Libro della settimana: La seduta spiritica di Antonio Iovane
Il 9 maggio del 1978, nel bagagliaio di una R4 parcheggiata in via Caetani a Roma, venne trovato il cadavere dell’onorevole Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, rapito dalle Brigate Rosse 55 giorni prima, la mattina del 16 marzo. Il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro rimangono tra i grandi misteri della storia italiana.
La letteratura e la cinematografia ne hanno dato chiavi di lettura diverse, più o meno interessanti. Il libro che vi propongo oggi è “La seduta spiritica”, di Antonio Iovane, storica firma di Radio Capital. Scrive Angelo Ferracuti nella sua presentazione sul Manifesto: “(…) In questo nuovo libro, lo scrittore romano è alle prese con il puzzle del rapimento Moro e i suoi movimenti segreti, più che le «trame» sotterranee, tutta una serie di fatti, dichiarazioni, con al centro la seduta spiritica del 2 aprile 1978 avvenuta a Zappolino, una frazione di Valsamoggia a trenta chilometri da Bologna, cominciata per gioco da Romano Prodi a casa di Alberto Clò, con Mario Baldassarri e le relative consorti, evocano gli spiriti di Don Luigi Sturzo e Luigi La Pira, contro ogni precetto cattolico, quella dove un piattino di porcellana da caffè si mosse tra le lettere dell’alfabeto rivelando una parola che diventò una pista investigativa, Gradoli, «stranamente» subito abbandonata”. In via Gradoli, si è scoperto poi, ci abitava Mario Borghi, alias Mario Moretti. Una delle tante anomalie di un paese dalle mille contraddizioni, ma soprattutto di verità negate e enigmi irrisolti, di stragi feroci e poteri occulti, massonici, fascisti, trasversali.
Ma non è solo questa la storia del libro. Ce ne sono molte altre in questa trama di trame . scrive sempre Ferracuti – dove con l’abilità del bricoleur Iovane riconnette frammenti dispersi, riporta in superficie e ricompone nello stesso palinsesto la memoria di commissioni d’inchiesta, cronache giornalistiche, servizi televisivi, libri, epistolari «in pubblico» o privati, suggestioni letterarie, persino una parte della propria autobiografia, creando uno strano ibrido che mescola appunto verità testimoniali, reportage e invenzione dal vero, cioè una fiction, una immaginazione sociologica, che però nasce dalla realtà, dal contesto di riferimento, da un clima storico”.
Gino Tomasini, bresciano, Giornalista Professionista
Studi di filosofia, Master in “Relazioni Pubbliche d’impresa” all’Università IULM di Milano. Dal 1990 vivo di parole, prima in radio, poi in alcuni quotidiani locali, tv e agenzie di pubbliche relazioni. Dal 2006 communications manager in una multinazionale farmaceutica.
Appassionato di libri.