Ma l’affresco è caduto nel piatto!
Stoviglie d’oro e argento cesellate, e poi composizioni fiori, frutti e confetti che sembrano gioielli, che poggiano su tovaglie di pizzo, seta, lino, impeccabili e raffinate… Ah, ci sono anche i piatti affrescati! Già. Le tavole dei genovesi dell’età Barocca, erano proprio così: ricche, magnifiche e belle. Bellissime.
Erano bianche e blu, di quel blu speciale e unico, le maioliche prodotte su territorio della Repubblica dei Genovesi, e tanto preziose e prestigiose da essere considerate omaggio adeguato a personaggi politici influenti: ricevere il dono di una credenza (cioè un servizio di vasellami da mensa in maiolica) rappresentava non solo un valore economico ingente, ma era qualcosa che era qualcosa di esclusivo, concepito per poter essere esposto ed esibito come lo si fa con un’onorificenza.
All’epoca, le ceramiche prodotte nel ponente del territorio ligure, rappresentavano una delle manifatture più importanti del mondo occidentale, esportare a Roma, Napoli e in tutta l’area mediterranea. Questi manufatti erano un trionfo di bellezza, erano in grado di risaltare persino tra i più preziosi arredi in argento. Giusto per capirci meglio, tra i venti uomini più potenti del mondo di quel secolo, quasi due terzi risiedevano a Genova; le loro famiglie abitavano in palazzi così preziosi e raffinati da far ingelosire re e imperatori, e usavano piatti, tondi e stoviglie così belli (e così unici) da essere considerate opera d’arte con la “A” maiuscola: ed erano bianchi e blu.
Quei piatti reali, usati nelle tavole e esposti sui mobili delle dimore, non erano decorati, ma dipinti come affreschi, curati minuziosamente in tutta la loro raffinata maestosità.
Perché auliche, eleganti e raffinatissime, le ceramiche genovesi sapevano manifestare persino in ogni più piccolo oggetto il trionfo di una famiglia.
La lavorazione della ceramica ligure ha origini antiche. Nasce per la presenza nel territorio ligure di bacini argillosi. Nei suoi cinque secoli di storia mantenne e rafforza la sua immagine di raffinatezza e pregio un po’ ovunque. Tra il ‘500 e il ‘600 visse un momento di splendore proprio grazie alla diffusione dell’arte della maiolica, con un’ornamentazione inizialmente blu cobalto e poi in policromia con vari motivi sia. Nel periodo della sua più grande fioritura, nel 1640, erano attive ben 23 fornaci, guidate da famiglie di ceramisti che si distinguevano per la tipologia di decorazione e per lo stemma impiegato.
Sembrano affreschi in miniatura, le decorazioni, inserite in piatti reali dalle forme sagomate, su vasi con beccucci e maniglie che sembrano muoversi come tentacoli di polpi, putti rubicondi o draghi che invitano nel mondo delle meraviglie. Proprio come le grandi decorazioni affresco, incorniciati in stucchi dorati delle dimore per le quali furono prodotti, esplosione di raffinatezze e storie che spesso enfatizzano il prestigio della famiglia cui sono appartenuti.
Volete che condivida un segreto? Quei decori così famosi, raccolti e conservati nei musei, in Liguria sono prodotti ancora oggi, identici a quelli di allora.
Il decoro antico Savona Bianco e Blu, introdotto dalla famiglia Guidobono verso la metà del XVII secolo, fa ancora capolino tra gli oggetti di casa delle famiglie genovesi. Ai Guidobono si fa risalire proprio la definizione di quel gusto a chiaro scuro del monocromo turchino. Che è costituito ancora oggi dalla rappresentazione in primo piano della figura umana collocata in un paesaggio con cespi vegetali e piccole rocce, e che in secondo piano viene popolato da prati, alberi, qualche casa o castello con sullo sfondo con montagne e nuvole. La “scena” è il racconto della rappresentazione di qualche episodio biblico, mitologico, letterario che spesso abbiamo già visto raffigurato in stampe, illustrazioni di libri.
Ricordiamo, però che la tavola non era quasi mai luogo privato; ma territorio indispensabile a costruire alleanze, tresche, accordi, vincere battaglie politiche e commerciali. Poiché il bianco e il blu furono simbolo di Genova, beh, è facile capire quale fosse il valore di un accordo stipulato in una tavola così imbandita, dove ogni simbolo riconduceva al potere, alla ricchezza e al prestigio della bandiera di San Giorgio.
E poi erano chic. Sono quel qualcosa che lascia un segno, persino nel gusto di chi su di loro ha poggiato lo sguardo in maniera distratta. Perché se guardi quelle superfici luminose, ne rimani ammaliato. Ancora oggi è come se l’affresco di un’epoca a scivolasse tra i tessuti, raggiungesse gli arredi minimi e i soffitti decorati, per poi fissarsi sui piatti (e che piatti!). Proprio come accade con un marchio che certifica ciò che è davvero esclusivo, adatto solo a pochi: più in alto di tanta bellezza, solo le stelle (se blu).
Vive e lavora a Genova, insieme ai suoi libri, dove svolge la propria attività di giornalista professionista e studiosa di storia della critica d’arte e Futurismo. Convive con la SM da 18 anni. Ama la scrittura e le parole, il figlio, la vita, la sua famiglia.
Al suo attivo molte pubblicazioni e monografie di storia dell’arte. Svolge la professione giornalistica con passione da oltre trent’anni, si muove tra la carta stampata, i nuovi media, la TV. Ama parlare delle persone, con la gente e sempre a vantaggio della cultura sociale che fa crescere e aprire occhi e cuore. “Le persone sono sempre scopo primo e ultimo della mia scelta professionale, come servizio agli altri. Senza riserve”.