Tutela dell’ambiente o privacy?
Rifiuti abbandonati: a bordo strada, sul limitare di un bosco, li troviamo quando andiamo a passeggiare cercando un po’ di pace nel verde, un cumulo di vecchi materassi accatastati o rifiuti maleodoranti, mescolati a vecchi lavandini, lavatrici, televisori.
Naturalmente la legge vieta l’abbandono di rifiuti sul suolo, nel sottosuolo, nei torrenti, fiumi, laghi, nel mare.
Se ad abbandonare i rifiuti è un’impresa, p.e. una piccola azienda edile, la sanzione è penale, mentre per i privati la sanzione è più lieve e non “macchia” la fedina.
Tutti sarebbero tenuti a rimuovere i rifiuti e portarli in un centro di trattamento, oltre a dover risistemare i luoghi com’erano prima, sempre che non vi siano stati inquinamenti, in tal caso la conseguenza può diventare più pesante.
Ma, volendo limitarci a parlare di come prevenire tali fatti, il discorso si fa complesso, visto che sembra proprio che non siano sufficienti le campagne per l’educazione al rispetto dell’ambiente.
E non sempre ciò è dovuto a mancanza di senso civico dei singoli: spesso dietro a questi comportamenti vi sono attività illecite di carattere imprenditoriale, soggetti che risparmiano il costo dello smaltimento dei materiali abbandonati.
Da qualche anno i Comuni tentano di risolvere il problema installando in luoghi poco visibili le c.d. “fototrappole”, che scattano foto o registrano video, che vengono trasmessi, grazie a una rete GSM o tramite wi-fi, alla Polizia Locale.
Il meccanismo si attiva con un sensore, al passaggio di un corpo o di un veicolo.
E qui sorge un altro problema: non essendovi una normativa specifica, sta ai singoli Comuni trovare il modo di rispettare il Codice della privacy che obbliga a installare cartelli informativi prima del raggio di azione della telecamera, con buona pace dell’effetto “deterrenza”.
Ogni Comune dovrebbe stabilire come e dove posizionare gli apparecchi, come accertare le violazioni, a chi compete la verbalizzazione dell’illecito, chi “maneggia” i dati, li lavora, prende visione dei filmati, li conserva.
La Polizia locale? Spesso sovraccarica di lavoro.
Affidare il servizio a terzi? Dovrebbero essere firmati contratti a tenuta stagna e qualcuno dovrebbe vigilare sul loro rispetto. E rimarrebbe il fatto che le sanzioni non potrebbero comunque essere applicate da privati.
Che fare? Occorrerebbe rafforzare l’organico delle pubbliche amministrazioni inserendo personale con nuove competenze (esperti di privacy, giuristi, informatici), che lavorando in team con la Polizia Locale potrebbero, pur in assenza di norme specifiche, identificare la modalità più corretta per una moderna gestione del territorio.
Giulia Perri, avvocato cassazionista, si occupa di diritto amministrativo e ambientale. Crede nella comunicazione efficace anche nel settore legale. No agli “azzeccagarbugli”!
Ama leggere e scrivere, scrive su Tuttieuropaventitrenta.eu, ha pubblicato con Rubbettino, Laruffa e Pancallo editore.
Ama l’arte, la danza, tutto ciò che è bello e porta bei pensieri.