Notizie Pink: il film Sul Più Bello tornerà in sala dal 24 novembre
Stava per rinunciare al suo sogno di sfondare nel mondo del cinema come attrice, Ludovica Francesconi, classe 1999 ma è arrivato Sul più bello, opera prima di Alice Filippi, a cambiare il suo futuro.
Il film, evento speciale ad Alice nella città nell’ambito della Festa del Cinema di Roma e nelle sale dal 21 ottobre, è un unicum nel panorama cinematografico italiano perchè teen dramedy ( mix di dramma e commedia) dal sapore internazionale che segue il filone della sick lit, le storie amatissime dai teenager che uniscono amore e malattia, quelle con Colpa delle stelle a fare da capostipite.
Protagonista di Sul più bello è la 19enne Marta, interpretata dalla scoperta Ludovica Francesconi, che, per citare la trama ufficiale del film, è tanto simpatica quanto bruttina ma la ragazza più solare che c’è, anche se dalla nascita soffre di una rara malattia genetica. Orfana di entrambi i genitori, Marta ha una famiglia alternativa composta dai suoi due amici e coinquilini Jacopo (Jozef Gjura) e Federica (Gaja Masciale) e ha un sogno: vivere un grande amore con un ragazzo bello, un principe azzurro, prima che la fibrosi cistica, o come la chiama lei nella sua forma arcaica e ironica “mucoviscidosi”, le porti via il futuro.
Ma la vita si sa, riserva sempre delle sorprese e Marta troverà in Arturo (Giuseppe Maggio), qualcosa in più di un “bello senz’anima”. Raggiungiamo Ludovica Francesconi al telefono mentre è in viaggio tra una presentazione del film e l’altra e ci facciamo raccontare le emozioni di questo straordinario esordio, che ancora non l’abbandonano.
A distanza di pochi giorni dalla premiere del film e dall’uscita, sei ancora emozionata?
Per me è tutto nuovo quindi ogni esperienza è come se fosse la prima volta e non mi cambia mai. Entrare in sala per fare i saluti e vedere il pubblico che mi inizia a riconoscere, mi ferma per le foto e i complimenti è qualcosa di assurdo. Ho pianto davanti a ragazzine che mi dicevano delle cose stupende, è bello sentire il calore per qualcosa per cui hai messo tanto impegno e poi vedere i risultati. É inaspettato.
Ci racconti la storia del tuo provino? Roberto Proia, sceneggiatore e produttore del film, diceva che avevi deciso di rinunciare a fare l’attrice.
Si, perchè sai, quando vuoi qualcosa a tutti i costi poi lo inizi a vivere male. Io non ci riuscivo e non era più qualcosa che vivevo in maniera positiva e mi son detta che forse non era la mia strada quando però non mi rendevo conto di quanto fossi piccola. Adesso sto iniziando a rendermene conto. Quando avevo 18 anni, appena maggiorenne, mi ero appena trasferita a Roma, mi sentivo una donna arrivata, e quindi a 20 anni per me ero vecchissima ormai e mi ero detta basta, bisogna anche saper riconoscere quando smettere e iniziare a inseguire qualcosa di più reale, forse. Credo che questa cosa mi abbia aiutato tanto per ottenere la parte. Ho fatto il provino di Sul più bello con una calma che non avevo mai avuto ai provini, perchè ero convinta che sarebbe stato un provino come gli altri, che sarebbe stato l’ultimo, ero molto più rilassata rispetto alle altre volte e forse è stata questa la cosa o tanta fortuna. Si sono allineati tutti gli astri ed è stato strano.
Come definiresti e racconteresti Sul più bello?
Per me Sul più Bello è un sogno, qualcosa che sei lì e per un’ora e mezzo ti fa sognare e pensare soltanto a cose belle, è una storia che trasmette, penso, tutto quello che c’è di bello nel mondo attraverso gli occhi di Marta.
Avete iniziato a girare un giorno prima del lockdown e tornati sul set subito dopo la ripartenza. È cambiata Marta per te nel frattempo?
Marta è cambiata tanto e in realtà il lockdown mi ha aiutato anche a trovare la concentrazione giusta per affrontare il set, perchè prima delle riprese ero presa dall’emozione che stavo realizzando il mio sogno. Sono stata chiamata e dopo poche settimane siamo partiti con le riprese, era successo tutto talmente tanto in fretta che ero ancora rimasta a quella chiamata. Il lockdown mi ha aiutato a capire Marta, era un personaggio complesso, qualcuno che per quanto fosse forte, nascondeva le sue fragilità come il voler essere accettata non come una malata ma come una persona che ha delle caratteristiche oltre la malattia perché per lei la malattia non è un limite ma un ostacolo da affrontare e voleva che anche gli altri la vedessero in questo modo e non le facessero sconti soltanto perché era malata. Ecco, essere trattata come una persona normale.
Sulla fibrosi cistica di cui è affetta Marta quanto c’era scritto in sceneggiatura e che lavoro di ricerca hai fatto per rendere il personaggio il più autentico possibile in relazione a questa condizione?
