fbpx

Pink Society

lo sguardo rosa sulla società

Intervista a Barbara Ronchi ed Edoardo Leo per ERA ORA di Alessandro Aronadio

Photo: ©fabiolovino | Courtesy of Netflix

Era stato presentato alla Festa del Cinema di Roma nella sezione Grand Public ed ora, il quarto film diretto da Alessandro Aronadio, Era Ora, con Barbara Ronchi ed Edoardo Leo, è disponibile dal 16 marzo, solo su Netflix.

Tratta dal film “Long Story Short” di Josh Lawson, Era Ora pone una coppia innamoratissima, Alice e Dante dentro un paradosso temporale. A causa forse della sua frenesia, il suo voler riempire ogni minuto senza fermarsi e non godersi nessun momento di vita, all’indomani della festa del suo 40esimo compleanno, a cui è ovviamente arrivato in ritardo, Dante si sveglia e si ritrova un anno in avanti. Alice è incinta e lui non ricorda nulla. Come se niente fosse, ad un nuovo risveglio, siamo già al 42esimo compleanno e una bimba nella sua vita c’è già e mentre lui non c’era veramente. Anno che passa in un giorno dopo l’altro, inizia il viaggio di Dante per capire la lezione del tempo di qualità e cercare di recuperare tutto ciò che sta perdendo, per “mancanza di tempo”, moglie, figlia e felicità compresa.

Ispirati dalle profonde riflessioni che Era Ora suscita dopo e durante la visione, ci siamo interrogati con i protagonisti Barbara Ronchi ed Edoardo Leo sul concetto di tempo e l’annosa diatriba tra qualità e quantità. Come ci si può riuscire a realizzare nella vita ed al tempo stesso goderci ciò che abbiamo di bello tra affetti, amici, famiglia? La parola a Ronchi e Leo ed al film pronto ad essere visto in tutti i 190 paesi Netflix.

Photo: ©fabiolovino | Courtesy of Netflix

Questo è un film che credo investa in prima persona molti spettatori. È una commedia ma c’è anche molta drammaticità e momenti, specialmente quelli “genitoriali” in cui ti prende un nodo in gola. Avete anche voi vissuto questo film un po’ come un momento riflessivo sulla qualità e la quantità del tempo?

Barbara Ronchi: Ho pensato per tanto tempo, forse anche prima di avere un figlio, che la qualità del tempo che passavo con mio figlio fosse la cosa più importante. In realtà poi, quando poi il figlio ce l’ho avuto, ho cominciato a pensare che invece quella fosse un po’ una toppa che uno metteva sulle proprie responsabilità, che in realtà è proprio la quantità che è importante, esserci è importante. Io con mio figlio che è ancora piccolo un discorso serio su questa cosa non lo posso ancora fare però sto cercando di abituarlo al fatto che io possa essere sostituibile, lo sto abituando alla realtà di quella che sarà la nostra vita. Non voglio raccontargli bugie sul fatto che che ci sarò sempre, che non mancherò ad una recita o una gara di nuoto. Probabilmente gli mancherò però cercherò anche di fargli capire che gli manco perché ho una passione per cui brucio e per cui lui e il mio lavoro sono veramente l’uno la nemesi dell’altro. Cercherò di farli convivere insieme, gli farò conoscere il più possibile le persone con cui lavorerò, gli amici che diventano datori di lavoro o colleghi, cercherò di metterlo dentro a quella che è la mia passione però non posso promettergli qualcosa che poi non posso mantenere.

Photo: ©fabiolovino | Courtesy of Netflix

Edoardo Leo: C’è qualcosa di strano nel senso che io mi ricordo che quando avevo 25 anni, stavo sempre indietro di 2 o 3 libri e dicevo ora li recupero questi, mi metto sotto. Poi sono passati 10 anni e i libri sono diventati 6 e adesso è tempo di cominciare a scegliere. Però è vero che cambia pure la vita. La vita che facevo a 25 anni in cui non dovevo rendere conto a nessuno di quello che facevo è diversa da quella di quando hai responsabilità genitoriali e anche artistiche. Ho una società, faccio il regista, tante cose e il tempo inevitabilmente è una coperta corta. Alla fine l’unico bilancio che puoi fare è chiederti se in questo momento sei contento di quello che fai, se sei felice, avendo la consapevolezza che comunque qualcosa dietro la lascio e che qualcuno scontento di qualche mia assenza di troppo c’è, inevitabilmente.

Nel film ogni tanto si fa riferimento a quegli anni che non vediamo di Dante e a come lui abbia apparentemente, più facilmente digerito certe cose. È un po’ la dimostrazione che a volte, troppo spesso forse, ci lasciamo sopraffare dagli eventi, da certe decisioni e non cambiamo le cose quando possiamo ancora farlo?

Edoardo Leo: Sì, a volte le procrastiniamo semplicemente ma poi il problema è che se non cambi le cose, quelle cambiano da sole. Se non lo fai, la vita ti sorpassa inevitabilmente da qualche parte. Prendere continuamente delle decisioni è molto complesso e il punto è che, nel film, questo passaggio da un anno all’altro, lascia intendere che tutto quello che è accaduto e che Dante non ricorda, non lo ricorda perché in quel momento era preso da altro. C’è quel piccolo suggerimento del film a cercare di focalizzarti su quello che sta accadendo e capire davvero che succede. Puoi perdere amicizie, delle persone, degli affetti se non dedichi loro attenzione e cura.

Photo: ©fabiolovino | Courtesy of Netflix

C’è sempre tanto amore nel personaggio di Alice. Il vero amore è anche la capacità di accogliere, nonostante tutto, anno dopo anno, il dubbio, il ritorno? Come fa lei che a Dante non sbatte mai veramente la porta in faccia, lo ascolta sempre.

Barbara Ronchi: Lei lo ascolta sempre perché gli vuole bene però poi ad un certo punto non lo aspetta più perché capisce che anche aspettare non è la condizione ideale per un’esistenza perché probabilmente quell’aspettare è stato anche mettersi da parte, non capire profondamente che cosa la potesse far diventare un’artista. Quando tu hai un amore così grande e pensi che è sempre l’altro che deve andare avanti, da un certo punto di vista tu hai una copertura. Il momento invece di metterti tu avanti è il momento che procrastini perché ne hai paura. Quando prendi consapevolezza che non hai più la responsabilità di portare avanti una relazione, di incaponirti perché le cose vadano in una certa maniera, sei più libera e quindi il percorso di Alice è anche il percorso di una donna che prende consapevolezza delle sue forze e delle sue capacità di diventare un’artista.