.
È possibile che per i critici questo ultima porzione della storia del jeans non sia arte: non erano arte i pantaloni a cinque tasche indossati sia dai cow boy e dai minatori, non era arte quella che vestiva i “rebels” hollywoodiani, anche se secondo Yves Saint Laurent il jeans è il “…capo più spettacolare, più pratico, più rilassante e informale. I jeans hanno espressività, sex appeal, semplicità, – tutto ciò che io auspico nei miei vestiti- …lo avrei voluto inventare io”.
Vive e lavora a Genova, insieme ai suoi libri, dove svolge la propria attività di giornalista professionista e studiosa di storia della critica d’arte e Futurismo. Convive con la SM da 18 anni. Ama la scrittura e le parole, il figlio, la vita, la sua famiglia.
Al suo attivo molte pubblicazioni e monografie di storia dell’arte. Svolge la professione giornalistica con passione da oltre trent’anni, si muove tra la carta stampata, i nuovi media, la TV. Ama parlare delle persone, con la gente e sempre a vantaggio della cultura sociale che fa crescere e aprire occhi e cuore. “Le persone sono sempre scopo primo e ultimo della mia scelta professionale, come servizio agli altri. Senza riserve”.