Fortunatamente, parlando con ragazzi che hanno questa malattia, ho scoperto che hanno tutti delle personalità fortissime, magari son diversi da Marta ma quella forza li accomuna tutti quanti e quindi forse, tutti hanno questa volta di mangiarsi il mondo. Quando ho fatto gli incontri con la pneumologa ho scoperto che, e questa cosa mi ha aiutato tantissimo ad entrare nel personaggio, la loro condizione era parte della loro routine da piccoli. Quando le persone si ammalano da grandi, la cosa che più le abbatte è non poter più fare le cose che facevano prima o doverle fare in maniera diversa. Marta non sa com’è farlo in maniera diversa, non sa cosa le manca, vede quello che hanno gli altri ma lo vive da esterna, non è la sua di realtà quindi questa cosa, secondo me, fa vivere la malattia in maniera completamente diversa, perché è qualcosa con cui convive da sempre e di conseguenza è parte della sua routine, della sua vita.
Che tipo di approccio alla vita ti insegna Sul Più bello?
Ti insegna a vivere a testa alta, io questa cosa la ripeto sempre. Roberto Proia e Michela Straniero, gli sceneggiatori, quando hanno scritto questa sceneggiatura mi hanno fatto un regalo perchè mi hanno reso una persona più forte. Io vedevo sempre il bicchiere mezzo vuoto, volevo mollare tutto a 18 anni, sono sempre stata una persona che combatte per i suoi ideali però ad un certo punto ero stanca e volevo gettare la spugna. Ecco Marta mi ha insegnato a non essere mai stanca, a continuare a lottare anche quando sembra tutto nero. Sono maturata e cresciuta molto interpretando il personaggio, studiandolo.
Il tuo caschetto ha fatto pensare subito a Il favoloso mondo di Amélie ma quali sono le ispirazioni di Ludovica?
Io sono innamorata di Eleonora Duse che è tanto indietro nel tempo, fa parte della storia del teatro e forse poco del cinema perché ha fatto soltanto un film ma ho letto e sto leggendo molto di lei. Mi sono innamorata quando ho visto Cenere del 1916 che è l’unico film che ha fatto come attrice cinematografica ed ha rivoluzionato il modo di fare cinema come approccio attoriale. La potenza che aveva anche nelle scene dove era di profilo in campo largo mi hanno fatto venire i brividi nonostante fosse un film muto del 1916. Tanti film del cinema italiano li vediamo per farci una cultura ma quello che mi ha trasmesso quel film è stato talmente tanto potente che ho capito che dovevo riuscire ad arrivare anche solo ad un briciolo della sua potenza. Ora la sto studiando, analizzando per cercare di imparare il più possibile.
Ti mette ansia la responsabilità di aver fatto un film che si rivolge direttamente e in maniera leggera ma seria ai più giovani?
Si sento un grado di responsabilità anche perchè mi scrivono sui social i ragazzi che mi ringraziano però questa cosa mi fa sentire onorata perchè penso che il cinema possa portare tanto alle persone ed è il motivo per cui l’ho scelto. Questo film forse può fare veramente la differenza.
In un momento dove si parla tanto della necessità di rappresentanza femminile al cinema, degna di nota, tu, nel tuo piccolo, sei arrivata già da grande protagonista., uanto Quanto ne sei orgogliosa e quanto pensi che stiamo andando avanti in questo senso?
Stiamo facendo passi da gigante, un film con un’attrice protagonista, con una regista donna che la dirige. Le donne sono molto presenti e Alice Filippi per me è stata sul set come una guida e un riferimento fondamentale e credo che la sua delicatezza è stata la chiave vincente del film. Abbiamo avuto un modo di leggere il film che altrimenti poteva non funzionare. Io credo che si stanno muovendo le acque e stanno cadendo un po’ tutti gli stereotipi, anche per quanto riguarda il body positivity, il fatto che se ne parli e che si stia iniziando a muovere tutto quanto.
A proposito di body positivity, uno dei grandi temi del film infatti, è una riflessione sul giudizio e di come tutti giudichiamo gli altri dalle apparenze.
Si anche Marta fa lo stesso errore, nonostante abbia tanti pregi, anche lei commette l’errore più grande ed è quello di avere pregiudizi nei confronti degli altri, li stessi che non vorrebbe fossero applicati su di lei. Lei non vuole essere vista soltanto come una persona malata ma allo stesso tempo lei inizialmente giudica Arturo come il belloccio e basta.
Parlando di estetica, ti sei tenuta almeno uno dei bellissimi vestiti che indossi nel film?
Purtroppo non mi sono presa nulla e ne sto soffrendo tantissimo, anche perchè quei vestiti mi piacevano un sacco, erano stupendi. Mi sarei tenuta l’abito rosa per ricordo di Marta.
Napoletana trapiantata a Roma nel 2006, dopo un inizio da programmatore di rassegne cinematografiche, si dedica al giornalismo di cinema, prima per una radio internazionale, poi in TV come critico cinematografico e su riviste e magazine specializzati. Dalla maternità in poi si dedica anche a scrivere delle infinite sfumature dell’essere donna e mamma. Nel tempo libero che riesce a trovare, si dedica all’altra sua grande passione: cantare con Le Mani Avanti, un coro a cappella di 30 elementi.